16/10/2018 – Il concessionario non è legittimato a proporre ricorso in Cassazione in caso di accertamento emesso dal comune

Il concessionario non è legittimato a proporre ricorso in Cassazione in caso di accertamento emesso dal comune

di Girolamo Ielo – Dottore commercialista/revisore contabile Esperto finanza territoriale

La vicenda su cui si è pronunciata la Corte di Cassazione appare complicata e mette in luce le problematiche che possono scaturire nei casi in cui l’accertamento e la riscossione dell’ICI (ma anche di qualsiasi altro tributo locale) sono affidati a terzi.

La vicenda. Bisogna premettere che il comune ha affidato ad una socieà concessionaria l’accertamento e la riscossione dell’imposta comunale sugli immobili. Dalla ordinanza si evince chiaramente che il comune, in questione, ha emesso un avviso di accertamento riguadante l’ICI, anno 2007, l’atto impositivo impugnato dal contribuente è stato emesso direttamente dall’ente impositore, relativamente al possesso di terreni destinati ad attività estrattiva di cava. Nell’ordinanza non viene affrontata questa contraddizione: l’emissione dell’avviso di accertamento da parte del comune in presenza dell’affidamento dell’attività di accertamento dell’imposta ad una società concessionaria

Avverso l’avviso di accertamento il contribuente ha proposto ricorso nei confronti del comune. In sede contenziosa c’è stato un atto d’intervento volontario da parte della società concessionaria.

La CTP ha rigettato il ricorso. Avverso la sentenza del giudice di 1° grado il contribuente ha presentato appello nei confronti del comune e della società concessionaria. La CTR ha accolto l’appello del contribuente.

Il ricorso in Cassazione. Avverso la sentenza della CTR la società concessionaria ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. La società ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’artt. 1, comma 2, e 2, lett. b), D.Lgs. n. 504 del 1992 nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che i terreni oggetto di accertamento, compresi nella sottozona D/3 del Piano regolatore Generale del comune, non avessero natura di aree edificabili, avendo affermato la CTR che “i terreni destinati a cava costituiscono una categoria di terreni a sè”, che “non rientrano nelle categorie di immobili per i quali la legge istitutiva dell’ICI ha previsto la tassazione”.

Il contribuente resiste con controricorso. Invece, il comune, intimato, non ha svolto difese. La società concessionaria ha presentato una memoria.

Il controricorso del contribuente. Il contribuente solleva l’eccezione di carenza di legitimatio ad causam in capo alla società concessionaria e di conseguente carenza di interesse alla proposizione del ricorso per cassazione, da ritenersi perciò inammissibile.

Il responso della Corte. La Corte, sez. VI-5, si è pronunciata con l’ordinanza n. 22828 del 26 settembre 2018. Per la Corte l’eccezione sollevata è fondata.

In merito all’eccezione sollevata la Corte fa presente che:

– la memoria depositata dalla società concessionaria risulta avere contenuto integrativo piuttosto che meramente illustrativo delle difese svolte nel ricorso introduttivo, quantunque in funzione di replica all’avversa eccezione, e che la documentazione ivi allegata, evidenzi, contrariamente a quanto indicato dalla stessa società, che detto intervento debba essere qualificato come intervento adesivo dipendente rispetto alla posizione assunta in giudizio dall’ente impositore, che ha emesso e notificato in proprio l’avviso di accertamento poi impugnato dal ricorrente con ricorso notificato al solo comune;

– con le controdeduzioni all’atto d’intervento volontario la società concessionaria si è limitata a chiedere il rigetto dell’avverso ricorso;

– con le controdeduzioni depositate in grado di appello, la società concessionaria si è limitata a chiedere il rigetto dell’avverso gravame, neppure dolendosi, per mezzo di appello incidentale, della compensazione delle spese del giudizio di primo grado disposta dalla CTP con la pronuncia pur favorevole all’ente impositore ed alla concessionaria.

Da tutto ciò, continua la Corte, si evince che alcun autonomo diritto è stato azionato dalla società concessionaria in giudizio nei confronti delle parti originarie del processo (contribuente e comune).

Se è pur vero che alla stregua delle previsioni contrattuali detta società è concessionaria tanto per l’accertamento quanto per la riscossione dell’ICI nei confronti del comune, nella fattispecie in esame l’atto impositivo impugnato dal contribuente è stato emesso direttamente dall’ente impositore, il solo evocato in giudizio dal contribuente mediante l’originaria impugnazione dell’atto medesimo dinanzi alla CTP.

Trova pertanto applicazione il principio affermato dalla giurisprudenza della stessa Corte secondo cui “d’interventore adesivo non ha un’autonoma legittimazione ad impugnare, salvo che l’impugnazione sia limitata alle questioni specificamente attinenti la qualificazione dell’intervento o la condanna alle spese poste a suo carico” (circostanze, queste ultime che, come si è visto, non ricorrono nella fattispecie in esame), “sicché la sua impugnazione è inammissibile, laddove la parte adiuvata non abbia esercitato il diritto di proporre impugnazione ovvero abbia fatto acquiescenza alla decisione ad essa sfavorevole” (Cass. civ., Sez. Unite 17 aprile 2012, n. 5992Cass. civ., Sez. lav., 8 luglio 2013, n. 16930Cass. civ., Sez. I, ord. 6 febbraio 2018, n. 2818).

Nella fattispecie in esame il comune, soccombente nel giudizio di appello e condannato anche al pagamento delle spese del giudizio, non ha appunto esercitato il diritto d’impugnazione.

Infine, l’inammissibilità del ricorso per carenza di autonoma legittimazione della società concessionaria alla proposizione dell’impugnazione avverso la sentenza della CTR preclude, quindi, l’esame dello specifico motivo di ricorso proposto avverso la sentenza impugnata.

Cass. civ., Sez. VI-5, Ord., 26 settembre 2018, n. 22828

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