09/07/2019 – Fondo accessorio, il tetto per categoria impone il ricalcolo a partire dal 2010  

Fondo accessorio, il tetto per categoria impone il ricalcolo a partire dal 2010  

di Tiziano Grandelli, Mirco Zamberlan – Il Sole 24 Ore – 08 Luglio 2019
La gestione del fondo per le risorse decentrate è ormai diventata un calvario e a complicarne la vita intervengono anche le novità interpretative che si aggiungono a quelle normative. L’ ultima arriva dalla Ragioneria generale, che va in direzione contraria alla Corte dei conti e chiede di applicare al fondo un doppio tetto, calcolando in modo differenziato dirigenti e dipendenti. A rimetterci sono le amministrazioni, chiamate ad applicare norme contorte e interpretazioni contraddittorie, sotto la spada di Damocle rappresentata dalla responsabilità erariale in caso di errore. Ma andiamo con ordine. E partiamo dalla conversione in legge del Dl 34/2019, il quale stabilisce che il limite del trattamento accessorio dei dipendenti di regioni e comuni, titolari di posizione organizzativa compresi, venga adeguato in base all’ andamento del numero dei lavoratori in servizio rispetto ai presenti al 31 dicembre 2018.
L’ adeguamento è effettuato sulla base del valore medio del salario accessorio riferito sempre al 2018. I problemi sono molteplici. Innanzitutto come si calcolano i dipendenti nell’ anno di riferimento (Sole 24 Ore di lunedì scorso). I criteri sono svariati, ma il ricorso alla semisomma dei lavoratori in servizio al 1° gennaio e al 31 dicembre può rappresentare una valida soluzione in quanto già sostenuta dalla Ragioneria generale in altre occasioni analoghe. Una seconda questione consiste nella quantificazione dei dipendenti al 31 dicembre 2018. Anche in questo caso le strade sono diverse. Un aiuto può essere individuato nelle interpretazioni fornite dall’ Aran per l’ applicazione dell’ articolo 67, comma 2, lettera a) del contratto nazionale delle Funzioni locali sottoscritto il 21 maggio 2018, dove si parla di unità di personale in servizio al 31 dicembre 2015. L’ Agenzia ritiene che questa locuzione ricomprenda i dipendenti conteggiati per teste. Infine, la norma tende a garantire, come detto, il valore medio del fondo.
Ma a questo fine si deve considerare l’ importo complessivo del fondo o si devono escludere le componenti non soggette al limite del salario accessorio? Sembrerebbe logico seguire la seconda ipotesi in quanto si tratta di adeguare il limite. Ma l’ ultima novità, si diceva, è il parere a firma dell’ Ispettore generale capo della Ragioneria dello Stato, che sta creato scompiglio. Ma cosa dirà mai l’ Igop di tanto sconvolgente? Semplicemente l’ esatto contrario di quanto fino ad oggi sostenuto dalla Corte dei Conti, in posizione stranamente monolitica. I magistrati contabili (ad esempio, Corte dei Conti Puglia, delibera n. 27/2019) da tempo sostengono che il trattamento economico accessorio, a cui da ultimo l’ articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017 pone un vincolo, sia da intendere come somma della retribuzione variabile di tutte le possibili figure all’ interno di un ente locale: dipendenti, titolari di posizione organizzativa, dirigenti e segretario comunale.
È questo insieme che deve rispettare il tetto, con la conseguenza che eventuali eccedenze di salario accessorio presenti per una categoria possono essere assorbite da carenze di un’ altra. La Ragioneria dello Stato sostiene, al contrario, che ogni tipologia di dipendenti abbia un proprio vincolo al trattamento economico accessorio e, come tale, deve essere calcolato e rispettato. In sostanza, se così fosse, gli enti dovrebbero procedere al ricalcolo dei fondi per le risorse decentrate degli ultimi dieci anni, dal 2010 in poi, verificare se, alla luce della nuova interpretazione, il vincolo è stato rispettato e, in caso contrario, procedere al recupero.
Altra questione in sospeso consiste nell’ applicazione dell’ articolo 11 bis, comma 2, del Dl 135/2018, che vuole fuori dal tetto al salario accessorio gli incrementi della retribuzione di posizione e di risultato riconosciuti ai titolari di posizione organizzativa, in godimento alla data del 21 maggio 2018 e quelli risultanti dopo l’ applicazione del nuovo contratto nazionale, se finanziati con le capacità assunzionali a disposizione. La norma è stata accolta di buon grado dagli enti perché, a prima vista, sembrava consentire l’ attribuzione di ulteriori incarichi di posizione organizzativa. Tesi bocciata dalla Corte dei Conti Lombardia, che con la delibera 210/2019 ha affermato che è solo possibile incrementare quelle esistenti.

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