17/04/2019 – I provvedimenti del Sindaco legittimi se emessi a tutela della sicurezza urbana

I provvedimenti del Sindaco legittimi se emessi a tutela della sicurezza urbana

di Roberto Rossetti – Comandante Polizia Locale

Un Comitato ed un’Associazione ricorrono al T.A.R. contro l’ordinanza contingibile e urgente emessa da un Sindaco che ha vietato, per sette mesi e su tutto il suo territorio comunale, a chiunque, sulla pubblica via e su tutte le aree soggette a pubblico passaggio, di contattare prostitute o concordare con esse prestazioni sessuali a pagamento, consentire loro di salire sul veicolo per tali finalità, nonché eseguire manovre pericolose o di intralcio alla circolazione stradale, comprese soste o fermate, per dette finalità ed, inoltre, a chiunque di porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco a offrire prestazioni sessuali a pagamento, anche solo assumendo atteggiamenti o mettendo in atti comportamenti ovvero indossare abbigliamenti ovvero mostrare nudità che manifestino, inequivocabilmente, l’intenzione di adescare o di esercitare l’attività di meretricio. Per le violazioni di tali divieti è stata prevista la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 500,00.

I ricorrenti contestano la effettiva sussistenza dei presupposti necessari per l’adozione dell’ordinanza impugnata e, quindi, i vizi tipici della violazione di legge e dell’eccesso di potere. Denunciano poi l’indeterminatezza delle condotte vietate e sanzionate, carenze istruttorie, insufficiente motivazione, violazioni dei diritti e delle libertà fondamentali ed altro ancora.

Rigettati le pregiudiziali di inammissibilità del ricorso avanzate da parte resistente, il Collegio osserva che, nel provvedimento impugnato, i comportamenti vietati e sanzionati sono descritti come “atteggiamenti” e come “modalità comportamentali”, in entrambi i casi non meglio specificati, quindi, indeterminati. L’ordinanza de quo si riferisce a condotte che sono espressione della personalità dell’individuo e, in quanto tali, non direttamente lesive della sicurezza urbana, in quanto non dirette in modo non equivoco all’esercizio di prestazioni sessuali a pagamento.

Tali generiche condotte sono sanzionabili su tutto il territorio comunale, ma, a giudizio del Collegio, non risulta una così ampia zona meritevole di tutela della sicurezza urbana e l’ordinamento giuridico non consente la repressione della prostituzione, salvo che tale attività assuma altri profili autonomamente sanzionabili, per le modalità con cui è svolta o per la lesione di interessi legati alla sicurezza urbana.

Ai sensi dell’art. 54, c. 4 e 4-bisD.Lgs. 267 del 2000 (T.U. sull’ordinamento degli Enti Locali) occorre preventivamente accertare la sussistenza di “gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”, ma nel provvedimento impugnato la minaccia a tali interessi pubblici è solo formalmente evocata. Il T.A.R. ritiene che i giudizi di valore etico o morale, non fondati su evidenze istruttorie e le generiche affermazioni contenute nell’ordinanza, che ritiene che il fenomeno della prostituzione su strada “sta assumendo caratteri di notevole diffusione sul territorio comunale”, non sono sufficienti a sostenere la decisione adottata.

I giudici evidenziano che le ordinanze contingibili e urgenti, emesse dal Sindaco quale ufficiale di Governo, sono strumenti di carattere residuale, norme atipiche con valenza derogatoria, che l’ordinamento giuridico fornisce per fronteggiare situazioni impreviste e di carattere eccezionale, per le quali è impossibile o inefficace l’impiego dei rimedi ordinari. Invece la documentazione prodotta in giudizio dalla difesa dell’amministrazione denota l’esiguità della istruttoria svolta senza evidenziare la obiettiva e concreta sussistenza di situazioni di pericolo per l’incolumità pubblica o per la sicurezza urbana.

La giurisprudenza costituzionale ha rilevato “l’imprescindibile necessità che in ogni conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale, posto a base dello Stato di diritto” (cfr. Corte Cost. n. 115 del 2011), non essendo sufficiente che il potere sia finalizzato alla tutela di un bene o di un valore e ciò specie laddove i divieti e gli obblighi impongano restrizioni alla sfera dei diritti e delle libertà individuali.

Il Collegio ritiene fondate anche le eccezioni relative alla violazione del principio di proporzionalità, per la già evidenziata ampiezza ed indeterminatezza delle condotte vietate, nonché per l’indiscriminata estensione dei divieti a tutto il territorio comunale, senza che via sia una chiara delimitazione territoriale dell’estensione del problema. Inoltre la previsione di una sanzione pecuniaria in misura fissa e generalizzata, come correttamente rilevato dai ricorrenti, incide su diritti e libertà individuali e dispiega la sua portata afflittiva quasi esclusivamente, sulle vittime della catena criminale, come dimostrato dai verbali emessi

Per quanto sopra, il T.A.R. accoglie il ricorso e annulla l’ordinanza impugnata.

T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 28 marzo 2019, n. 4175;

Art. 54D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (G.U. 28 settembre 2000, n. 227, S.O.)

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