16/04/2019 – Il recesso dell’amministrazione nel periodo di prova: motivazione e controllo del giudice

Il recesso dell’amministrazione nel periodo di prova: motivazione e controllo del giudice

I principi che l’amministrazione deve seguire quando agisce iure privatorum, e il caso del recesso per mancato superamento del periodo di prova

Il recesso nel periodo di prova da parte dell’Amministrazione non è libero, e tuttavia per la contestazione della motivazione del licenziamento occorre dimostrare in concreto l’insussistenza dei presupposti sostanziali per il giudizio negativo espresso nei confronti del lavoratore in prova.

Tar Sicilia – Catania, sez. I, 8 aprile 2019, n. 743

Il Tar Catania, con la sentenza 743 del 2019, esamina le linee generali che devono essere seguite dall’amministrazione quando agisce all’interno di fattispecie negoziali, come il recesso dal lavoratore in caso di mancato superamento del periodo di prova, e sull’obbligo di compiuta motivazione del recesso medesimo.

I principi di imparzialità, trasparenza, buona fede e diligenza nell’attività dell’amministrazione

Si legge nella sentenza che discende dai principi di generali di imparzialità e trasparenza che l’atto con il quale una PA decide di recedere dall’assunzione di un proprio dipendente per ragioni inerenti il mancato superamento della prova, deve essere comunque motivato, e tale motivazione è suscettibile di essere sindacata in giudizio, anche se non è soggetto a previo avviso di avvio del procedimento o alle altre norme di partecipazione previste dalla l. 241/90.

Più in generale, i giudici catanesi sottolineano la valenza generale degli obblighi civilistici di buona fede e correttezza nell’attività dell’amministrazione.

Infatti i principi generali in ordine alla formazione del consenso ai fini della manifestazione di volontà della PA entro fattispecie negoziali, pur laddove – e nei limiti in cui – non trovino applicazione le regole del procedimento (in termini di partecipazione) si coniugano egualmente con i principi di buona fede e diligenza di ordine civilistico che presiedono all’esecuzione delle obbligazioni, incluse quelle a carico del datore di lavoro, in base alle quali deve ritenersi illegittimo un licenziamento del tutto indiscriminato, come diverrebbe laddove, in periodo di prova, si dovesse ritenere l’Amministrazione del tutto libera di procedere, elevando la discrezionalità che pure sussiste ad una sorta di riserva assoluta di amministrazione, scevra da ogni tipo di controllo.

La possibilità di contestare in giudizio la motivazione del recesso nel periodo di prova e l’onere probatorio a carico del licenziato

Questa pacifica sindacabilità astratta della motivazione del recesso dell’Amministrazione dal rapporto di lavoro con un dipendente nel periodo di prova, non esclude che spetti comunque al lavoratore ricorrente fornire validi elementi di prova circa l’intento discriminatorio.

A tal proposito viene citata la giurisprudenza della Cassazione (Cassazione civile , sez. lav. , 13/09/2018 , n. 22396)secondo cui, in tema di pubblico impiego privatizzato, l’obbligo – imposto dalle parti collettive alle amministrazioni – di motivare il recesso intimato durante il periodo di prova, in quanto finalizzato a consentire la verificabilità giudiziale della coerenza delle ragioni del recesso rispetto alla finalità della prova e all’effettivo andamento della prova stessa, non porta ad omologare il predetto recesso al licenziamento disciplinare, anche ove fondato sull’assenza di diligenza nell’esecuzione della prestazione, poiché tale mancanza ben può essere valorizzata al solo fine di giustificare il giudizio negativo sull’esperimento.

Secondo gli Ermellini tale l’obbligo in parola non incide sulla ripartizione degli oneri probatori, spettando comunque al lavoratore dimostrare il perseguimento di finalità discriminatorie o altrimenti illecite o la contraddizione tra recesso e funzione dell’esperimento medesimo.

Nel caso di specie, il TAR ha respinto il ricorso contro il recesso, poiché il ricorrente si era limitato a censurare il “modus procedendi” dell’Amministrazione, senza dimostrare un intento discriminatorio, né indicare quali contenuti avrebbe potuto offrire nel procedimento se avviato nei propri confronti il contraddittorio che lamenta essere mancato.

Occorrevano in realtà argomenti di carattere sostanziale volti a dimostrare in concreto l’insussistenza dei presupposti sostanziali per il giudizio negativo espresso compiutamente dal Sindaco.

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