07/06/2021 – Smart working: il trattamento fiscale dei rimborsi ai dipendenti dei costi di connessione a internet

È stato pubblicato sulla G.U. n. 120 del 21 maggio 2021 il Dm. Mef 7 maggio 2021, che ha disposto l’aggiornamento dei fabbricati “a valore contabile”, ovverosia i fabbricati di cui all’art. 1, comma 746, della Legge n. 160/2019, non iscritti in Catasto ma classificabili nel Gruppo catastale “D”. Il coefficiente trova applicazione, sia ai fini Imu che ai fini dell’Impi, istituita dall’art. 38, del Dl. n. 124/2019. Il Ministero ha confermato il coefficiente di 1,01, già in vigore nel 2020.

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di Interpello n. 371 del 24 maggio 2021, ha affrontato il tema della rilevanza ai fini delle Imposte dirette del rimborso delle spese sostenute dai lavoratori dipendenti in smart working per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al Servizio di connessione dati internet.

Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che i redditi di lavoro dipendente di cui all’art. 49 del Tuir sono disciplinati, ai sensi del successivo art. 51, comma 1, dal Principio di onnicomprensività, in applicazione del quale “tutte le somme ed i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”, costituiscono reddito imponibile per il dipendente. In generale quindi, anche le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest’ultimo, reddito di lavoro dipendente, salvo quanto previsto, per le trasferte e i trasferimenti, dai commi 5 e seguenti del medesimo art. 51. 

In relazione alla rilevanza reddituale dei rimborsi spese, si fa presente che l’Amministrazione finanziaria, con la Circolare Mef n. 326/1997, ha ritenuto in generale che possano essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per snellezza operativa, ad esempio per l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, ecc.. Inoltre, in relazione ai rimborsi documentati delle spese sostenute dal telelavoratore, con la Risoluzione n. 357/E del 2007, si è ritenuto che le somme erogate per rimborsare i costi dei collegamenti telefonici non siano da assoggettare a tassazione essendo sostenute dal telelavoratore per raggiungere le risorse informatiche dell’Azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e quindi poter espletare l’attività lavorativa. In ragione di tali argomentazioni, il Documento di prassi da ultimo citato ha precisato che il rimborso documentato dei costi relativi ai collegamenti telefonici configura l’ipotesi considerata dalla citata Circolare n. 326/1997 di rimborso di spese di interesse esclusivo del datore di lavoro anticipate dal dipendente e, come tali, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente. 

L’Agenzia ha poi fatto presente che le spese sostenute dal lavoratore e rimborsategli in modo forfetario, sono escluse dalla base imponibile (es. rimborso interessi mutuo; canone locazione fabbricati, ecc.). Inoltre, con la Risoluzione. 74/E del 2017, l’Amministrazione finanziaria ha osservato che laddove invece il Legislatore non abbia indicato un criterio ai fini della determinazione della quota esclusa da imposizione, perché riferibile all’interesse del datore di lavoro, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente. 

In relazione alla fattispecie in esame, l’Agenzia ha osservato che il rimborso da parte del datore di lavoro non è relativo al solo costo riferibile all’esclusivo interesse del datore di lavoro, dal momento che la Società istante rimborserebbe tutte le spese sostenute dal lavoratore per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet. Inoltre, la relazione tra l’utilizzo della connessione internet e l’interesse del datore di lavoro è dubbio, in quanto il contratto relativo al traffico dati non è scelto e stipulato dal datore di lavoro che, limitandosi a rimborsarne i costi, rimarrebbe estraneo al rapporto negoziale instaurato con il gestore. Inoltre, dalla descrizione della fattispecie non emerge l’importo del costo che verrebbe rimborsato dal datore di lavoro, consentendo così al dipendente un pieno accesso a tutte le funzionalità oggi fruibili e offerte dalla tecnologia presente sul mercato. 

Sulla base di quanto osservato, l’Agenzia è dell’avviso che nella fattispecie descritta dall’istante, il costo relativo al traffico dati che la Società istante intende rimborsare al dipendente, non essendo supportato da elementi e parametri oggettivi e documentati, non sembra poter essere escluso dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente e, conseguentemente, rileverà fiscalmente nei confronti dei dipendenti ai sensi dell’art. 51, comma 1, del Tuir.

Con riferimento ai profili Ires, l’art. 95 del Tuir dispone che “le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, salvo il disposto dell’art. 100, comma 1”. Tale ultima disposizione prevede che “le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla Dichiarazione dei redditi”. 

Nel caso di specie, si è in presenza di un rimborso spese accordato al dipendente in smart working per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet (attraverso un device mobile oppure un impianto fisso domiciliare). Il predetto rimborso spese, per quanto rappresentato in Istanza, risulta sostenuto per soddisfare un’esigenza del dipendente, legata alle modalità di prestazione dell’attività in “lavoro agile”, che concorre ad assicurare la rispondenza della retribuzione alle esigenze del lavoratore. In altri termini, nella misura in cui l’attivazione della connessione dati internet rappresenta un obbligo implicito della prestazione pattuita, l’Agenzia ha ritenuto in linea generale che i predetti rimborsi siano deducibili, ai sensi dell’art. 95, comma 1, del Tuir, in quanto assimilabili alle “Spese per prestazioni di lavoro”. 

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