19/08/2020 – Urbanistica. Difformità totale e difformità parziale

Urbanistica. Difformità totale e difformità parziale
Pubblicato: 19 Agosto 2020
TAR Lombardia (MI) Sez. II n.1295 del 8 luglio 2020

Ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera. Ai fini sanzionatori, per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, va senz’altro disposta la demolizione delle opere abusive; per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, la legge prevede la demolizione, a meno che, non potendo essa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, debba essere applicata una sanzione pecuniaria

Pubblicato il 08/07/2020

N. 01295/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00843/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 843 del 2019, proposto da

– Antonietta Cesarone, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Massimiliano Palmieri e Maria Simonetta Intonato e domiciliata ai sensi dell’art. 25 cod. proc. amm.;

contro

– il Comune di Seveso, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Angelo Ravizzoli e Rossana Colombo ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi in Milano, Piazza Grandi n. 4;

per l’annullamento

– del provvedimento prot. n. 1734 del 18 gennaio 2019 con cui il Comune di Seveso ha rigettato la domanda di permesso di costruire in sanatoria, presentata dalla ricorrente in data 29 marzo 2018, per l’immobile sito in Via San Carlo n. 21, catastalmente distinto al foglio 2, mappali 187-250;

– dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Seveso n. 16 del 12 febbraio 2019, con la quale è stata ingiunta la demolizione di tutte le opere abusive presso l’immobile di Via San Carlo n. 21, poiché eseguite in assenza di titolo abilitativo, in ampliamento del medesimo e consistenti nella realizzazione di verande chiuse in luogo del ballatoio e balconi esistenti, nonché nella formazione di un nuovo manufatto ad uso servizio igienico sul terrazzo aperto preesistente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista l’ordinanza n. 921/2019 con cui sono stati disposti incombenti istruttori a carico del Comune di Seveso, è stata sospesa l’efficacia dei provvedimenti impugnati ed è stata fissata la camera di consiglio per la prosecuzione della trattazione dell’istanza cautelare;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Seveso;

Vista l’ordinanza n. 1428/2019 con cui è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati e fissata l’udienza pubblica per la trattazione del merito della controversia;

Visti tutti gli atti della causa;

Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;

Tenutasi l’udienza in data 23 giugno 2020, senza discussione orale e mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito in legge n. 27 del 2020, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato in data 23 marzo 2019 e depositato il 16 aprile successivo la ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento prot. n. 1734 del 18 gennaio 2019 con cui il Comune di Seveso ha rigettato la domanda di permesso di costruire in sanatoria, presentata da essa ricorrente in data 29 marzo 2018, per l’immobile sito in Via San Carlo n. 21, catastalmente distinto al foglio 2, mappali 187-250 e dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Seveso n. 16 del 12 febbraio 2019, con la quale è stata ingiunta la demolizione di tutte le opere abusive presso l’immobile di Via San Carlo n. 21, poiché eseguite in assenza di titolo abilitativo, in ampliamento del medesimo e consistenti nella realizzazione di verande chiuse in luogo del ballatoio e balconi esistenti, nonché nella formazione di un nuovo manufatto ad uso servizio igienico sul terrazzo aperto preesistente.

La ricorrente, proprietaria per via ereditaria dell’immobile situato a Seveso in Via San Carlo n. 21, dopo l’avvio di un procedimento finalizzato a sanzionare la realizzazione delle richiamate opere abusive, ha presentato, nel mese di marzo 2018, una domanda di sanatoria. Con il preavviso di rigetto datato 9 novembre 2018, il Comune ha prospettato il diniego dal rilascio della concessione in sanatoria (i) per contrasto degli interventi effettuati con l’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, non risultando prodotte le verifiche di conformità alla data di esecuzione delle opere e alla data di presentazione della domanda di sanatoria, (ii) per contrasto con l’art. 24.1 delle N.d.A. del vigente P.G.T. in relazione al mancato rispetto della disciplina urbanistica, con particolare riferimento alle disposizioni prescritte in “tipo di intervento” e alla impossibilità di realizzare opere di ampliamento, (iii) per errata classificazione dell’intervento, non riconducibile alla “ristrutturazione edilizia”, come indicato nella relazione, bensì alla nuova costruzione, trattandosi di ampliamento dell’edificio all’esterno della sagoma esistente, attraverso la realizzazione di verande chiuse con vetrate in luogo del ballatoio e del balcone esistenti, nonché di un nuovo manufatto edilizio, sul terrazzo preesistente, ad uso servizio igienico. In data 23 novembre 2018, la ricorrente ha comunicato la propria rinuncia alla quasi totalità degli interventi indicati nella richiesta di sanatoria del marzo 2018, impegnandosi di conseguenza a demolire il bagno realizzato sul terrazzo ed a rimuovere le pareti verticali della veranda posta lungo il ballatoio, riservandosi di mantenere soltanto la pensilina in vista della prevenzione dei danni dovuti agli agenti atmosferici e al fine di limitare le dispersioni energetiche; l’esecuzione della (parziale) rimessione in pristino sarebbe avvenuta entro i 180 giorni successivi. Con il provvedimento comunale del 18 gennaio 2019 è stato negato definitivamente il permesso di costruire in sanatoria, cui ha fatto seguito, in data 12 febbraio 2019, l’ordine di demolizione di tutte le opere abusive, consistenti nella realizzazione di verande chiuse, in luogo del ballatoio e balconi esistenti, nonché nella formazione di un nuovo manufatto ad uso servizio igienico sul terrazzo aperto preesistente.

Assumendo l’illegittimità dei predetti provvedimenti, la ricorrente ne ha chiesto l’annullamento; avverso il diniego di sanatoria sono stati dedotti, in primo luogo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., la violazione dell’art. 3, comma 1, lett. e, del D.P.R. n. 380 del 2001, l’eccesso di potere per travisamento, per difetto di istruttoria, per genericità e per violazione del principio di proporzionalità, l’illogicità, il difetto di motivazione e l’irrazionalità manifesta.

Successivamente sono stati dedotti la violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost., l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e la violazione e falsa applicazione dell’art. 81 della legge regionale n. 12 del 2005.

Infine, sono stati eccepiti la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 delle N.d.A. al P.G.T., in relazione all’art. 42 Cost. ed all’art. 817 cod. civ., e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento.

Avverso l’ordinanza di demolizione sono stati dedotti, oltre che censure in via derivata rispetto a quelle dedotte avverso il diniego di sanatoria, anche la violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Con l’ordinanza n. 921/2019 sono stati disposti incombenti istruttori a carico del Comune di Seveso, è stata sospesa l’efficacia dei provvedimenti impugnati ed è stata fissata la camera di consiglio per la prosecuzione della trattazione dell’istanza cautelare.

Si è costituito in giudizio il Comune di Seveso, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con l’ordinanza n. 1428/2019 è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati ed è stata fissata l’udienza pubblica per la trattazione del merito della controversia.

In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, i difensori del Comune di Seveso hanno depositato una memoria a sostegno delle propria posizione, unitamente al verbale di sopralluogo svolto in data 24 settembre 2019.

All’udienza del 23 giugno 2020, svoltasi senza discussione orale e mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito in legge n. 27 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Con il primo motivo si assume l’illegittimità del diniego di sanatoria poiché gli Uffici comunali non avrebbero tenuto conto che in data 23 novembre 2018 la ricorrente avrebbe rinunciato alla regolarizzazione del locale bagno e del volume ottenuto dalla chiusura del vano scala, a mezzo della rimozione dei relativi pannelli verticali, tenendola ferma soltanto con riguardo alle due pensiline poste lungo la facciata interna dell’edificio che, per la loro consistenza, andrebbero qualificate come pertinenze e quindi inidonee a dar vita ad una nuova costruzione.

2.1. La doglianza è infondata.

A prescindere dall’avvenuta demolizione di una parte delle opere realizzate – ovvero la rimozione dei sanitari e delle pareti perimetrali costituenti un servizio igienico realizzato su terrazzo preesistente (all. 3 del Comune) o di alcune vetrate della veranda del secondo piano, sostituite con materiale plastificato (verbale di sopralluogo del 24 settembre 2019, allegato dalla difesa del Comune) – va evidenziato che anche la sola parte non rimossa, ossia la pensilina posta a tutela superiore del ballatoio della scale che conducono all’appartamento della ricorrente, non può essere oggetto di sanatoria, in quanto non è classificabile alla stregua di una pertinenza, avendo la stessa modificato in modo percepibile la sagoma dell’edificio oltre che il suo volume complessivo (cfr. documentazione fotografica allegata ai verbali di sopralluogo).

Le difformità riguardanti l’immobile della ricorrente, affatto irrilevanti, oltre a non essere mai state assentite con regolare titolo edilizio, hanno dato vita ad un organismo non rispettoso nemmeno delle prescrizioni edilizie vigenti a livello locale (art. 24.1 delle N.d.A. del P.G.T., che impedisce di realizzare opere in ampliamento nella Città esposta: all. 12 al ricorso), tanto da rendere inapplicabile una sanatoria (cfr. Consiglio di Stato, VI, 27 febbraio 2018, n. 1200). Quanto alla possibile pertinenzialità del manufatto va sottolineato come, in ambito edilizio, manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dall’edificio precedente/principale, ovvero quando sia realizzata una qualsiasi opera che ne alteri la sagoma (Consiglio di Stato, II, 4 luglio 2019, n. 4586; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 20 agosto 2019, n. 1907; 17 ottobre 2017, n. 1987).

Da quanto riportato in precedenza, si presenta come dovuta l’adozione della misura ripristinatoria, poiché, ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, “mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera. Ai fini sanzionatori, per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, va senz’altro disposta la demolizione delle opere abusive; per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, la legge prevede la demolizione, a meno che, non potendo essa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, debba essere applicata una sanzione pecuniaria” (Consiglio di Stato, VI, 30 marzo 2017, n. 1484; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 8 luglio 2019, n. 1572; 11 giugno 2019, n. 1320).

Il contrasto degli interventi abusivi con l’art. 24.1 delle N.d.A. rende assente anche il requisito della doppia conformità richiesto dall’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001.

2.2. Ciò determina il rigetto del primo motivo di ricorso.

3. Con la seconda doglianza si assume l’illegittimità del diniego di sanatoria per mancata previa acquisizione del parere della Commissione per il paesaggio.

3.1. La censura è infondata.

L’acquisizione del parere della Commissione per il paesaggio appare irrilevante rispetto alla fattispecie oggetto di giudizio, atteso che le violazioni della normativa edilizia commesse dalla parte richiedente avrebbero comunque impedito il rilascio della sanatoria, anche laddove il parere fosse stato favorevole.

3.2. Ne discende il rigetto anche della suesposta censura.

4. Con la terza doglianza si assume l’errata interpretazione dell’art. 24 delle N.d.A., poiché per i fronti interni dei fabbricati sarebbero ammesse le logge e comunque si tratterebbe di opere pertinenziali.

4.1. La doglianza è infondata.

Richiamato il precedente punto 2.1 sulla natura non pertinenziale dell’intervento, va evidenziato come da una lettura complessiva e coerente – non invece atomistica e parcellizzata – dell’art. 24.1 delle N.d.A. (all. 12 al ricorso) emerga il divieto di modificare i caratteri essenziali dell’immobile (non è ammessa la modifica della sagoma), diversamente da quanto è accaduto con riguardo al manufatto della ricorrente, in relazione al quale sono state realizzate delle pensiline che hanno consentito di creare nuovi ambienti, comportando un aumento volumetrico e una modifica della sagoma dell’immobile.

4.2. Da ciò scaturisce il rigetto anche della predetta doglianza.

5. L’infondatezza delle scrutinate censure rileva anche con riguardo ai motivi di doglianza riferiti in via derivata all’ordinanza di demolizione (rubricati ai n. 1B, 2B e 3B).

6. Con l’ultima doglianza (rubricata al n. 4B), proposta in via diretta contro l’ordine di demolizione, si assume l’illegittimità del predetto ordine, potendo al più essere irrogata una sanzione pecuniaria, stante l’applicabilità dell’art. 37 del D.P.R. n. 380 del 2001 per le opere realizzate in assenza o in difformità della s.c.i.a.

6.1. La doglianza è infondata.

Come già evidenziato in precedenza – punto 2.1 – si tratta di interventi di nuova costruzione, che avrebbero richiesto il permesso di costruire, e pertanto la sanzione da irrogare è quella prevista dall’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, come correttamente stabilito dal Comune di Seveso con l’ordinanza impugnata.

6.2. Anche la scrutinata censura deve perciò essere respinta.

7. In conclusione, all’infondatezza delle esaminate doglianze segue il rigetto del ricorso indicato in epigrafe.

8. Il complessivo andamento della controversia giustifica la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 23 giugno 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito in legge n. 27 del 2020, e dal decreto n. 6 del 19 marzo 2020 del Presidente del T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, con l’intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Antonio De Vita, Consigliere, Estensore

Lorenzo Cordi’, Referendario

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