17/06/2019 – Lo spoil system prevale anche sul lavoratore in disponibilità

Lo spoil system prevale anche sul lavoratore in disponibilità

Luigi Oliveri
Pur di rafforzare lo spoil system, invece di eliminarlo preso atto che è una delle principali cause di inefficienza e politicizzazione della PA, la legge “concretezza” infierisce nei confronti dei lavoratori più esposti al licenziamento.
Cosa abbia a che vedere con la “concretezza” e la “semplificazione” la novellazione apportata all’articolo 34, commi 4 e 6, del d.lgs 165/2001 resta piuttosto difficile da capire.
Non sfugge, invece, che siamo davanti, per l’ennesima volta, al potenziamento dello spoil system, nel solco degli ultimi 22 anni e, soprattutto di quella riforma Madia della dirigenza fortunatamente sventata dalla Consulta, che però a spizzichi e bocconi, tra una direttiva per il contratto della dirigenza di qua, e qualche leggina di là, si cerca in tutti i modi di realizzare.
Perché una dirigenza che manifesti con l’auto da fe’ la “personale adesione” alla politica, eufemisticamente definita come “fiduciaria”, è ben vista da qualsiasi formazione politica, simmetricamente al fastidio che ingenera l’articolo 98, comma 1, della costituzione.
Esaminiamo, dunque, le modifiche normative, a partire dal comma 4 dell’articolo 34, del d.lgs 165/2001:
 
Vecchio testo
Nuovo testo
4. Il personale in disponibilità iscritto negli appositi elenchi ha diritto all’indennità di cui all’articolo 33, comma 8, per la durata massima ivi prevista. La spesa relativa grava sul bilancio dell’amministrazione di appartenenza sino al trasferimento ad altra amministrazione, ovvero ai raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell’indennità di cui al medesimo comma 8. Il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto a tale data, fermo restando quanto previsto nell’articolo 33. Gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità sono corrisposti dall’amministrazione di appartenenza all’ente previdenziale di riferimento per tutto il periodo della disponibilità. Nei sei mesi anteriori alla data di scadenza del termine di cui all’articolo 33, comma 8, il personale in disponibilità può presentare, alle amministrazioni di cui ai commi 2 e 3, istanza di ricollocazione, in deroga all’articolo 2103 del codice civile, nell’ambito dei posti vacanti in organico, anche in una qualifica inferiore o in posizione economica inferiore della stessa o di inferiore area o categoria di un solo livello per ciascuna delle suddette fattispecie, al fine di ampliare le occasioni di ricollocazione. In tal caso la ricollocazione non può avvenire prima dei trenta giorni anteriori alla data di scadenza del termine di cui all’articolo 33, comma 8. Il personale ricollocato ai sensi del periodo precedente non ha diritto all’indennità di cui all’articolo 33, comma 8, e mantiene il diritto di essere successivamente ricollocato nella propria originaria qualifica e categoria di inquadramento, anche attraverso le procedure di mobilità volontaria di cui all’articolo 30. In sede di contrattazione collettiva con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative possono essere stabiliti criteri generali per l’applicazione delle disposizioni di cui al quinto e al sesto periodo.
4. Il personale in disponibilità iscritto negli appositi elenchi ha diritto all’indennità di cui all’articolo 33, comma 8, per la durata massima ivi prevista. La spesa relativa grava sul bilancio dell’amministrazione di appartenenza sino al trasferimento ad altra amministrazione, ovvero ai raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell’indennità di cui al medesimo comma 8. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto alla data del raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell’indennità di cui al comma 8 del medesimo articolo 33, ovvero, prima del raggiungimento di detto periodo massimo, qualora il dipendente in disponibilità rinunci o non accetti per due volte l’assegnazione disposta ai sensi dell’articolo 34-bis nell’ambito della provincia dallo stesso indicata . Gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità sono corrisposti dall’amministrazione di appartenenza all’ente previdenziale di riferimento per tutto il periodo della disponibilità. Nei sei mesi anteriori alla data di scadenza del termine di cui all’articolo 33, comma 8, il personale in disponibilità può presentare, alle amministrazioni di cui ai commi 2 e 3, istanza di ricollocazione, in deroga all’articolo 2103 del codice civile, nell’ambito dei posti vacanti in organico, anche in una qualifica inferiore o in posizione economica inferiore della stessa o di inferiore area o categoria di un solo livello per ciascuna delle suddette fattispecie, al fine di ampliare le occasioni di ricollocazione. In tal caso la ricollocazione non può avvenire prima dei trenta giorni anteriori alla data di scadenza del termine di cui all’articolo 33, comma 8. Il personale ricollocato ai sensi del periodo precedente non ha diritto all’indennità di cui all’articolo 33, comma 8, e mantiene il diritto di essere successivamente ricollocato nella propria originaria qualifica e categoria di inquadramento, anche attraverso le procedure di mobilità volontaria di cui all’articolo 30. In sede di contrattazione collettiva con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative possono essere stabiliti criteri generali per l’applicazione delle disposizioni di cui al quinto e al sesto periodo.
Come si nota, la legge “concretezza” ha introdotto elementi di “condizionalità” al permanere del lavoratore pubblico nella condizione di “disponibilità”, cioè quello stato di sospensione dal rapporto di lavoro che può durare fino a 24 mesi, cagionato da esigenze organizzative o finanziarie dell’ente di appartenenza.
Ai sensi dell’articolo 33, comma 8, del d.lgs 165/2001, “Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un’indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento dell’indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. E’ riconosciuto altresì il diritto all’assegno per il nucleo familiare di cui all’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153”.
La disponibilità, dunque, è la soglia del licenziamento. Il comma 4 dell’articolo 34 è stato oggetto di riforma nella scorsa legislatura, con l’introduzione – in analogia al Jobs Act – della possibilità del demansionamento, pur di poter ottenere la ricollocazione prima dello spirare del periodo di 24 mesi, oltrepassato il quale scatta il licenziamento.
Ora, la pratica di ogni giorno dovrebbe insegnare alcune cose. Tra esse, occorrerebbe essere consapevoli che l’assenza di qualsiasi forma di controllo sugli atti delle PA consente loro di avviare i concorsi anche in violazione dell’articolo 34-bis del d.lgs 165/2001, che come è noto impone la mobilità obbligatoria. In ogni caso, nessuno è in grado di verificare perché e sulla base di quali motivazioni l’eventuale avvio di lavoratori in disponibilità verso enti che bandiscano i concorsi possa non andare a buon fine.
Il legislatore della “concretezza” evidentemente parte dal presupposto suggerito dalla stampa generalista: il dipendente pubblico, per sua natura, è un “fannullone” e quindi si diletta a rifiutare sdegnosamente le molte proposte di ricollocazione ricevute.
La realtà è tutt’altra. Personale in disponibilità ce n’è poco, ma quel poco che c’è incontra difficoltà enormi a transitare in mobilità verso altre amministrazioni, perché manca uno strumento fondamentale: un portale pubblico, nel quale le amministrazioni siano tenute a segnalare quali posti sono disponibili, sulla base della loro programmazione delle assunzioni, da utilizzare dal personale in disponibilità per aderire, senza possibilità di selezione, al posto vacante, esercitando quindi un’azione di ricerca attiva di ricollocazione.
Il tutto, invece, oggi vive nella più totale opacità, con un atteggiamento delle PA di chiaro sfavore nei confronti della ricollocazione del personale in disponibilità, nonostante la ricollocazione dei lavoratori sia un valore costituzionalmente riconosciuto e tutelato.
Dunque, il neo legislatore decide che è il lavoratore “fannullone” a fare lo schizzinoso. E, quindi, impone il licenziamento definitivo “qualora il dipendente in disponibilità rinunci o non accetti per due volte l’assegnazione disposta ai sensi dell’articolo 34-bis nell’ambito della provincia dallo stesso indicata”. Norma, per carità, che sarebbe del tutto condivisibile, se esistesse appunto un sistema trasparente di pubblicizzazione dei concorsi ed un controllo sull’eventuale diniego della PA procedente ad assumere il dipendente in disponibilità. Mancando questi due tasselli, la condizionalità prevista per il dipendente in disponibilità finisce per configurarsi solo come vessatoria, anche se sicuramente – sull’onda della lotta ai furbetti nullafacanti – troverà osanna e peana nella stampa generalista.
Naturalmente, le possibilità di ricollocazione sono tanto maggiori, quanto più ampia sia la “domanda” di lavoro pubblico espressa dalle PA.
L’esperienza insegna che quei pochi dipendenti che finiscono in disponibilità sono molto polarizzati: vanno nell’elenco, in genere, dipendenti o con bassa qualifica, o con qualifica dirigenziale.
E’ su quest’ultima che va ad incidere la modifica dell’articolo 34, comma 6:
6. Nell’ambito della programmazione triennale del personale di cui all’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, l’avvio di procedure concorsuali e le nuove assunzioni a tempo indeterminato o determinato per un periodo superiore a dodici mesi, sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell’apposito elenco. I dipendenti iscritti negli elenchi di cui al presente articolo possono essere assegnati, nell’ambito dei posti vacanti in organico, in posizione di comando presso amministrazioni che ne facciano richiesta o presso quelle individuate ai sensi dell’articolo 34-bis, comma 5-bis. Gli stessi dipendenti possono, altresì, avvalersi della disposizione di cui all’articolo 23-bis. Durante il periodo in cui i dipendenti sono utilizzati con rapporto di lavoro a tempo determinato o in posizione di comando presso altre amministrazioni pubbliche o si avvalgono dell’articolo 23-bis il termine di cui all’articolo 33 comma 8 resta sospeso e l’onere retributivo è a carico dall’amministrazione o dell’ente che utilizza il dipendente.
6. Nell’ambito della programmazione triennale del personale di cui all’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, l’avvio di procedure concorsuali e le nuove assunzioni a tempo indeterminato o determinato per un periodo superiore a dodici mesi, ad esclusione di quelle relative al conferimento di incarichi dirigenziali ai sensi dell’articolo 19, comma 6, nonché al conferimento degli incarichi di cui all’articolo 110 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e all’articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell’apposito elenco e in possesso della qualifica e della categoria di inquadramento occorrenti . I dipendenti iscritti negli elenchi di cui al presente articolo possono essere assegnati, nell’ambito dei posti vacanti in organico, in posizione di comando presso amministrazioni che ne facciano richiesta o presso quelle individuate ai sensi dell’articolo 34-bis, comma 5-bis. Gli stessi dipendenti possono, altresì, avvalersi della disposizione di cui all’articolo 23-bis. Durante il periodo in cui i dipendenti sono utilizzati con rapporto di lavoro a tempo determinato o in posizione di comando presso altre amministrazioni pubbliche o si avvalgono dell’articolo 23-bis il termine di cui all’articolo 33 comma 8 resta sospeso e l’onere retributivo è a carico dall’amministrazione o dell’ente che utilizza il dipendente.
Come si nota, fin qui anche le assunzioni di dirigenti incaricati a contratto di durata superiore ai 12 mesi sono state subordinate all’attivazione delle procedure di mobilità obbligatoria regolate dall’articolo 34-bis del d.lgs 165/2001. Per la verità, alcuni operatori avevano dubitato che effettivamente questo obbligo si estendesse anche agli articoli 19, comma 6, del d.lgs 165/2001 e all’articolo 110 del d.lgs 267/2000.
La novella introdotta dalle legge concretezza dimostra che, invece, fino a ieri le assunzioni di dirigenti a contratto oltre i 12 mesi erano certamente subordinate alla mobilità volontaria. Infatti, la novella non è un’interpretazione autentica, ma ha valore innovativo, confermando che prima il regime normativo imponeva la mobilità obbligatoria, mentre nel nuovo ordinamento essa non viene più richiesta.
La norma introduce, infatti, l’esplicita eccezione: la mobilità obbligatoria non è più prevista per le assunzioni superiori ai 12 mesi “relative al conferimento di incarichi dirigenziali ai sensi dell’articolo 19, comma 6, nonché al conferimento degli incarichi di cui all’articolo 110 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e all’articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”.
Un bel potenziamento dello spoil system. Quel sindaco che avesse intenzione di assumere necessariamente quel suo dirigente “di fiducia” non avrà più il “fastidio” di dover anche solo aspettare la risposta dei centri per l’impiego e della Funzione Pubblica ai fini dell’articolo 34-bis, o l’ulteriore fastidio di dover spiegare come fosse non possibile l’assunzione dell’eventuale dirigente in disponibilità avviato dai Cpi o da Palazzo Vidoni (a proposito, il termine per il “silenzio assenso” previsto dall’articolo 34-bis, comma 4, si riduce da due mesi a 45 giorni).
Ma, simmetricamente, una chiara compromissione delle tutele per il dirigente in disponibilità. Infatti, la norma sottrae del tutto la possibilità di ricollocarsi in enti che attivino le procedure per assunzioni a contratto.
E’ una scelta paradossale. Le assunzioni a contratto, infatti, coprono – sia pure temporaneamente – posti della dotazione organica.
Era del tutto conforme ai principi costituzionali la formulazione dell’articolo 34, comma 6, del d.lgs 165/2001 nell’imporre la mobilità obbligatoria anche per gli incarichi a contratto di durata superiore ai 12 mesi. Infatti, si permette al lavoratore sull’orlo del licenziamento di ricollocarsi in presenza di un fabbisogno di lunga durata, che per altro l’amministrazione procedente dovrebbe ricoprire con incarico a contratto solo in via eccezionale e temporanea.
La norma novellata lede il principio desunto dalla Costituzione volto a garantire al lavoratore il cui rapporto di lavoro sia sospeso per cause non a lui direttamente imputabili, strumenti di tutela e garanzia tanto economici, quanto di ricollocazione. Nel lavoro privato esistono strumenti come la Cassa integrazione, oppure, per i lavoratori licenziati, la Naspi e i sistemi pubblico privati di ricerca di lavoro.
Per il sistema pubblico, l’unica tutela è rappresentata dalla scarna retribuzione nella fase di reperibilità e, appunto, dalla possibilità di ricollocazione prevista dal sistema regolato dall’articolo 34-bis. Che attua una serie di norme costituzionali:
articolo 3, comma 2: “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta` e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”;
articolo 4, comma 1: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”;
articolo 35, comma 1: “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”;
articolo 38, comma 2: “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidita` e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.
La disposizione introdotta dal legislatore riduce di molto la possibilità di ricollocarsi per chi si trovi involontariamente in disponibilità. Le perplessità sulla legittimità costituzionale di simile previsione appaiono evidenti.
Sull’altare della “fiduciarietà” e dello spoil system si sacrificano principi costituzionali e anche di finanza pubblica: il sistema permette che mentre un dirigente sia pagato (sia pure in via ridotta) per 24 mesi per non fare nulla, qualcuno sia chiamato a svolgere quelle funzioni che il dirigente in disponibilità potrebbe tranquillamente svolgete, con duplicazione della spesa. Un capolavoro. Che con la concretezza ha oggettivamente poco, pochissimo da spartire.

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