17.06.2015 – Diritti di rogito: la Corte dei conti infittisce il rebus

Diritti di rogito: la Corte dei conti infittisce il rebus

Di Arturo Bianco

In attesa che la sezione autonomie della Corte dei conti si pronunci, continua la telenovela della interpretazione delle disposizioni dettate dal d.l. n. 90/2014, articolo 10, in materia di rogito dei segretari. La nuova puntata è costituita dalla deliberazione n. 105 dello scorso 27 maggio della sezione regionale di controllo della magistratura contabile dell’Emilia-Romagna. Occorre evidenziare subito che, dopo questa pronuncia, i dubbi interpretativi sono aumentati in quanto viene avanzata una tesi ancora più restrittiva di quelle fin qui formulate.

Alla base dei dubbi interpretativi vi è la, per lo meno, infelice formulazione del dettato normativo. A fronte del testo iniziale del decreto, che disponeva l’abolizione tout court della possibilità per i segretari di ricevere questo compenso, il Parlamento in sede di conversione ha cercato una mediazione, i cui profili non sono affatto chiari. Soprattutto sulla spettanza dei segretari che sono assimilati ai dirigenti di potere percepire questi compensi e sulla loro misura, fermo restando il tetto complessivo annuo di 1/5 del trattamento economico in godimento.

La citata disposizione ha in particolare assegnato interamente ai comuni i proventi derivanti dai diritti di rogito, per cui non deve più essere versato al Ministero dell’Interno il 10%. È stata abrogata la disposizione che prevedeva che il 75% del compenso spettante ai comuni fosse assegnato al segretario, salvo che nei comuni sprovvisti di dirigenti e nei casi In cui il segretario, a prescindere dalla presenza o meno di dirigenti, non è assimilato a dirigente. In via interpretativa si è ritenuto finora che questi siano i segretari di fascia C, cioè i neo assunti ovvero coloro che possono prestare la propria attività nei comuni fino a 3.000 abitanti.

Le indicazioni della sezione di controllo dell’Emilia-Romagna

Nel citato parere i giudici contabili della sezione di controllo della Emilia-Romagna rispondono ai due quesiti posti: se per potere fruire dei compensi è sufficiente che nel comune o nei comuni convenzionati non vi siano dirigenti e “quali elementi giuridici integrino il possesso della qualifica dirigenziale”.

La risposta appare ispirata soprattutto da una logica di tipo sostanziale, basata sulla ricostruzione del quadro normativo e contrattuale che disciplina il trattamento dei segretari e sulla asserita volontà del DL n. 90/2014 di operare una riduzione dello stesso.

In premessa viene ricordato che il trattamento economico dei segretari inquadrati nelle fasce A e B è più elevato, essendo tale trattamento equiparato a quello dei dirigenti. Invece è più basso il trattamento economico dei segretari inquadrati nella fascia C.

Viene inoltre ricordato il principio contrattuale del cd galleggiamento, per cui il segretario ha diritto ad avere una indennità di posizione che non può essere inferiore a quella più elevata in godimento nell’ente da parte dei dirigenti ovvero, nei comuni che ne sono sprovvisti, da parte dei titolari di posizione organizzativa.

Viene ricordata sempre in premessa la disposizione contenuta nel d.P.R. n. 465/1997, per la quale i segretari non confermati sono collocati in disponibilità per un periodo massimo di 2 anni e che ad essi è corrisposto lo stesso trattamento economico in godimento nell’ultima sede in cui hanno svolto la propria attività, nonché che in caso di nomina presso un ente di fascia inferiore hanno diritto a mantenere lo stesso trattamento economico in godimento.

Il parere sottolinea che i segretari comunali di fascia C che svolgono la propria attività in comuni con dirigenti hanno un trattamento economico più elevato di quello spettante ai colleghi inquadrati nella stessa fascia che prestino la propria attività in comuni privi di dirigenti in quanto essi hanno il diritto alla applicazione del principio del cd “galleggiamento” rispetto al trattamento economico più elevato in godimento nell’ente da parte dei dirigenti. Siamo in presenza di un quadro normativo e contrattuale la cui ratio viene così riassunta: “particolare tutela per i segretari comunali di fascia C, in quanto destinatari di un trattamento retributivo inferiore”. Sulla base di questi principi viene tratta la seguente conclusione: “il legislatore del 2014 ha affermato al contempo il principio dell’integrale destinazione delle entrate comunali al bilancio dell’ente e quello della onnicomprensività del trattamento economico dei segretari, abrogando il precedente regime normativo che prevedeva la riserva agli stessi del diritto di rogito o di quota del medesimo. L’unica deroga consentita è quella .. volta a tutelare i segretari comunali che non abbiano qualifica dirigenziale e non operino in comuni con presenza di dirigenti e quindi non siano destinatari di retribuzione economica a questi equiparata”.

Il quadro interpretativo

Al momento attuale dunque le indicazioni interpretative sono quanto mai frastagliate. Ricordiamo che le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti della Sicilia e della Lombardia hanno ritenuto che i compensi per i rogiti possano essere corrisposti ai segretari, in qualunque fascia inquadrati, purchè nell’ente non vi siano dirigenti. E, in aggiunta, va ricordato che la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia, in presenza di convenzioni di segreteria tra enti con dirigenti e senza dirigenti, ha ritenuto erogabile questo compenso limitatamente ai comuni in cui non vi sono dirigenti. La sezione regionale di controllo della Corte dei Conti del Lazio ha invece ritenuto che questo compenso spetti solamente ai segretari inquadrati nella fascia C, a prescindere dalla presenza o meno di dirigenti nell’ente.

La sezione di controllo della Emilia-Romagna ha, come abbiamo appena visto, scelto una interpretazione ancora più restrittiva sul terreno della impostazione di carattere generale, ritenendo che questo compenso vada erogato solamente ai segretari di fascia C che prestino la propria attività in comuni privi di dirigenti.

Altra questione interpretativa è la misura del compenso da erogare, fermo restando il tetto del 20% del trattamento economico annuo in godimento che è la soglia non superabile. La questione, come prima abbiamo visto, nasce a seguito della abrogazione della precedente disposizione che fissava tale compenso nel 75% del 90% spettante al comune. La sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Sicilia ha ritenuto che la decisione spetti alla contrattazione collettiva nazionale e che, fino ad allora, questo compenso deve essere erogato per intero. Sull’intera materia è stato richiesto il pronunciamento della sezione delle autonomie della Corte dei Conti.

Le indicazioni operative

In tale quadro appare opportuno suggerire la massima prudenza anche a chi, come lo scrivente, ritiene che la disposizione vada interpretata nella direzione di consentire la erogazione del compenso a condizione che nell’ente non vi siano dirigenti e, quindi, a prescindere dalla assimilazione del segretario ai dirigenti, quanto meno per la individuazione della misura del compenso, la cui competenza si ritiene debba essere attribuita alla giunta, con la necessità di chiarire in capo a chi sono posti gli oneri riflessi e l’Irap. Si ricorda che la ipotesi che nel comune vi siano dei dirigenti e che il segretario sia di fascia C è da considerare poco più che si scuola, posto che i segretari di fascia C non possono svolgere la propria attività in comuni superiori a 3.000 abitanti.

La prudenza si traduce sul terreno operativo nel seguente suggerimento: le amministrazioni comunali in cui non vi sono dirigenti calcolano la misura dei compensi da attribuire ai segretari quali diritto di rogito, ovviamente nel tetto massimo di 1/5 del loro trattamento economico complessivo e nella stessa misura prevista prima della abrogazione, quindi nella misura del 67,5%. Ma non erogano tali compensi fino a che la sezione autonomie della magistratura contabile non si sarà pronunciata.

 

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