05/10/2022 – PNRR e risvolti sul processo amministrativo: aspetti problematici.

1.. L’ambito di applicazione del rito accelerato PNRR – 2. Il peculiare regime previsto in caso di accoglimento dell’istanza cautelare – 3. Le parti necessarie nei giudizi PNRR davanti al giudice amministrativo – 4.   Conclusioni.

  

 

  1. L’ambito di applicazione del nuovo rito accelerato PNRR

 

In primo luogo, va perimetrato il campo di applicazione delle disposizioni processuali di carattere speciale di cui al richiamato art. 12-bis del d.l. n. 68/2022. In tal senso, la norma si caratterizza per il suo ampio respiro, tanto da ritenersi applicabile a “qualsiasi procedura amministrativa che riguardi interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR”.

Dalla sua formulazione letterale, la disposizione pare voler chiudere la porta a eventuali interpretazioni restrittive, intese a circoscrivere la portata dei suoi effetti, ad esempio, alle sole procedure a evidenza pubblica riconducibili ai finanziamenti PNRR. Del resto, un’impostazione ermeneutica di tal fatta potrebbe altresì essere esclusa facendo leva su un’argomentazione di carattere sistematico, posto che i prefati procedimenti sono già assoggettati alle speciali regole processuali di cui agli artt. 119 e 120 c.p.a., ai quali peraltro il d.l. n. 68/2022 effettua un rinvio con l’art. 12-bis, co. 5[1].

Non sfugge, per converso, la portata estremamente ampia della disposizione in commento, che si riferisce a qualsiasi procedura amministrativa afferente a interventi finanziati, anche solo in parte e non in toto, con fondi PNRR. Si tratta, dunque, di una vasta gamma di procedure che, in regime ordinario, non rientrerebbero nell’ambito dei riti accelerati previsti dal c.p.a. ma che, nei prossimi anni, laddove le stesse dovessero incrociare nel loro percorso finanziamenti, anche solo parziali, afferenti ai fondi del Piano in commento, dovranno essere trattate in sede giurisdizionale mediante l’applicazione delle disposizioni processuali di cui al richiamato d.l. n. 68/2022.

La previsione di una panoplia così ampia di procedimenti da assoggettare al nuovo rito accelerato rappresenta, forse, l’elemento di criticità più evidente della norma, posto che la sua efficacia, in termini di conseguimento di un’effettiva accelerazione dei giudizi amministrativi in materia, è indirettamente proporzionale alla quantità dei casi pratici a cui questa pretende di applicarsi che, nel caso di specie, potrebbero essere davvero un numero significativo, vista l’elevata consistenza in termini economici del PNRR e la sua trasversalità[2].

Ulteriore elemento peculiare è rappresentato dall’applicazione oggettiva del regime processuale in questione che prescinde, a quanto pare, dall’effettiva conoscenza delle parti che la causa abbia a oggetto fondi PNRR.

In merito, la norma, da un lato, impone all’amministrazione di rappresentare al giudice la circostanza che la controversia abbia a oggetto, anche solo in parte, questioni relative a fondi PNRR, senza peraltro prevedere alcun termine in tal senso[3]. Quest’ultima scelta rappresenta, a parere di chi scrive, un evidente problema, posto che l’inerzia della p.a. nel rappresentare che la causa rientri nell’ambito del PNRR potrebbe pregiudicare il corretto svolgimento del giudizio, quantomeno nel caso in cui il giudice e le altre parti fossero messe a conoscenza di tale circostanza solo a giudizio già inoltrato, dovendosi procedere a una mutazione del rito in itinere, con le inevitabili conseguenze che successivamente verranno analizzate.

Dall’altro lato, poi, la disposizione in parola devolve al potere officioso riservato all’organo giudicante di indagare e, se del caso, accertare, la riconducibilità della res litigiosa nell’ambito della sfera di influenza dei finanziamenti PNRR, così come espressamente statuito dal comma 1 del richiamato art. 12-bis. Anche tale statuizione non pare immune da profili problematici, posto che l’estrema ampiezza dei procedimenti amministrativi su cui incideranno i fondi PNRR nei prossimi anni dovrebbe suggerire al giudice di compiere un’attività istruttoria in merito, con evidente dilatazione dei tempi di trattazione della causa.

Aspetto correlato a quanto finora esposto è quello della non certo agevole individuazione, in concreto, dei casi a cui il nuovo rito accelerato debba essere applicato, ben potendo sussistere delle ipotesi di interventi finanziati, anche solo in parte e in modo “occulto” con fondi PNRR, magari da un’altra p.a. rispetto a quella resistente, in sede di adozione di atti presupposti; così come ben potrebbe essere che determinati interventi già avviati e oggetto di controversia vengano, in via sopravvenuta, finanziati con fondi PNRR, facendo così venire in rilievo un’ulteriore ipotesi di mutamento in corsa del rito processuale.

La questione, come ben si può comprendere, risulta essere particolarmente delicata, alla luce delle conseguenze che l’incerta (così come la sopravvenuta) applicazione del rito in questione possono determinare, specie con riferimento alle garanzie difensive delle parti che potrebbero accorgersi ex post di essere incorsi in delle decadenze, considerato che dall’applicazione ai giudizi PNRR dell’art. 119, co. 2 c.p.a., così come espressamente prescritto dall’art. 12-bis, co. 5 del d.l. n. 68/2022, discende la dimidiazione di tutti i termini processuali, ad eccezione di quelli previsti per la proposizione del ricorso introduttivo, dei motivi aggiunti e del ricorso incidentale.

In un contesto di tal fatta, dunque, ben potrebbe verificarsi che alcune parti si avvedano tardivamente di essere incorse in delle decadenze rilevanti ai fini difensivi o, addirittura, sanzionate con l’irricevibilità del gravame[4], non restando loro altra chance se non quella di tentare di trovare rifugio nell’istituto dell’errore scusabile di cui all’art. 37 c.p.a. che, per poter trovare applicazione, richiede la sussistenza di “oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto”.

Ad ogni modo, nell’attesa di appurare come la giurisprudenza amministrativa valuterà tali questioni, quello che appare evidente, al momento, è l’incertezza sull’individuazione di confini certi entro cui applicare il rito in speciale in argomento che, invero, rappresenta uno dei vulnus più importanti della novella normativa in esame. 

 

 

  1. Il peculiare regime previsto in caso di accoglimento dell’istanza cautelare e l’applicabilità degli artt. 119 e 120 c.p.a. alle controversie in materia di PNRR

 

Come da rubrica, l’art. 12-bis del d.l. n. 68/2022 intende imprimere un’accelerazione ai giudizi amministrativi riferibili, in qualsiasi modo, ai finanziamenti del PNRR, introducendo una nuova ipotesi di rito accelerato. La ratio è chiara: impedire che il protrarsi di pendenze giudiziarie possa mettere a repentaglio il rispetto dei termini fissati per la realizzazione degli interventi riconducibili al Piano. Si tratta, visto il particolare momento storico e l’entità non certo trascurabile dei finanziamenti in questione, di un interesse pubblico particolarmente rilevante che, tuttavia, non può sfuggire de plano al bilanciamento con altri interessi e con la necessità di assicurare la necessaria tutela a diritti di rango costituzionale riconosciuti ai cittadini, tra cui spiccano il diritto a difesa e quello di poter contare su una tutela giurisdizionale compiuta ed effettiva.

Orbene, la novella normativa in questione prevede, in primo luogo, la necessità di un celere svolgimento dell’udienza di merito nel caso in cui, in sede cautelare, il giudice amministrativo abbia deciso di accogliere l’istanza di parte ricorrente.

Il comma 1, dell’art. 12-bis, del d.l. n. 68/2022, in particolare, dispone che il giudice, ove accolga la domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente, fissi altresì la data per la discussione di merito alla prima udienza pubblica successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dal deposito dell’ordinanza. Pertanto, la celere fissazione dell’udienza di merito trova applicazione solo nel caso in cui sia stata accolta l’istanza per la concessione di misure cautelari e non nei diversi casi in cui questa non sia stata formulata ovvero sia stata respinta.

La fissazione dell’udienza di merito negli stretti termini di cui sopra trova altresì applicazione nel caso in cui la statuizione cautelare di segno negativo adottata dal giudice di prime cura sia oggetto di successiva riforma in sede di appello, nel qual caso, però, l’anzidetto termine di trenta giorni decorre dalla data di ricevimento dell’ordinanza da parte della segreteria del T.A.R.

Peculiare è, altresì, l’effetto derivante dal mancato rispetto della scadenza succitata da parte dell’organo giudicante, posto che l’ultimo periodo del primo comma in argomento sancisce come la misura cautelare perda di efficacia. Nello specifico la norma prevede che “Nel caso in cui l’udienza di merito non si svolga entro i termini previsti dal presente comma, la misura cautelare perde efficacia”. 

Orbene, dal prefato portato letterale non pare agevole comprendere se gli effetti della precedente pronuncia cautelare favorevole decadano soltanto laddove il giudice fissi l’udienza di merito in una data successiva rispetto al termine indicato dalla legge, oppure se anche la mancata celebrazione dell’udienza per altri motivi determini lo stesso effetto. 

In ogni caso, il comma 2, del richiamato articolo 12-bis impone al giudice, nell’ordinanza cautelare di accoglimento ovvero nel provvedimento di fissazione dell’udienza, un vero e proprio obbligo di motivazione rafforzata, essendo egli tenuto a pronunciarsi sulla compatibilità della misura cautelare adottata e della data dell’udienza fissata per il merito, con riferimento ai termini previsti per l’attuazione del PNRR.

Si tratta di una disposizione che non brilla per chiarezza, atteso che non è possibile desumere, con sufficiente certezza, se essa si riferisca all’ipotesi in cui il giudice disponga una misura cautelare e fissi l’udienza di merito nel rispetto dei termini imposti dallo stesso decreto legge ovvero se tale obbligo motivazionale sia riferito ai soli casi in cui il g.a., non potendo per questioni di saturazione dei ruoli, rispettare le stringenti scadenza di cui sopra, sia costretto a fissare l’udienza in un momento successivo. Nel primo caso, peraltro, la pronuncia sulla compatibilità, sia in punto di misure cautelari adottate sia con riferimento alla data dell’udienza, con i termini di scadenza del PNRR pare essere quantomeno superflua. Se è il legislatore ad aver imposto delle stringenti tempistiche in tal senso, avendo effettuato a monte un bilanciamento tra i contrapposti interessi coinvolti e avendo previsto la caducazione degli effetti della misura cautelare in caso di mancato rispetto delle stesse, non si comprende perché il giudice dovrebbe motivare sulla compatibilità di una data di udienza fissata entro i succitati termini di legge. Viceversa, volendo aderire alla seconda tesi, secondo cui l’obbligo motivazionale sarebbe da intendersi riferito ai soli casi in cui non sia possibile rispettare la tempistica fissata dal decreto legge in parola per la fissazione dell’udienza di merito, ecco che la valutazione dovrebbe arrestarsi alla compatibilità della data scelta con il termine di scadenza per l’attuazione del PNRR, atteso che la misura cautelare, comunque, perderebbe di efficacia.

Oltre che sulla sollecita fissazione dell’udienza di discussione e sugli effetti delle misure cautelari disposte dal giudice amministrativo, la novella normativa prevede che, in ogni caso, alle controversie relative ai fondi PNRR si applichino sia l’art. 119, co. 2 che l’art. 120, co. 9 c.p.a.

Al riguardo, come già precisato dai primi interventi della giurisprudenza amministrativa[5], va precisato come il rinvio effettuato alla peculiare disciplina prevista in materia di rito abbreviato e appalti sia solo parziale.

Come già si è avuto modo di precisare in precedenza, l’art. 119, co. 2 c.p.a. prevede che tutti i termini processuali siano dimidiati, ad eccezione di quelli previsti per la proposizione dell’atto introduttivo del giudizio, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti. La disposizione di cui all’art. 120, co. 9 c.p.a., prevista in materia di appalti, invece, impone al giudice di depositare la sentenza entro quindici giorni dall’udienza di discussione, prevedendo altresì, nei casi di complessa motivazione, di poter pubblicare, entro lo stesso termine, il solo dispositivo, dovendo in ogni caso la sentenza essere depositata, per intero, entro trenta giorni.

 

  1. Le parti necessarie nei giudizi PNRR davanti al giudice amministrativo

 

Un ultimo aspetto di interesse è senz’altro rappresentato dalla previsione di cui al comma 4, del richiamato art. 12-bis del d.l. n. 68/2022, dal momento che dispone “Sono parti necessarie dei  giudizi  disciplinati  dal  presente articolo  le amministrazioni  centrali  titolari  degli   interventi previsti nel PNRR, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, lettera l), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, per  le  quali si  osservano  le disposizioni delle leggi speciali che  prescrivono  la  notificazione presso gli uffici dell’Avvocatura dello Stato. Si applica  l’articolo 49 del codice del processo amministrativo”.

Anche questa disposizione ha un contenuto che non pare così agevole da coniugare con quelle che sono le norme sul processo amministrativo in tema di parti necessarie del giudizio, tra le quali, oltre al ricorrente, devono essere ricomprese le amministrazioni resistenti e i controinteressati. Mentre le prime sono rappresentate dagli enti pubblici cui sono riferibili gli atti impugnati, i secondi sono invece quei soggetti, pubblici o privati, titolari di un interesse opposto a quello vantato dalla parte ricorrente. In sostanza, il controinteressato è colui che mira a preservare, a differenza di chi propone il ricorso principale, l’assetto degli interessi delineato dal provvedimento amministrativo oggetto di contestazione nel giudizio perché dallo stesso trae un vantaggio giuridicamente tutelabile[6].

Tanto premesso, appare evidente come la norma in commento, così come formulata, finisca per determinare un ampliamento, per i soli giudizi riconducibili al rito PNRR, della platea dei soggetti legittimati a partecipare al giudizio in qualità di parti necessarie. Del resto, ove così non fosse, la disposizione sarebbe del tutto superflua, atteso che l’evocazione in giudizio delle pubbliche amministrazioni, sia nella loro veste di parti resistenti ovvero di controinteressati, è già contemplata dal codice di rito amministrativo vigente, alle condizioni sopra citate.

Aspetto interessante da considerare è che la disposizione in commento non precisa se dette amministrazioni centrali debbano essere citate in qualità di resistenti ovvero di controinteressate e, si badi bene, la distinzione non è certo di poco conto. Basti pensare, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, che la mancata vocatio di tutte le amministrazioni che abbiano adottato, di concerto, il provvedimento impugnato (c.d. atto amministrativo complesso) determina l’inammissibilità del gravame[7], mentre la mancata estensione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti controinteressati non comporta la stessa sorte giudiziale, essendo possibile il suo perfezionamento in via postuma, ai sensi dell’art. 49 c.p.a., quantomeno nei casi in cui il ricorso sia stato previamente notificato ad almeno uno dei controinteressati ex art. 41, co. 2 c.p.a.

A favore della qualificazione delle amministrazioni in commento alla stregua di controinteressati milita sia il fatto che le stesse non abbiano adottato i provvedimenti gravati (altrimenti dovrebbe trovare applicazione la richiamata disciplina prevista per l’atto complesso), sia l’espresso riferimento all’applicabilità dell’art. 49 c.p.a., effettuato dall’ultimo periodo dell’art. 12-bis, co. 4, del d.l. n. 68/2022.

Il prefato art. 49 del codice di rito amministrativo, in particolare, prevede in via espressa che “Quando il ricorso sia stato proposto solo contro taluno dei controinteressati, il presidente o il collegio ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri”.

Tuttavia, pare opportuno rammentarlo, ove le amministrazioni in parola vantassero un interesse sostanzialmente opposto a quello di parte ricorrente, le stesse avrebbero comunque dovuto essere evocate in giudizio come controinteressate, in applicazione delle norme ordinarie sul processo amministrativo, ove facilmente individuabili. Ecco che la norma, dunque, sembrerebbe voler ovviare alla possibilità che amministrazioni centrali comunque coinvolte nell’ambito dei finanziamenti PNRR relativi alla specifica controversia, possano essere escluse dal giudizio in quanto controinteressati “occulti”, ossia non immediatamente individuabili dagli atti gravati.

Se questo fosse l’intento del legislatore, non pare potersi sottacere come l’aver imposto, in via indiscriminata, la partecipazione come parti necessarie di tutte le amministrazioni centrali titolari di finanziamenti PNRR, potrebbe dare la stura alla partecipazione in giudizio di enti pubblici che, in realtà, non sono riconducibili alla prefata categoria dei controinteressati e ciò in quanto, valorizzando l’interesse vantato da ciascuna amministrazione alla sana gestione dei fondi PNRR e alla tutela dei diversi interessi pubblici ad ognuna assegnato dalla legge, ben potrebbe essere che queste si trovino a essere in disaccordo con i provvedimenti in concreto adottati dalla p.a. resistente, finendo per far valere in giudizio un interesse antagonista rispetto a quello di quest’ultima e coincidente, invece, con quello di parte ricorrente.

Nonostante il comune traguardo desiderato, non potrebbe comunque discorrersi di soggetti cointeressati, posto che il bene della vita anelato sarebbe diverso, in virtù del fatto che mentre il ricorrente agirebbe in giudizio per ottenere l’erogazione dei fondi PNRR in suo favore, le amministrazioni centrali, per contro, prenderebbero posizione al fine di tutelare l’interesse pubblico alle stesse affidato dalla legge ovvero per assicurare una migliore gestione dei finanziamenti previsti dal Piano in questione.

A ben vedere, dunque, queste otterrebbero un vantaggio riflesso dall’accoglimento del gravame, considerazione questa che svela, ancora una volta, la poca comprensibilità di una norma così congegnata, atteso che tale risultato sarebbe perseguibile anche col regime processuale ordinario, mediante l’intervento in giudizio ad adiuvandum, ma con la differenza di non poco momento che mentre la figura dell’interventore è meramente eventuale nel processo amministrativo, quella riconosciuta dalla disposizione in commento alle “altre amministrazioni centrali” è di parti necessarie del giudizio, tanto che nei loro confronti deve obbligatoriamente essere disposta l’estensione del contraddittorio[8].

Tale scelta, come risulta agevole rilevare, mette in rilievo una serie di rilevanti criticità.

Tralasciando la non certo agevole individuazione di quelle che, in concreto, devono riconoscersi a guisa di amministrazioni centrali titolari degli interventi previsti dal PNRR, nei confronti delle quali deve essere disposta l’estensione del contraddittorio, in prima battuta balza all’occhio la contraddizione in termini contenuta nel richiamato d.l. n. 68/2022 che, per un verso, mira ad accelerare la soluzione giurisdizionale delle controversie in materia di PNRR e, per altro verso, complica la dinamica processuale prescrivendo la partecipazione di una serie di amministrazioni centrali, anche nel caso in cui queste non vantino alcun concreto interesse a contraddire.

Non può neppure essere obliterato, da ultimo, l’inevitabile effetto negativo della disposizione in commento sulla durata della fase giurisdizionale nel caso di controversie cui sono sottesi aspetti riconducibili a finanziamenti PNRR non individuabili ictu oculi dal giudice e/o dalle parti. In tali casi, per vero, l’eventuale pronuncia di primo grado resa in difetto dell’estensione del contraddittorio nei confronti di tutte parti necessarie comporterebbe la sua appellabilità con applicazione dell’art. 105 c.p.a. da parte del Consiglio di Stato, con discendente rimessione della causa al giudice di prime cure, così come la proponibilità del rimedio dell’opposizione di terzo da parte delle amministrazioni centrali pretermesse, rimettendo così in discussione la res litigiosa già definita. 

 

  1. Conclusioni

 

Dalla breve disamina qui condotta dell’art. 12-bis del d.l. n. 68/2022, convertito con modificazioni dalla legge n. 108/2022, pare possibile cogliere alcuni degli aspetti problematici che rischiano di incidere in senso negativo tanto sul raggiungimento degli obiettivi del legislatore quanto sull’andamento dei processi in materia di PNRR davanti al giudice amministrativo.

Come si è avuto modo di evidenziare, la norma in parola, così come formulata, non pare trovare agevoli forme di raccordo con le vigenti disposizioni in materia di processo amministrativo, così come peraltro interpretate da consolidati orientamenti giurisprudenziali. Per altro verso, l’innegabile sacrificio imposto all’effettività della tutela dei privati (si pensi alla caducazione degli effetti della pronuncia cautelare) sull’altare delle pressanti esigenze di assicurare una celere definizione del contenzioso giurisdizionale in materia di PNRR, rischia addirittura di essere inutile, alla luce dell’alea sulla effettività possibilità di raggiungere gli obiettivi acceleratori de quibus, in considerazione dei rilevanti profili di criticità della novella normativa pocanzi evidenziati.

Per quanto precede, nelle more di appurare come la giustizia amministrativa affronterà le suesposte questioni, a parere di chi scrive parrebbe opportuno meditare sulla possibilità di procedere con una rivisitazione della norma che, allo stato, pare presentare un bilancio che depone a favore dei profili problematici piuttosto che dei vantaggi, e questo sia per i privati che per il preminente interesse pubblico alla corretta gestione dei fondi PNRR.

 

 

 Note:

 

[1] Il rinvio in questione, peraltro, come si avrà modo di precisare nel prosieguo, è solo parziale e riguarda esclusivamente l’art. 119, co. 2 c.p.a. e l’art. 120, co. 9 c.p.a.

[2] Il riferimento è alle sei missioni in cui il PNRR è articolato che spaziano dall’ambiente all’energia, dall’istruzione all’agricoltura, nonché dalla logistica all’innovazione digitale.

[3] Art. 12-bis, co. 3, d.l. n. 68/2022.

[4] Si pensi, a tal fine, all’eventuale deposito del ricorso effettuato nei trenta giorni previsti per il rito ordinario ma non entro i 15 giorni previsti dalla dimidiazione dei termini processuali.

[5] Cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, ordin. n. 2553/2022.

[6] Cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 3324/2022.

[7] Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 516/2016.

[8] Il citato art. 12-bis, co. 4, secondo periodo, del d.l. n. 68/2022, fa espresso riferimento all’art. 49 c.p.a.

 

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