06/12/2017 – Il sistema sanzionatorio nella prevenzione della corruzione

Il sistema sanzionatorio nella prevenzione della corruzione

 
 

Il sistema di prevenzione della corruzione, nell’ordinamento italiano, è inteso come un insieme di prescrizioni adempimentali, la cui attuazione ha lo scopo di contenere il rischio corruttivo. Certamente si tratta di una visione “burocratica” del fenomeno e della sua soluzione, fortemente limitata all’ambito della produzione di atti o all’effettuazione di adempimenti, trascurando il fatto che, proprio il codice penale, a seguito della riscrittura dell’articolo 319, per opera della legge 190/2012, ha abbandonato la visione della corruzione “per atto di ufficio” per migrare verso “l’esercizio della funzione”. La corruzione, infatti, non si manifesta solo attraverso la produzione di atti, ma (soprattutto) attraverso interferenze e pressioni nei confronti di chi deve adottare decisioni o emanare atti.

Tuttavia, la scelta adottata nel nostro ordinamento, che consiste nella individuazione di “misure” intese come prescrizioni adempimentali ha prodotto inevitabilmente l’esigenza di individuare, in parallelo, un sistema sanzionatorio in caso di mancata attuazione, indipendentemente dall’effettivo insorgere di fenomeni corruttivi. E tale indipendenza deve essere intesa nel senso della possibilità di applicare sanzioni per la mancata attuazione delle misure, anche se non si sia verificato alcun evento corruttivo, così come dell’assenza di sanzioni, nel caso in cui le misure risultino previste e attuate, anche in presenza di eventi conclamati di corruzione. Quest’ultima ipotesi si è manifestata, per esempio, in alcune università italiane, i cui vertici risultano indagati per fatti corruttivi, ma i cui piani di prevenzione risultano conformi a ogni prescrizione normativa e metodologica. E non si ha notizia di interventi sanzionatori nei confronti di chi ha predisposto il piano.

Premesso, quindi, che la prevenzione della corruzione deve essere intesa come previsione, attuazione e monitoraggio di prescrizioni adempimentali, denominati “misure” e individuate in relazione alla possibilità del verificarsi di un rischio corruttivo, è opportuno ribadire che la semplice “mancata attuazione” è da intendersi come “illecito disciplinare”. Utilizzano proprio questa espressione sia la legge 190/2012, all’articolo 1, comma 14, con riferimento alla “violazione delle misure di prevenzione”, sia l’art. 45, comma 4, del decreto legislativo 33/2013 (modificato dal decreto legislativo 97/2016) con riferimento al “mancato rispetto dell’obbligo di pubblicazione”.

C’è quindi una stretta correlazione tra il mancato rispetto degli obblighi in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza e la responsabilità di tipo disciplinare.

Ciò è confermato anche dalla nuova versione del comma 7 dell’unico articolo della legge 190 che reca: “Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza segnala all’organo di indirizzo e all’organismo indipendente di valutazione le disfunzioni inerenti all’attuazione delle misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza e indica agli uffici competenti all’esercizio dell’azione disciplinare i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e di  trasparenza”.

Si delinea così un quadro da cui si evince che compete a ogni amministrazione, sia la prescrizione delle misure, sia la verifica della loro attuazione, sia l’applicazione di misure sanzionatorie, laddove si verifichino delle “disfunzioni”.

Al riguardo non è da sottovalutare la portata del nuovo comma 8-bis della stessa legge 190/2012 che, nell’ultimo periodo, afferma che “l’organismo medesimo [OIV] riferisce all’Autorità nazionale anticorruzione sullo stato di attuazione delle misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza”.

Da quest’ultima affermazione si deduce che le misure di prevenzione debbono essere oggetto di monitoraggio e rendicontazione sullo stato della loro attuazione, nonché di relazione all’ANAC, anche se ancora non è stata esplicitata la forma attraverso la quale effettuare tale comunicazione. E c’è da augurarsi che tutto non si riduca nel solito foglio elettronico con domande banali e le risposte bloccate.

In verità, la prescrizione di questi obblighi era già espressamente contenuta negli articoli 8 e 9 del D.P.R. 62/2013. Il primo dei due afferma, infatti, che “Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell’amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell’amministrazione di cui sia venuto a conoscenza”. Il successivo articolo 9, nel primo dei due commi, afferma che “Il dipendente assicura l’adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell’elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all’obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale”.

Si tratta dunque già di obblighi comportamentali, la cui violazione comporta sanzioni disciplinari, ma si è reso necessario un intervento legislativo per evidenziarne l’efficacia e soprattutto per affermare un principio importante: la prevenzione della corruzione non è questione riservata all’Autorità nazionale anticorruzione, né al responsabile della prevenzione, ma rientra tra gli obblighi a cui sono soggetti tutti i dipendenti, al pari degli altri “doveri costituzionali” come la diligenza, la lealtà, l’imparzialità e il servizio esclusivo alla cura dell’interesse pubblico (art. 54 del decreto legislativo 165/2001). Ma soprattutto, la violazione degli obblighi, anche in materia di prevenzione della corruzione, può essere rilevata da chiunque e segnalata al Responsabile della prevenzione a cui compete la vigilanza e in caso di disfunzioni, anche se segnalate dall’esterno, l’avvio della procedura per l’applicazione delle sanzioni disciplinari.

 

Santo Fabiano

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