18/06/2019 – Urbanistica. Legittimazione a dolersi dell’annullamento del permesso di costruire

Urbanistica. Legittimazione a dolersi dell’annullamento del permesso di costruire

Pubblicato: 18 Giugno 2019
TAR Sicilia (PA) Sez.II n. 1342 del 16 maggio 2019

In assenza di voltura, l’unico legittimato a dolersi dell’annullamento del permesso di costruire è solo l’originario titolare del titolo abilitativo; né vale a superare tale conclusione la circostanza secondo cui il relativo provvedimento (di annullamento del permesso di costruire) sarebbe stato notificato anche alla ricorrente in quanto titolare di un interesse procedimentale a partecipare al relativo procedimento.

Pubblicato il 16/05/2019

N. 01342/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00780/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 780 del 2013, proposto dalla Iniziativa La Cala S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Emilia Vinti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Santi Migliorino in Palermo, via Riccardo Wagner n. 8;

contro

Comune di Lampedusa e Linosa in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Daniela Ciancimino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marco Sirna in Palermo, via A. Veneziano n. 69;

per l’annullamento

– dell’ordinanza dirigenziale n. 3 dell’11 gennaio del 2013 avente ad oggetto annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 8 dell’8 marzo 2012 rilasciato alla ditta di Zanni Marilucia e notificato (in data 17.1.2013) anche alla ditta ricorrente Iniziativa La Cala acquirente del lotto oggetto del permesso di costruire relativo al progetto di un complesso residenziale da sorgere in zona Cala Croce a Lampedusa su un terreno censito al catasto foglio di mappa n 15 part 599-601;

nonché per la condanna:

al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente a causa del provvedimento di annullamento del permesso di costruire da quantificarsi in via equitativa o previa nomina CTU;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Lampedusa e Linosa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2019 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso, notificato il 20 marzo 2013 e depositato il successivo 18 aprile, la società ricorrente espone che:

– in data 22 maggio 2012, acquistava dalla Spazio s.r.l. un appezzamento di terreno sito in c/da Cala Croce a Lampedusa (distinto catastalmente al foglio di mappa n 15 particella 599-601), comprensivo del permesso di costruire n. 8 rilasciato in data 8.03.2012, volto alla realizzazione di un complesso residenziale;

– in data 25.09.2012, inoltrava richiesta per avviare la procedura di voltura del suddetto permesso;

– in data 7.11.2012, considerata la lentezza degli apparati burocratici preposti all’esecuzione di tale voltura, comunicava al Comune di Lampedusa l’inizio dei lavori;

– in data 8.11.2012, il Comune chiedeva ulteriore documentazione tecnica, che veniva trasmessa dal direttore dei lavori (Geom. Sergio Messina) in data 9.11.2012;

– nelle more, provvedeva anche a stipulare regolare contratto di appalto con la Ditta Bono Costruzioni s.r.l. con sede a Lampedusa per la costruzione dell’edificio come da progetto e per la consegna entro il 31.08.2013;

– in data 19.11.2012, veniva notificata l’ordinanza di sospensione dei lavori relativi al permesso di costruire n. 8 del 8.3.2012, al direttore del lavori e alla ditta esecutrice dei lavori (presumibilmente alla ditta ancora intestataria del permesso di costruire) ma non alla ricorrente.

Con ordinanza dirigenziale n. 3 datata 11 gennaio 2013, il Comune di Lampedusa disponeva l’annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 8 del 08.03.2012 rilasciato alla ditta Zanni Marilucia in quanto “da una approfondita analisi e verifica degli elaborati progettuali e della relazione tecnica e dal riscontro con il Vigente P.di F. con annesso regolamenta edilizio vigente sono emerse le seguenti difformità:

1. Nel computo della superficie edificabile del lotto oggetto dell’intervento edilizio, ricadente in zona “C3” del vigente programma di fabbricazione, è stata computata la superficie della strada esistente in atto frazionata con la patina 601, e quindi autonoma dalla particella 599, di conseguenza da scorporare ai fini del calcolo della volumetria ammissibile. Tale incongruenza ha portato ad un aumento in termini di volumetria e superficie da realizzare rispetto alla volumetria ammissibile in termini tecnici rapporto dì copertura;

2. Non è rispettata la distanza del confine del lato stradella, in quanto la distanza di ml. 6,00 dal confine non è stata rispettata.

3. Non è rispettata la distanza tra i fabbricati, in quanto il regolamento edilizio prevede per la zona “C3” una distanza minima tra i fabbricati di ml. 12,00;

4. La tipologia edilizia per le zone “C3 ” del programma di fabbricazione approvato, prevede “casa Isolata ” mentre in progetto sono previste n. 10 unità abitative con tipologia a schiera (…)”.

5. Visto il parere dell’ASP di Palermo con prot. n. 2434/3 del 06.12.2011 (…), che in merito esprimeva parere favorevole a condizione che i fabbricati identificati con la lettera A-B-C-D.E-F, siano allacciati alla fognatura dinamica comunale, considerato che in atto la rete fognante di via Madonna risulta non funzionante e non collaudata, e che per tanto i reflui fognari non possono essere convogliati nella citata fognatura comunale;

6. Che con nota 12210 dei 25.09 2012 la ditta richiedeva la voltura del permesso a costruire n. 08 del 08.03.2012, che il comune ad oggi non ha emesso il provvedimento di voltura e che la comunicazione dei lavori ed il deposito dei calcoli al Genio Civile di Agrigento risultano sottoscritti a nome della Ditta La Cala s.r.l. (…)”.

2. – Del suddetto provvedimento la società ricorrente ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

1) “Violazione e falsa applicazione di legge in riferimento all’art 21 nonies della legge 241/90 e all’art 3 della legge 241/90 (L.R Sicilia 10/91) per insufficiente, contraddittoria, inadeguata motivazione”.

Secondo la parte ricorrente il provvedimento impugnato si fonderebbe su una serie di valutazioni (tecniche e giuridiche) non idonee a giustificare tale decisione, e comunque non adeguatamente motivate in relazione all’affidamento della ricorrente derivante dal comportamento dell’Amministrazione; il Comune intimato avrebbe ritenuto di annullare il permesso di costruire n. 8/2012, contrariamente ad ogni regola di buon andamento, di correttezza, di lealtà della P.A e in violazione dell’art 21 nonies legge 241/90, senza alcuna motivazione che tenesse conto della posizione della società ricorrente.

2) “Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 7 -8-9-10 della legge 241/90 e all’art. 8 -9-10-11-della L.R. 10/91”.

La società ricorrente deduce che la comunicazione di avvio del procedimento, oltre a non indicare la data entro la quale deve concludersi il procedimento, i rimedi esperibili in caso di inerzia della P.A., nonché l’ufficio in cui prendere visione dei documenti, sarebbe identica nelle motivazioni e nei presupposti all’atto di annullamento con il quale il Comune avrebbe dimostrato di non aver valutato le osservazioni della società.

3) “Violazione di legge in riferimento all’art 11 c.2 della legge 380/2001”.

Ad avviso della società ricorrente, il provvedimento impugnato presenterebbe nella sostanza i caratteri di una vera e propria revoca del permesso di costruire ed avrebbe pertanto illegittimamente esercitato quello che è un vero e proprio ius poenitendi in ordine alle valutazioni inizialmente compiute in sede di rilascio del permesso di costruire.

4) “Eccesso di potere per travisamento dei fatti, contraddittorietà, manifesta illogicità, errore manifesto, con riferimento a tutti i punti indicati in motivazione”.

Secondo la parte ricorrente non sussisterebbero le difformità riportate anche nell’ordinanza di sospensione dei lavori e nella comunicazione di avvio del procedimento): sarebbe evidente il colpevole travisamento dei fatti in cui sarebbe incorso l’UTC con riferimento a tutti e sei i punti posti a base del provvedimento impugnato.

La società ricorrente ha proposto altresì domanda risarcitoria e, in via istruttoria, la nomina di un CTU al fine di quantificare il danno derivante dall’illegittimità del provvedimento impugnato.

3. – Per resistere al ricorso si è costituito il Comune di Lampedusa il quale ha eccepito: 1) l’inammissibilità del ricorso, ex art. 41 c.p.a., per non essere stato notificato ad almeno uno dei controinteressati, nella fattispecie Zanni Marilucia, titolare del premesso di costruire oggetto di annullamento d’ufficio; 2) il difetto di legittimazione attiva della società ricorrente, non essendo stato volturato in suo favore il suddetto permesso di costruire; 3) l’infondatezza delle suesposte censure.

4. – In vista dell’udienza di merito, entrambe le parti hanno depositato memorie.

5. – Alla pubblica udienza di discussione, presenti le parti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.

6.1 – Il Collegio esamina, in via preliminare, l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per non essere stato notificato ai sensi dell’art. 41 c.p.a. alla Sig.ra Zanni Marilucia, sollevata dalla difesa del Comune di Lampedusa per rilevarne l’infondatezza.

Per giurisprudenza costante la qualità di controinteressato in senso tecnico deve essere riconosciuta a coloro che, oltre ad essere nominativamente indicati nel provvedimento o comunque agevolmente individuabili in base ad esso (c.d. elemento formale), sono titolari di un interesse giuridicamente qualificato alla conservazione dell’atto o, comunque, alla conservazione dello status quo ante, in quanto questo attribuisce loro una situazione giuridica di vantaggio, di natura uguale e contraria a quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale) (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 21/01/2019, n. 495).

Detta qualifica non può essere ravvisata nella Sig,ra Zanni Marilucia che era titolare del permesso di costruire perché non era ancora stato completato il processo di voltura dello stesso. Ed infatti l’annullamento del permesso di costruire è stato notificato oltre che alla ditta ricorrente in primo luogo alla ditta di Zanni Marilucia che aveva analogo interesse ad impugnarlo autonomamente.

Deve ritenersi, pertanto, che la stessa rivesta, al più, la qualifica di cointeressato e che il ricorso deve considerarsi, sotto tale, profilo, ammissibile.

6.2.1. – Occorre a questo punto verificare se, in assenza di voltura del permesso di costruire, la società ricorrente sia legittimata a censurare il provvedimento di secondo grado con cui l’Amministrazione comunale ha annullato tale permesso profilo, questo, specificamente richiamato dalla predetta Amministrazione sia nel procedimento per cui è causa (v. punto 6 del provvedimento impugnato) sia nel controricorso allorché ha eccepito il difetto di legittimazione attiva della ricorrente stessa.

Sul punto la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare che “legittimato alle azioni giudiziali relative al rapporto concessorio, in particolare all’azione risarcitoria per i danni causati dalla revoca illegittima di concessione edilizia è esclusivamente il titolare originario della concessione e, in difetto del formale atto di volturazione della medesima, la legittimazione non può trasmettersi ad alcun terzo, neppure se titolare del terreno o avente causa dal concessionario, sicché i rapporti tra questi ultimi restano confinati, rispetto a quello con la P.A., in un ambito privato” (Cass., sez. III, 30/11/2015, n. 24336, con richiami a Cass., SS.UU., 22/10/2003, n. 15812 e Sez. I, 4/11/2011, n. 22905; cfr., altresì, Cass. SS.UU., 22/1/2015, n. 1162; T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 12-09-2016, n. 4238; T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 20/03/2013, n. 1552).

Deve, dunque, ritenersi che, in difetto del formale atto di voltura “la vicenda successoria resti confinata, rispetto alla P.A., in un ambito privato tra il titolare originario della concessione edilizia ed il suo avente causa e che, conseguentemente, quest’ultimo non sia legittimato alle azioni giudiziali relative al rapporto concessorio, restando legittimato esclusivamente il titolare originario della concessione edilizia. Tale è anche l’orientamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui “il semplice trasferimento del diritto di proprietà di un terreno non determina ex se alcun effetto traslativo della concessione di costruzione assentita a suo tempo al dante causa; pertanto, in mancanza, di un formale atto di voltura del titolo, è inammissibile per difetto di legittimazione il ricorso dell’avente causa avverso un atto di annullamento del titolo stesso” (Sez. V, n. 434/1986) ed, ancora, “l’unico controinteressato all’impugnazione di una concessione edilizia non ancora volturata al terzo che si sia reso acquirente della proprietà del suolo è il concessionario, sebbene non più proprietario del fondo edificatorio, ed ancorché sia stata richiesta, ma non ancora concessa, la volturazione del provvedimento in favore dell’avente causa nel diritto reale” (Sez. IV, n. 313/2001)” (Cass. civ. Sez. Unite, 22-10-2003, n. 15812).

Deve dunque ritenersi che, sulla base del sopra riportato orientamento giurisprudenziale, in assenza di voltura, l’unico legittimato a dolersi dell’annullamento del permesso di costruire sia solo l’originario titolare del titolo abilitativo; né vale a superare tale conclusione la circostanza, valorizzata dalla difesa di parte ricorrente, secondo cui il relativo provvedimento (di annullamento del permesso di costruire) sarebbe stato notificato anche alla ricorrente in quanto titolare di un interesse procedimentale a partecipare al relativo procedimento.

6.2.2. – Anche a ritenere sussistente la legittimazione attiva in capo alla società ricorrente, il Collegio ritiene che le censure proposte risultano comunque destituite di fondamento.

È infondata la censura con cui si deduce che la comunicazione di avvio del procedimento, oltre a non indicare la data entro la quale deve concludersi il procedimento, i rimedi esperibili in caso di inerzia della P.A., nonché l’ufficio in cui prendere visione dei documenti, sarebbe identica nelle motivazioni e nei presupposti all’atto di annullamento con il quale il Comune avrebbe dimostrato di non aver valutato le osservazioni della società (secondo motivo).

Il Collegio osserva che gli elementi della comunicazione di avvio del procedimento sono predeterminati dalla legge, all’art. 8 della L. n. 241 del 1990 e tale precetto deve intendersi sufficientemente rispettato quando venga indicata la questione che sarà esaminata dalla P.A. con l’apporto collaborativo e difensivo del privato, senza la necessità di una dettagliata specificazione delle ragioni poste a fondamento del procedimento attivato. La mancanza di uno degli elementi richiamati dalla difesa di parte ricorrente non comporta necessariamente l’illegittimità del provvedimento conclusivo; secondo un orientamento ormai consolidato, infatti, le disposizioni sulla partecipazione, ivi comprese quelle di cui al citato art. 8, “non devono essere applicate in maniera formalistica e letterale, essendo al contrario rilevante la sussistenza di atti inequivoci che dimostrino la conoscenza sostanziale, da parte di una persona di normale diligenza, dell’attivazione del procedimento che la riguarda” (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 21/04/2010, n. 5572; T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, 29/07/2008, n. 9520).

Nel caso di specie il successivo provvedimento di annullamento ha tenuto conto delle osservazioni presentate dalla società ricorrente, non ritenendo che potessero essere accolte atteso che “non emergono elementi sostanziali che modificano i punti contestati negli atti prodotti”.

Del pari infondata risulta la censura con la quale la società ricorrente ha sostenuto che il provvedimento impugnato presenterebbe nella sostanza i caratteri di una vera e propria “revoca” del permesso di costruire con il quale il Comune intimato sarebbe pervenuto ad un “ripensamento” dei giudizi espressi (in sede istruttoria ed in sede di rilascio del permesso finale) in mancanza di alcun elemento nuovo o non conosciuto sopravvenuto (terzo motivo).

È sufficiente in proposito la mera lettura delle “violazioni” richiamate nel provvedimento impugnato per rendersi conto delle ragioni che hanno determinato l’ente all’annullamento. Viene dunque in rilevo una valutazione di “illegittimità originaria” del provvedimento impugnato e non certo di “opportunità” dell’Amministrazione.

Le restanti censure – con cui si deduce il difetto di motivazione tenuto conto della posizione della società ricorrente (primo motivo) nonché il travisamento dei fatti con riferimento alle violazioni riscontrate e poste alla base del provvedimento impugnato (quarto motivo) – possono essere congiuntamente esaminate in quanto intimamente connesse.

Anche tali censure sono infondate.

Giova rilevare, con riferimento all’esercizio dei poteri di autotutela in materia edilizia, che la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha puntualizzato che i “presupposti dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi sono costituiti dall’originaria illegittimità del provvedimento, dall’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità violata), tenuto conto anche delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari; l’esercizio del potere di autotutela è dunque espressione di una rilevante discrezionalità che non esime, tuttavia, l’Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti e l’ambito di motivazione esigibile è integrato dall’allegazione del vizio che inficia il titolo edilizio, dovendosi tenere conto, per il resto, del particolare atteggiarsi dell’interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono, che possono indubbiamente essere prevalenti, se spiegati, rispetto a quelli contrapposti dei privati, nonché dall’eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l’Amministrazione” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 29/03/2018 n. 1991; cfr. anche Cons. Stato, Sez. IV, 07/09/2018, n. 5277).

Nel caso di specie l’annullamento in parola è intervenuto dopo dieci mesi, è stato preceduto dall’ordinanza di sospensione dei lavori intervenuta dopo otto mesi dal rilascio del permesso di costruire ed è stato motivato da motivi igienico sanitari dovuti al mancato allaccio alla fognatura comunale, che costituiva condizione necessaria da verificare prima dell’inizio dei lavori, contenuta nel parere igienico sanitario favorevole dell’A.S.P. interamente recepito nel permesso a costruire. Ed infatti il permesso a costruire era stato rilasciato alle condizioni espresse tra l’altro proprio dal parere igienico sanitario Favorevole dell’ASP di Palermo che riportava integralmente la condizione dell’allacciamento alla rete fognaria comunale indicata nel provvedimento di annullamento.

Ne consegue, pertanto, che il provvedimento impugnato risulta legittimamente emesso dall’UTC del Comune di Lampedusa e Linosa il quale, dopo aver indicato le difformità riscontrate e (ad un più approfondito esame degli atti tecnici e progettuali) aver constatato il mancato adempimento delle condizioni alle quali il permesso era stato rilasciato, ha correttamente ritenuto prevalente l’interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione del provvedimento rispetto agli interessi del privato e del suo affidamento.

6.3. – La riscontrata legittimità dell’attività posta in essere dalla resiste Amministrazione comunale preclude l’esame della domanda risarcitoria che, com’è noto, presuppone la lesione dell’interesse legittimo derivante dall’illegittimità dell’atto impugnato.

7. – In conclusione il ricorso deve essere rigettato, in quanto privo di giuridico fondamento.

8. – Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la Iniziativa La Cala S.r.l. al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti del Comune di Lampedusa e Linosa che liquida in € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Cosimo Di Paola, Presidente

Francesco Mulieri, Primo Referendario, Estensore

Raffaella Sara Russo, Referendario

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