09/01/2019 – Informativa antimafia sopravvenuta al contributo già erogato – un commento del collega Vito Antonio Bonanno

Informativa antimafia sopravvenuta al contributo già erogato – un commento del collega Vito Antonio Bonanno

 

In un’epoca buia anche per il diritto, in cui tutte le norme sembrano figliate dalla matrigna legislazione punitiva di comportamenti malavitosi, mafiosi, corruttivi, truffaldini e prossimi alla maladministration che invade inesorabilmente tutta l’attività amministrativa e i rapporti dei cittadini con l’amministrazione pubblica, appare come luce di speranza la sentenza del CGA n. 3/2019, appena pubblicata, che nell’annullare un atto con il quale il MISE a distanza di 10 anni ha revocato un contributo concesso per la ristrutturazione di un’attività turistica per la sopravvenuta emanazione di una interdittiva antimafia sulla compagine societaria, ha affermato che il principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria n.3/2018 secondo cui l’interdittiva antimafia determina una sorta di incapacità giuridica assoluta in capo all’impresa “non può valere per i rapporti esauriti o che sarebbero dovuti esserlo da tempo e che non lo sono stati per ragioni imputabili alla pubblica amministrazione. Se così non fosse – si deve rilevare – i ritardi e le inefficienze dell’azione amministrativa sarebbero premiati e persino incentivati, ledendo le garanzie fondamentali delle parti private (la cui fisionomia può essere mutata nel tempo, avendo reciso i vecchi legami, riparato i propri errori, come deve ritenersi sia avvenuto nel caso della società odierna appellante alla luce dell’informativa liberatoria del 2015) e contribuendo a determinare un senso di incertezza e di insicurezza, nei traffici commerciali e nella serietà degli impegni giuridici, che concorre a definire il grado di “legalità” di un Paese e che potrebbe non essere di minor danno dell’insicurezza e del pericolo intollerabilmente originati e alimentati dal fenomeno e dal metodo mafioso”.

Parole chiare, nette: l’insicurezza e l’incertezza dei traffici commerciali e degli impegni giuridici causa un danno al rating di legalità di un Paese non meno grave di quello causato e alimentato dal fenomeno mafioso. Che coraggio !

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Informativa antimafia sopravvenuta al contributo già erogato

Informativa antimafia – Contributi e finanziamenti – Informativa antimafia sopravvenuta – Revoca totale contributo concesso in base a una prima informativa liberatoria – Illegittimità.

            E’ illegittima la revoca totale di un contributo pubblico conseguente ad informativa antimafia sopravvenuta se non sia fatto salvo, al momento della revoca, il pagamento del valore delle opere già eseguite, costituito dagli importi già da tempo erogati e spesi con relativa rendicontazione, ove il finanziamento fosse stato elargito sulla base di una prima informativa liberatoria  (1).

(1) Ha ricordato il Cga che sul punto si sono formati due orientamenti.

Ad una linea interpretativa che legge l’espressione “nei limiti delle utilità conseguite” come riferibile  anche alla sfera pubblica, se e nella misura in cui, nella logica del mutuo di scopo cui già si è fatto cenno, l’erogazione sia destinata ad una finalità che è propria di entrambe le parti, concedente e concessionario, il che obbliga l’ ad eseguire il programma concordato, a vantaggio dell’intera collettività (in termini ad esempio occupazionali, di sviluppo economico, di conservazione dei luoghi etc.), quanto meno di quella localizzata nel territorio interessato (v., ad esempio, Tar Reggio Calabria n. 119 del 2013); se ne contrappone un’altra che, invece, ritiene che il limite dell’utilità conseguita non sarebbe “dilatabile sino al punto da ricomprendere in esso anche l’ipotesi del finanziamento andato a buon fine mediante la realizzazione del progetto finanziato, ove l’interesse pubblico è soltanto indiretto” (v., più di recente, Cons. St., sez. III, n. 5578 del 2018).

Tali essendo i termini della questione, e se è difficilmente negabile che una differenza vi sia tra i rapporti contrattuali in senso proprio, all’insegna di una evidente corrispettività, e quelli originati da un atto unilaterale, dove la reciprocità è sicuramente più attenuata, sebbene siano anche essi potenzialmente durevoli nel tempo, il Cga ha ritenuto più persuasivo il ragionamento che sorregge la prima tesi. Ciò per la ragione che la nozione di “utilità conseguite” va estesa anche a quei vantaggi generali che l’esecuzione del programma finanziato aveva di mira, che sono da accertarsi da parte della Pubblica amministrazione in termini di effettività sul presupposto che – in un contesto che dovrebbe essere ispirato a serietà e a premialità delle iniziative private avviate in zone svantaggiate, il che non sempre avviene – ogni attività della Pubblica amministrazione che importa erogazione di provvidenze economiche è (deve essere) finalizzata a scopi di interesse pubblico e questi ultimi si sostanziano in benefici collettivi, immediatamente o mediatamente riconducibili all’esercizio del potere.

Ciò chiarito, il Cga ha ancora affermato che non conduce a diversa conclusione il carattere provvisorio del contributo.

Infatti, anche a riconoscerne davvero la (originaria) provvisorietà, un simile attributo presupporrebbe pur sempre che questa condizione iniziale abbia una durata definita nel tempo, che dunque ciò che nasce provvisorio diventi il prima possibile definitivo; pena, altrimenti, l’impossibilità di qualunque previsione e di qualunque calcolo da parte di cittadini ed imprese (per tali intendendosi non solo i beneficiari in via diretta del finanziamento ma anche, quantomeno, i terzi aventi causa e i loro creditori). Laddove invece nella vicenda qui in esame, questa condizione di provvisorietà si è protratta per lunghi anni, nonostante che nel frattempo buona parte delle somme fossero state erogate, i lavori realizzati, le spese rendicontate.  

Il Cga esclude, infine, che i principi espressi dall’Adunanza Plenaria n. 3 del 2018 in tema di effetti delle informative antimafia – nel senso che determinerebbero una sorta di incapacità giuridica, impedendo di ottenere contributi, finanziamenti, corrispettivi e persino il pagamento di somme di denaro a titolo di risarcimento dei danni, quantunque aventi titolo in sentenze di condanna passate in giudicato – si applichino per i rapporti esauriti o che sarebbero dovuti esserlo da tempo e che non lo sono stati per ragioni imputabili alla Pubblica amministrazione. Ad avviso del Cga se così non fosse  i ritardi e le inefficienze dell’azione amministrativa sarebbero premiati e persino incentivati, ledendo le garanzie fondamentali delle parti private (la cui fisionomia può essere mutata nel tempo, avendo reciso i vecchi legami, riparato i propri errori, come deve ritenersi sia avvenuto nel caso della società odierna appellante alla luce dell’informativa liberatoria del 2015) e contribuendo a determinare un senso di incertezza e di insicurezza, nei traffici commerciali e nella serietà degli impegni giuridici, che concorre a definire il grado di “legalità” di un Paese e che potrebbe non essere di minor danno dell’insicurezza e del pericolo intollerabilmente originati e alimentati dal fenomeno e dal metodo mafioso.

 

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