06/11/2015 – Costano cari gli acquisti centralizzati

Costano cari gli acquisti centralizzati

 
06.11.15
Gustavo Piga
 
 
La legge di stabilità prevede che per gli acquisti di molti beni e servizi di uso corrente le amministrazioni pubbliche debbano passare attraverso la Consip o le nuove centrali di acquisto regionali. È un grave errore perché non produrrà risparmi, mentre danneggerà le piccole imprese fornitrici.

Acquisti sempre più centralizzati

La legge di stabilità per il 2016 stabilisce un grado di centralizzazione finora sconosciuto degli appalti di beni e servizi presso la Consip (società di proprietà del ministero dell’Economia) e le nuove centrali d’acquisto regionali.

Dal 2017 infatti per specifiche merceologie di uso ricorrente (energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile) si abolisce la possibilità per le stazioni appaltanti di procedere ad acquisti autonomi, anche quando potrebbero approvvigionarsi per conto proprio a prezzi inferiori. Gli obblighi d’acquisto centralizzato tramite le convenzioni Consip vengono estesi a tutti gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici nonché alle agenzie fiscali. Inoltre, gli enti locali avranno da ora in avanti l’obbligo di ricorrere a Consip o alle altre “Consip regionali” per specifici beni e servizi, oltre una certa soglia. Si introduce poi la definizione di “caratteristica essenziale” di un bene o servizio, con la quale si intende forzare un’amministrazione ad aderire alle convenzioni o ad applicare, quale limite massimo per i propri acquisti autonomi, i prezzi di aggiudicazione di quelle. Per ultimo, le amministrazioni pubbliche potranno approvvigionarsi di beni e servizi informatici esclusivamente tramite Consip o le “Consip regionali”.

Più danni che vantaggi

Queste mosse genereranno i risparmi da tempo attesi? La spending review finalmente funzionerà, così da rilanciare lo sviluppo del paese? Ho molti dubbi al riguardo.

Primo, perché a causa della maggiore centralizzazione la dimensione delle gare d’appalto crescerà ulteriormente (basta ricordare, come ha fatto Raffaele Cantone, che la dimensione media dei lotti in Italia è salita dal 2011 al 2014 del 33 per cento, da 600mila a 800mila euro), rendendo ancora più difficile la vita a micro, piccole e medie imprese che dalla domanda pubblica dovrebbero invece ottenere quelle commesse che rappresentano ossigeno e occasione di crescita dimensionale. Cosa che avviene per esempio negli Stati Uniti, dove l’aggregazione è scoraggiata (per farlo bisogna dimostrare risparmi particolarmente consistenti) e si riservano appalti alle piccole imprese. O come avviene in Corea del Sud, dove la centralizzazione non riguarda le gare, ma l’informazione: le stazioni appaltanti rimangono infatti autonome, le piccole imprese hanno i loro appalti riservati, ma il primo ministro ha la possibilità di controllare in tempo reale se vi sono sprechi, dato che tutte le gare si svolgono sulla stessa piattaforma on-line.

Secondo, perché la legge scoraggia le migliori stazioni appaltanti dal darsi da fare per spuntare buone condizioni di prezzo. Leggere per credere: le amministrazioni pubbliche locali più virtuose che riescono a fare meglio di Consip (magari perché più vicine alle imprese e quindi con minori costi di trasporto o magari perché più competenti della pur brava Consip su una specifica merceologia) saranno obbligate a comprare ai più alti prezzi Consip.

Il paradosso è ancora più clamoroso se si pensa che ci apprestiamo ad approvare una nuova direttiva europea sugli appalti tutta basata sulla fiducia e la maggiore discrezionalità delle stazioni appaltanti. Il disegno di legge di stabilità invece di assicurarsi che le peggiori imparino a comprare bene, si preoccupa che le migliori non comprino a prezzi più bassi. Altro che fiducia e discrezionalità…

Terzo, tutte le proposte governative sono incentrate su tagli lineari o su decisioni di spesa che non eliminano gli sprechi: la previsione dei tagli di spesa ai ministeri, dove si penalizzano di più le amministrazioni che hanno fatto meno ricorso a Consip e non quelle che hanno sprecato di più; la mancanza nel 2016 di tagli alle regioni, indipendentemente dal fatto che l’una abbia speso meglio o peggio dell’altra; il grave taglio del 50 per cento della spesa annua complessiva di beni e servizi informatici.

Vale la pena soffermarsi su quest’ultimo punto. Gli investimenti in informatica sono un fattore fondamentale e indispensabile per ottenere risultati rilevanti nella lotta all’evasione e alla criminalità, nella prevenzione sanitaria, nella gestione del rischio idrogeologico e, in generale, in tutti gli elementi di gestione di una società moderna e complessa. La spesa informatica va certamente riqualificata, riducendo gli sprechi: ad esempio, il consolidamento dei centri di calcolo consentirebbe risparmi significativi in termini di investimenti, personale e costi di gestione. Ma si tratta di un progetto complesso, che va gestito con professionalità e che necessita di investimenti.

In conclusione, una legge di stabilità che non stanzia risorse per rafforzare le professionalità delle stazioni appaltanti, distrugge il tessuto delle piccole imprese e riduce la spesa senza tagliare gli sprechi è quanto di peggio si poteva immaginare per la ripresa e lo sviluppo del paese.

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