08/05/2019 – ICI/IMU: cambiano le regole per l’esenzione a favore del non profit

ICI/IMU: cambiano le regole per l’esenzione a favore del non profit

di Girolamo Ielo – Dottore commercialista/revisore contabile Esperto finanza territoriale

La Corte di Cassazione, sez. V, con la sentenza 11 aprile 2019, n. 10124 ha affermato che:

– l’unità immobiliare destinata a casa di cura in regime di convenzione per lo svolgimento di attività sanitaria è assoggettata ad ICI(IMU);

– la circolare 26 gennaio 2009, n. 2/DF non può avere effetto vincolante;

– il D.M. 19 novembre 2012, n. 200 del MEF, relativamente all’art. 4, comma 2, non ha nessun valore vincolante. Esso non ha valore di legge.

Il fatto. Un Comune ha notificato ad un ente religioso un avviso di accertamento, ICI per l’anno 2003, contestando di avere omesso versamento del tributo relativamente ad una unità immobiliare destinata a casa di cura in regime di convenzione per lo svolgimento di attività sanitaria. Avverso l’avviso è stato proposto ricorso in CTP.

I giudici tributari. I giudici di 1° grado hanno accolto il ricorso. I giudici della CTR hanno rigettato l’appello ritenendo sussistenti i requisiti soggettivi ed oggettivi che consentono ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992art. 7, comma 1, lett. i) di fruire dell’esenzione dall’Ici per gli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento di attività sanitarie. Avverso tale pronuncia il Comune ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo di ricorso.

Il ricorso in Cassazione. Ad avviso del Comune l’attività sanitaria svolta all’interno di una casa di cura in quanto diretta alla produzione di beni e servizi dovrebbe essere inquadrata nell’ambito di quelle che rivestono carattere commerciale. Il Comune, altresì, censura la decisione della CTR laddove si sarebbe limitata in maniera superficiale a rilevare i caratteri di solidarietà sociale dell’attività svolta dall’Istituto senza valutare se l’attività considerata nel suo insieme avesse o meno natura commerciale. Il Comune ricorrente censura sotto altro aspetto la decisione per non aver dato una corretta interpretazione della circolare del Dipartimento delle finanze del MEF n. 2/DF del 26 gennaio 2009 per la quale deve sussistere un carattere di esclusività e non di prevalenza della prestazione svolta in regime di convenzione.

La sentenza della Corte. La Corte si è pronunciata con la sentenza n. 10124 dell’11 aprile 2019.

Il riconoscimento del diritto all’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992art. 7, comma 1, lett. i) è condizionato alla verifica di due requisiti che debbono necessariamente coesistere uno soggettivo, costituito dal possesso dell’immobile da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, ed un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di una o più delle attività indicate dalla norma (immobili destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui alla legge n. 222, art. 16, lett. a)). Attività, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando rigorosamente che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale.

Occorre inoltre tenere nel debito conto, continua la Corte, la decisione adottata dalla Commissione dell’Unione Europea del 19.12.2012 la quale, nel valutare se il D.Lgs. n. 504 del 1992art. 7, comma 1, lett. i), in tema di esenzione ICI, concretizzasse una forma di aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione, ha precisato che anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato. La Commissione ha osservato che anche laddove una attività abbia finalità sociale questa non è sufficiente ad escluderne la classificazione di attività economica. L’unico criterio rilevante al riguardo è se il soggetto interessato svolga o meno un’attività economica sottolineando che l’applicazione della normativa sugli aiuti di Stato non dipende dal fatto che un soggetto venga costituito per conseguire utili, poiché anche un ente senza fine di lucro può offrire beni e servizi sul mercato. Orbene rientra nella nozione di attività svolta con modalità commerciali – ovvero nella nozione di attività economica, secondo il linguaggio della Commissione UE – qualunque attività organizzata per la prestazione di servizi a terzi dietro pagamento – da parte dell’utente o di altri, compresi lo Stato, le regioni o altre pubbliche amministrazioni – di un corrispettivo funzionale ed adeguato alla copertura dei costi e alla remunerazione dei fattori della produzione (ivi compresi i capitali investiti). Di converso non è commerciale l’attività di prestazione di servizi che vengano offerti gratuitamente, ovvero dietro pagamento di corrispettivi o contributi meramente simbolici o comunque radicalmente inferiori ai costi di produzione.

Tali principi devono essere applicati anche con riferimento all’attività sanitaria convenzionata dell’ente religioso. Infatti anche in questo settore non vi è alcun profilo che consenta di affermare che l’attività sia svolta in forma gratuita o semigratuita, dovendosi ritenere che le tariffe convenzionali siano comunque, dirette a coprire i costi e a remunerare i fattori della produzione, salvo che in ragione di specifiche circostanze fattuali aventi, nel caso di specie assenti, possa dirsi che l’immobile viene destinato ad attività sanitaria svolta con modalità non commerciali escludendo la logica del profitto e del mercato.

Né è dirimente il fatto che l’attività sanitaria svolta in regime di convenzionamento si inserisca nel servizio pubblico (Servizio Sanitario Nazionale) gestito direttamente da una Istituzione pubblica. Il Servizio Sanitario infatti è attività pubblica ed eventualmente gratuita per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione ed i suoi rapporti con il cittadino utente ma nel caso in cui la P.A. si avvalga dell’opera di privati l’attività svolta da questi ultimi è attività commerciale ove sia prestata dietro corrispettivi pattuiti o stabiliti in funzione dei costi e dell’adeguata remunerazione dei fattori di produzione dei servizi demandati al privato stesso.

La circolare 26 gennaio 2009, n. 2/DF. Per la Corte non può avere effetto vincolante la contraria qualificazione enunciata nella circolare n. 2/DF del 2009 secondo cui “lo svolgimento di attività assistenziali e attività sanitarie si ritiene effettuato con modalità non commerciali quando le stesse (…) sono accreditate, e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni e gli enti locali e sono svolte (…) in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico trattandosi di una circolare amministrativa che ha una valenza interna e non può influire sulla qualificazione giuridica dell’attività che è invece demandata al giudice.

Il D.M. 19 novembre 2012, n. 200. Infine la Corte, per completezza di esposizione, fa presente che nessun valore vincolante può essere attribuito all’art. 4, comma 2, D.M. 19 novembre 2012, n. 200. Esso non ha valore di legge, tanto più che lo stesso appare, per questa parte, essere stato emanato ultra vires, dato che il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1art. 91-bis, non demandava al DM il compito di definire autoritativamente il concetto di “modalità non commerciali” ma solo il compito di stabilire modalità e procedure da seguire in caso di utilizzazione mista di un immobile, al fine di individuare il rapporto percentuale tra utilizzazione commerciale e utilizzazione non commerciale dell’immobile stesso.

Il responso della Corte. Alla luce di tali considerazioni deve ritenersi contraddittorio l’iter argomentativo attraverso il quale la pronuncia gravata perviene a riconoscere in capo all’Istituto religioso l’esenzione dall’imposizione Ici. Il giudice di appello ha contrapposto la natura commerciale a quella sanitaria considerando quest’ultima capace di rendere inefficace le conseguenze giuridiche che derivano dalla prima facendola rientrare fra quelle agevolate previste dal D.Lgs. n. 504 del 1992art. 7, comma 1, lett. i). Il giudice di appello ha fatto una non corretta applicazione della norma sopra citata alla luce della giurisprudenza nazionale e comunitaria sopra richiamata dovendosi escludere per l’annualità in discussione il presupposto oggettivo per l’esenzioni Ici. Il ricorso merita accoglimento e può essere deciso nel merito rigettando l’originario ricorso del contribuente non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto.

Considerazioni. La sentenza della Corte, che coglie una grave anomalia nel contenuto del D.M. n. 200 del 2012 (art. 4, comma 2), avrà notevoli ripercussioni in quanto nella stessa situazione si collocano le attività didattiche (comma 3), le attività ricettive (comma 4), le attività culturali e ricreative (comma 5) e le attività sportive (comma 6).

Cass. civ., Sez. V, (ud. 5 marzo 2019) 11 aprile 2019, n. 10124

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