04/11/2020 – Sulla possibilità, per il concessionario che non sia un’amministrazione pubblica (anche o soprattutto se non qualificato per l’esecuzione dei lavori) di appaltare a terzi i lavori previsti in concessione in luogo del loro affidamento in subap

A fronte della risposta negativa di ANAC e dei dubbi del Consiglio di Stato in sede consultiva, sopravviene la risposta favorevole di 

T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 28 ottobre 2020, n. 10997. 

È necessario fare alcune premesse per non ingenerare ulteriore confusione: 

a) si tratta di una pronuncia in primo grado, quindi non scrutinata dal giudice d’appello e, anche una volta passata in giudicato, come noto «una rondine non fa primavera»; 

b) riguarda una concessione mista di servizi con lavori strumentali, anche se non pare vi sia ragione per non estenderne le conclusioni alle concessioni di lavori, sia per l’unitarietà dei due ambiti operata dalla direttiva 2014/23/UE (Tanto che T.A.R. Lazio sembra darla per scontata), sia per ragioni logico-sistematiche 

c) il Consiglio di Stato, sezione I, in sede consultiva (adunanza del 22 aprile 2020), nel parere n. 823 – Affare 00196/2020, in occasione dell’esame del «contratto- tipo» per i PPP, proposto dal MEF, pur avendo espresso notevoli dubbi, generati dalle disposizioni contraddittorie presenti nel Codice dei contratti del 2016, non ha offerto una soluzione certa. 

La questione posta a suo tempo dal Consiglio di Stato e oggi giunta al TAR Lazio, per quanto non ancora consolidata, si può riassumere come segue: 

Nelle Concessioni (di lavori o miste, ovvero di servizi con lavori strumentali) l’esecuzione dei lavori, fermo restando che deve essere affidata ad operatori qualificati a tale scopo (in Italia mediante adeguate attestazioni SOA), può essere assunta: 

a) solo dal Concessionario, qualificato esso stesso nei lavori, il quale può ricorrere a subappaltatori qualificati (cosiddetto subappalto facoltativo); 

b) solo dal Concessionario, anche non qualificato nei lavori, il quale deve ricorrere a subappaltatori qualificati (cosiddetto subappalto qualificante o subappalto necessario) [1]; 

c) dagli operatori economici cosiddetti «non terzi», cioè: 

i) soci del Concessionario, (o meglio, soci della Società di progetto concessionaria) o facenti parte del raggruppamento temporaneo concessionario, in ogni caso ovviamente qualificati; 

ii) collegati al Concessionario [2], anche in questo caso qualificati nell’esecuzione dei lavori; 

d) selezionati dal Concessionario, mediante procedura pubblica [3], adeguatamente qualificati per l’esecuzione dei lavori. 

1 Anche se tale fattispecie di subappalto è stata ricostruita dalla giurisprudenza in materia di appalti (e in particolare di appalti di lavori) e soffre di notevoli differenze se applicata alle concessioni. 

2 Per imprese «collegate» ai sensi dell’art. 149 del Codice del 2006 si intendono anche le imprese controllate o controllanti; oggi ex art. 174, comma 1, del Codice del 2016 e senza alcun nesso con la definizione di cui all’art. 3, comma 1, lettera z). 

3 In realtà con una delle procedure di affidamento previste per le pubbliche amministrazioni, dal momento che in tale ipotesi, il Concessionario diventava Stazione appaltante dei (soli) lavori avuti in Concessione. 

Quanto alle fattispecie a) e b), i subappaltatori potevano e possono essere senz’altro scelti dal Concessionario senza vincoli, ovvero senza ricorrere a procedure selettive [4]. 

Quanto alla fattispecie di cui alla lettera c), sub. i), sul punto non vi sono dubbi, trattandosi di casi previsti (quasi) negli stessi termini dal Codice abrogato del 2006 e dal nuovo Codice del 2016, seppure non senza qualche lacuna o imprecisione. 

Quanto alla fattispecie di cui alla lettera c), sub. ii), non è affrontata né dal citato parere del Consiglio di Stato né dal T.A.R. ma qui si riporta per ragioni di completezza e attualità. Ebbene, mentre nel Codice del 2006, con l’articolo 149, comma 6, tali imprese collegate dovevano essere dichiarate in fase di gara da parte dell’Offerente, in un elenco «completo» [5] da aggiornare in relazione alle modifiche intervenute nelle relazioni tra le imprese, nel nuovo Codice del 2016 ci si limita a dire che tali imprese non si considerano «terzi». Ne discende, seppure nel silenzio della nuova norma, che anche dopo l’abrogazione del Codice del 2006, l’Offerente debba indicare la presenza, con i relativi requisiti (e l’assenza dei motivi di esclusione ex articolo 80) almeno di quelle imprese collegate che intende utilizzare (o che deve necessariamente utilizzare) in tutto o in parte nell’esecuzione dei lavori in Concessione, sia per ragioni immediatamente comprensibili che per una sorta di avvalimento atipico [6]. 

Nei casi di cui alle lettere a) e b), tra il Concessionario e i subappaltatori sarà rilevante un contratto di subappalto e l’applicazione di tutta la relativa disciplina (per la parte sopravvissuta alle demolizioni operate dalla Corte di Giustizia della U.E.), contratto noto alla Concedente in quanto depositato presso la stessa, che ha autorizzato il subappalto previa verifica della qualificazione in capo ai subappaltatori. 

Anche nei casi di cui alla lettera c), tra il Concessionario e le imprese socie o raggruppate, oppure collegate, intercorrerà un contratto d’appalto, sottratto alle clausole tipiche dei contratti pubblici (a meno che questa siano inserite per volontà delle parti). Ma si tratta di contratti diversi dai contratti di subappalto, non ne soffrono le condizioni e i limiti, né la necessità di autorizzazione preventiva. Ora la norma non dispone alcunché sul punto, per cui è più che raccomandabile che il Concedente, nella sua autonomia, imponga sin dall’origine al Concessionario di individuare tali imprese «non terze» (quelle socie della società o raggruppate, sono già note e, ragionevolmente, già qualificate, quelle collegate note se la loro presenza è dichiarata preventivamente), per evitare l’intervento di imprese sconosciute allo stesso Concedente, ma soprattutto imponga il deposito presso di sé di copia dei contratti tra il Concessionario e tali imprese considerate «non terze». Il Concedente non avrà il potere di sindacare l’autonomia contrattuale degli operatori, ma dovendo esercitare un effettivo potere di vigilanza sull’andamento della Concessione, non potrà omettere la conoscenza di tali contratti. 

La fattispecie di cui alla lettera d) è il vero «nucleo duro» della vicenda, che comporta il reale quesito sottostante a tutte le argomentazioni: un Offerente può concorrere all’affidamento di una Concessione e, se aggiudicatario, può assumere la figura di Concessionario senza avere alcuna 

4 In disparte l’idiozia dell’obbligo di indicare preventivamente in gara i nominativi di una terna di subappaltatori (obbligo attualmente sospeso fino al 1° gennaio 2021), come se fosse possibile prevedere e congelare i subappaltatori in una Concessione che dura venti o trent’anni. 

5 In realtà nella prassi era tollerato che l’elenco riguardasse solo le imprese collegate coinvolte nel procedimento, ovvero destinatarie dell’affidamento dei lavori nell’ambito della Concessione. 

6 Non essendo ammissibile che i lavori possano essere affidati direttamente (e questo sarebbe pienamente legittimo) ad imprese che, per quanto siano collegate al Concessionario, sono sconosciute al Concedente. 

qualifica per l’esecuzione dei lavori? 

A questa domanda, ben articolata ma rimasta insoluta nel parere di Palazzo Spada, T.A.R. Roma sembra dare una risposta positiva (con tutte le riserve del caso). Ne discende il seguente corollario: in tal caso, considerato che è indubbio che l’esecuzione dei lavori possa essere fatta solo da operatori qualificati, il Concessionario sprovvisto di adeguata qualifica in tale senso e che non dispone di imprese qualificate socie o collegate può (ma sarebbe il caso di dire «deve») appaltare a terzi tali lavori oppure può (ma anche qui si deve dire «deve») solo subappaltare detti lavori? 

Il legislatore, sia nel 2006 che nel 2016, ha glissato sulla possibile presenza di più livelli di figure coinvolte nelle Concessioni (come in tutti i contratti di PPP): 

1° livello (scontato e ineludibile): l’amministrazione concedente; 

2° livello: l’aggiudicatario della Concessione, ovvero il Concessionario, il qualunque forma organizzato (di norma un raggruppamento «eterogeneo» che poi sfocia in una Società di progetto); 

3° livello: l’esecutore dei lavori, che a sua volta può essere: 

sub. a): il Concessionario, qualificato per l’esecuzione dei lavori (e in tal caso si risale al 2° livello); 

sub. b): il subappaltatore, qualificato per l’esecuzione dei lavori, liberamente contrattualizzato dal Concessionario, nei limiti e alle condizioni in materia di subappalto nelle Concessioni (articolo 174 del Codice, e articolo 105 solo per quanto applicabile e richiamato); 

sub. c): l’impresa «non terza» (socia, raggruppata o collegata), qualificata per l’esecuzione dei lavori, liberamente contrattualizzata dal Concessionario; 

sub. d): l’impresa appaltatrice (impresa «terza»), che si è aggiudicata i lavori in Concessione nella gara indetta dal Concessionario di 2° livello (e questo è il punto focale); 

4° livello: il subappaltatore, qualificato per l’esecuzione dei lavori, liberamente contrattualizzato non più dal Concessionario di 2° livello (o di cui al 3° livello, sub. a) che equivale in tutto e per tutto al 2° livello) bensì: 

sub. a): dall’impresa «non terza» di cui al 3° livello, sub. c), nei limiti e alle condizioni in materia di subappalto applicabili (quali? Si rinvia al seguito); 

sub. b): dall’impresa «terza» di cui al 3° livello, sub. d), nei limiti e alle condizioni in materia di subappalto di cui all’articolo 105; in questo caso si tratta di subappalto classico, non tra Concessionario e subappaltatore con un solo “salto” di livello, ma tra appaltatore del 3° livello sub. d) e subappaltatore del 4° livello, con un salto di due livelli e una soluzione di continuità nella catena dei rapporti giuridici rispetto al Concessionario. 

Questo complesso schema, che non trova esplicito supporto nella normativa vigente, ma non trova nemmeno un preciso ostacolo insormontabile nella stessa normativa, deve trovare una soluzione, almeno con un coinvolgimento dell’Adunanza Plenaria (campa cavallo) o, preferibilmente con una modifica legislativa (campa … asino). 

La conclusione radicale di ANAC [7] è drastica, non sussiste la fattispecie di cui al 3° livello, sub. d) [8]; in altre parole, il Concessionario, oltre a poter eseguire i lavori in proprio o tramite imprese «non terze» potrebbe solo subappaltare gli stessi lavori ai sensi dell’art. 174 del Codice. 

La conclusione di T.A.R. Lazio è esattamente opposta (o almeno pare tale, adattandola e estendendone l’applicazione alle concessioni e ai PPP diversi dal caso scrutinato). Nulla vieta al Concessionario, oltre a poter subappaltare direttamente ai subappaltatori qualificati in tutto o in parte i lavori, di poter appaltare a «terzi» i lavori concessi (con le opportune procedure), assumendo la veste di Stazione appaltante (quasi) tipica. E l’impresa «terza» potrà a sua volta subappaltare parte dei lavori ai sensi dell’articolo 105 del Codice, visto che siamo scesi al livello dell’appalto di lavori, un piano più in basso rispetto al contratto di Concessione e tale subappalto non si configura come un cosiddetto subappalto «a cascata» [9], ma è il primo della serie, in quanto a valle del contratto d’appalto tra Concessionario e impresa «terza» e non a valle di un primo subappalto. 

La (non) conclusione del Consiglio di Stato, in sede consultiva, lascia aperte ambedue le strade e, giustamente, non offre un’indicazione precisa [10]. 

Per evitare una noia mortale, prima di proseguire si invita a leggere gli estratti della pronuncia di T.A.R. Roma e del parere del Consiglio di Stato, riportati alla fine delle presenti note, che “chiariscono” (sic!) quantomeno il rinvio al coacervo normativo coinvolto. 

Incidentalmente nel caso di specie, come sottolineato dal T.A.R., la stessa sorte era riservata alle prestazioni di progettazione e direzione dei lavori [11], ma parrebbe che queste prestazioni (come anche i servizi in gestione) siano sottratte alla specifica disciplina del Codice, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettere c) e d), dove sono elencati solo i lavori oggetto di concessione. Per cui il Concessionario, potrebbe appaltare o subappaltare liberamente i servizi che non esegue direttamente (sempre sotto la vigilanza e l’autorizzazione del Concedente). 

ANAC inoltre ha trascurato il seguente problema: o il Concessionario deve essere qualificato necessariamente per l’esecuzione dei lavori, e allora nulla osta al subappalto ex articolo 174, o può anche non essere qualificato per l’esecuzione, ma allora (visto che secondo ANAC non può ricorrere a «terzi») ove non abbia disponibili imprese qualificate «non terze», non «può» ma «deve» ricorrere al subappalto innescando un’altra contraddizione: è noto che per ricorrere al subappalto il contraente deve essere comunque in qualche modo qualificato [12]. Senza contare l’eventuale presenza di categorie cosiddette “superspecializzate” che, sottratte all’avvalimento, 

7 Nel parere vincolate ex art. 211 del Codice, censurato (il parere, non l’articolo) da T.A.R. Roma citato. 

8 Di conseguenza non possono esistere il subappalto e il subappaltatore di 4° livello, ma solo il subappalto e il subappaltatore di 3° livello, sub. b), individuato e contrattualizzato direttamente dal Concessionario o da una impresa «non terza»; si noti che le imprese «non terze», salvo alcuni distinguo e problemi procedimentali di individuazione, sono trattate come il Concessionario. 

9 Oggi vietato dall’art. 105, comma 19 del Codice del 2016 anche se tale divieto pare soffrire di contrasto con la disciplina comunitaria. 

10 Non era la sede idonea per trarre delle conclusioni inoppugnabili; anche perché il parere affrontava anche altri non meno rilevanti argomenti in materia di contratti di concessione. 

11 Oggi la Direzione dei lavori assumerebbe una sua autonomia e non potrebbe essere coinvolta dal momento che ai sensi dell’art. 31, comma 13, del Codice del 2016, non può essere affidata al Concessionario ma deve essere tenuta in capo al Concedente che affiderà autonomamente tale prestazione. 

12 O nella categoria che intende subappaltare (subappalto facoltativo) o nella categoria prevalente anche per l’importo della categoria a qualificazione obbligatoria che è costretto a subappaltare (subappalto necessario). 

resterebbero subappaltabili per intero. [13] 

Estranea alla vicenda ma, visto che è stato evocato il subappalto, sorge un’altra domanda che esigerebbe una risposta: nelle Concessioni, «chi» deve chiedere l’autorizzazione al subappalto e «a chi» deve essere chiesta ovvero «chi» la deve autorizzare? Potrebbe sembrare una domanda retorica ma non lo è, anche alla luce delle gravissime sanzioni che accompagnano il subappalto non autorizzato. Dal parere del Consiglio di Stato citato, seppure con contorsioni non irrilevanti, e da una logica che deve trovare conferme, sembrerebbe che la soluzione possa essere la seguente. 

Se l’esecutore dei lavori è direttamente il Concessionario o un’impresa «non terza» (socia, raggruppata o collegata) sarà il Concessionario o, tramite esso, l’impresa esecutrice «non terza» a chiedere l’autorizzazione al subappalto, richiesta rivolta al Concedente che sarà il soggetto titolare al rilascio dell’autorizzazione, in quanto committente di prima e ultima istanza (soggetto di 1° livello per richiamare le argomentazioni precedenti). Questo perché non c’è un soggetto giuridico autonomo intermedio tra il Concessionario esecutore e il Concedente e quand’anche i soggetti «non terzi» abbiano una loro autonomia giuridica e negoziale, sono pur sempre una sorta di interna corporis (si perdoni la definizione) del Concessionario stante il legame organico con questi e trattati, sotto il profilo degli obblighi di natura pubblica, come fossero il Concessionario. 

Se l’esecutore dei lavori è un’impresa «terza» (scelta dal Concessionario con procedura pubblica e sempre che l’orientamento di ANAC sia superato) sarà ancora questa a chiedere l’autorizzazione al subappalto, ma diversamente dalla prima ipotesi, la richiesta sarà rivolta al Concessionario che sarà il soggetto titolare al suo rilascio, in quanto committente di prima istanza, essendosi configurato come Stazione appaltante, al 2° livello per richiamare le argomentazioni precedenti. Resta sempre ferma la vigilanza (che è altra cosa dall’autorizzazione) da parte del Concedente [14]. 

In tal modo sarebbe superato anche l’ostacolo del Concessionario che autorizza direttamente sé stesso (o autorizza un’impresa organica ad esso), circostanza che apparirebbe quantomeno stravagante. 

Depone (anche se debolmente) per questa soluzione l’articolo 74, comma 3, del decreto legislativo n. 159 del 2011 (cosiddetto «Codice antimafia») il quale, riproducendo esattamente l’articolo 10-quinquies dell’abrogata legge n. 575 del 1962, recita «Il pubblico amministratore, il funzionario o il dipendente dello Stato o di altro ente pubblico ovvero il concessionario di opere e di servizi pubblici … che consente alla conclusione di contratti o subcontratti in violazione dei divieti … è punito con la reclusione da due a quattro anni». Ora pare assiomatico che se il Concessionario è destinatario delle sanzioni penali quando consente alla conclusione di subcontratti in violazione, è perché è il titolare dell’autorizzazione al subappalto, essendo considerato a tal fine una Stazione appaltante, equiparata all’ente pubblico, quindi investito del potere di autorizzare il subappalto, collocandosi ad un livello superiore a quello dell’appaltatore che richiede la predetta autorizzazione. Se è titolare e responsabile della condotta antigiuridica, dovrebbe essere anche titolare e responsabile della connessa condotta conforme alla norma. 

13 L’art. 174, nel richiamare i commi 10, 11 e 17 dell’art. 105, omette il richiamo al regime speciale delle categorie superspecializzate di cui al comma 6 dello stesso articolo. 

14 Art. 31, comma 4, lettera i), del Codice del 2016, che ha riprodotto l’art. 131, comma 8, del Codice del 2006. 

28 ottobre 2020, n. 10997 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio 

(Sezione Prima) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 16075 del 2019, proposto da Comune di Grosseto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato … 

contro 

Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

nei confronti 

– Olimpic, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati … 

– Virtus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati … 

per l’annullamento previa adozione di idonee misure cautelari anche ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., 

– del parere di precontenzioso ex art. 211 del D.Lgs. 50/2016 adottato da ANAC con delibera prot. n. 1053 del 13 novembre 2019, notificata in data 22 novembre 2019, a seguito dell’istanza di parere presentata da Virtus (prot. n. 7816 del 4 ottobre 2019) per la contestazione del provvedimento di aggiudicazione con cui è stata conclusa la procedura aperta per “l’affidamento in concessione dei lavori di riqualificazione energetica, con relativa progettazione definitiva ed esecutiva, e del servizio di gestione della piscina comunale di via Lago di Varano (G.B. Finetti)” (CIG 7921210547), indetta dal Comune; 

(omissis) 

FATTO 

Il Comune di Grosseto pubblicava un bando di gara con il quale era indetta una procedura per l’affidamento in concessione di lavori di riqualificazione energetica, con relativa progettazione definitiva ed esecutiva, e del servizio di gestione della piscina comunale di via Lago di Varano. 

La gara – a cui partecipavano diverse concorrenti – era aggiudicata alla società Olimpic, con la Virtus, in ATI con due mandanti, collocata al secondo posto. 

In merito all’aggiudicazione, Virtus presentava all’Autorità Nazionale Anticorruzione (“Anac” o “Autorità”) un’istanza per l’emissione di un parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 (“Codice”), contestando la legittimità dell’aggiudicazione per violazione dei limiti quantitativi consentiti dalla disciplina del subappalto (in particolare, veniva contestato che l’operatore economico aveva dichiarato di appaltare interamente a terzi le attività di progettazione, direzione lavori, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed 

esecuzione, nonché tutte le lavorazioni da eseguire, in ritenuta palese violazione e contrasto con quanto previsto dagli artt. 31, comma 8, e 105 del d.lgs. cit.). 

Successivamente, dato che dalla lettura dell’offerta di Olimpic non emergeva la volontà di subappaltare l’attività di progettazione e di lavori, bensì di voler appaltare a terzi tali attività mediante procedure ad evidenza pubblica, Virtus sosteneva comunque l’illegittimità dell’impiego dell’istituto dell’ “appalto a terzi”, sul presupposto che le prestazioni che Olimpic intendeva affidare a terzi costituivano comunque oggetto della concessione e non potevano essere esternalizzate con tale modalità. 

Sull’adesione delle parti, l’Anac emetteva il parere vincolante richiesto e sosteneva l’illegittimità dell’aggiudicazione, ritenendo non conforme alla normativa di settore la clausola del bando di gara che riconosce al concessionario, in possesso dei requisiti di qualificazione necessari allo svolgimento del servizio, la possibilità di appaltare interamente a terzi i servizi tecnici e le lavorazioni previste negli atti di gara. 

Avverso tale parere insorgeva lo stesso Comune di Grosseto con rituale ricorso a questo Tribunale, ove lamentava, in sintesi, quanto segue. 

“I. violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 28 e 83 del codice, nonché dell’art. 95 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. violazione dell’art. 3 della l. 241/1990. eccesso di potere per irragionevolezza, carenza di istruttoria, errata valutazione dei presupposti, illogicità e irragionevolezza della motivazione, nonché contraddizione tra motivi e dispositivo. violazione dei principi di proporzionalità e favor partecipationis.” 

Nel caso in esame si era in presenza di una concessione “mista”, di servizi e lavori. Di conseguenza, il Comune ricorrente non comprendeva la ragione per la quale l’art. 95, comma 3, d.P.R. cit. (che consente all’aspirante concessionario, che non è in possesso dei requisiti richiesti per l’esecuzione di lavori, di farli eseguire da altri soggetti qualificati) non poteva trovare applicazione, per quanto compatibile, nel caso in esame. 

Ritenendo legittimo il parere dell’Anac si arriverebbe, a detta del ricorrente, ad ammettere una disparità di trattamento tra i concessionari di lavori e i concessionari di servizi. 

Il Comune di Grosseto, sul punto, non condivideva la conclusione per la quale il mancato richiamo all’art. 95, comma 3, cit. nel bando di gara poteva essere sufficiente a escludere l’applicazione dell’affidamento mediante “appalto a terzi” di lavori strumentali all’esecuzione del servizio. 

Il parere impugnato, per il ricorrente, era errato anche nella parte in cui sembrava alludere ad una violazione dell’art. 28 del Codice. Nel caso di specie Olimpic, infatti, era in possesso di tutti i requisiti di qualificazione e capacità richiesti per l’esecuzione delle attività individuate dal bando di gara e i requisiti per l’esecuzione dei lavori di riqualificazione energetica, pur non essendo posseduti direttamente da Olimpic, erano garantiti dal soggetto che sarebbe stato selezionato da tale aggiudicataria. 

“II. violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 164 e 177 del codice. violazione dell’art. 3 della l. 241/1990. eccesso di potere per irragionevolezza, carenza di istruttoria, errata valutazione dei presupposti. eccesso di potere per carenza di motivazione o, in ogni caso, per illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà della motivazione. violazione dei principi di proporzionalità e favor partecipationis”. 

Il Comune ricorrente si doleva del fatto che l’Autorità aveva irragionevolmente escluso 

l’applicabilità dell’art. 1, comma 2, lett. d), cit. del Codice, dato che tale disposizione ben poteva, infatti, trovare applicazione nel caso di specie perché: 

– i lavori affidati a terzi erano strettamente strumentali alla gestione del servizio; 

– tali lavori avevano ad oggetto opere pubbliche che sarebbero diventate di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice. 

L’Anac, inoltre, non poteva restringere l’utilizzo dell’istituto dell’”appalto a terzi” alle sole ipotesi previste dall’art. 177 del Codice, come illustrato nell’impugnato parere, in quanto, così facendo, avrebbe disatteso le previsioni del Codice stesso che individuano l’utilizzo di tale istituto come strumento di carattere generale a disposizione dei concessionari. 

Si costituivano in giudizio l’Anac, Virtus e Olimpic, rispettivamente per confutare o sostenere, nei limiti dei rispettivi interessi, le posizioni del Comune di Grosseto. 

L’Autorità, in sintesi, nella sua posizione difensiva sosteneva che: 

– Olimpic, già in fase di gara, avrebbe dovuto dimostrare il possesso dei requisiti di qualificazione per l’esecuzione dei lavori. Alle concessioni di servizi (o mista, come quella in esame), infatti, non si applica l’art. 95, comma 3, d.P.R. n. 207/2010, in base al quale, quando i concessionari non eseguono direttamente i lavori oggetto della concessione, gli stessi non devono essere in possesso dei requisiti di qualificazione prescritti per eseguire i lavori pubblici ma è sufficiente che, in fase di gara, dimostrino solo il possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi; 

– Olimpic non poteva appaltare a terzi, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. d) del Codice, in quanto tale disposizione consentirebbe di appaltare solo i lavori necessari per l’esecuzione della concessione, ma che non sono direttamente oggetto della concessione stessa come invece nel caso di specie. 

In più, era specificato che: 

a) l’art. 95 del d.P.R. n. 207/10 era dettato esclusivamente per le concessioni di lavori; 

b) per l’art. 28 del Codice, l’operatore economico deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità per ciascuna prestazione di lavori, servizi e forniture; 

c) l’”appalto a terzi” non trova riferimenti normativi nel Codice, ad eccezione dell’art. 177 (che riguarda però solo le concessioni di lavori, servizi e forniture già in essere alla data di sua entrata in vigore, non affidate mediante la finanza di progetto ovvero con procedure ad evidenza pubblica); 

d) la “ratio” dell’istituto dell’abrogato – eccezion fatta per il suddetto art. 177 – “appalto a terzi” non risiede del favore alla partecipazione alla gara di soggetti non qualificati, ma, quale strumento di garanzia della concorrenza, nell’esigenza di evitare che nel settore delle concessioni di lavori si crei un regime di monopolio a favore di medesimi e ripetuti affidatari. 

La domanda cautelare era rinviata alla fase di merito su concorde istanza delle parti alla relativa camera di consiglio. 

In prossimità della pubblica udienza, il ricorrente, l’Anac e Virtus depositavano memorie illustrative e, alla data del 7 ottobre 2020, la causa era trattenuta in decisione. 

DIRITTO 

Il Collegio (omissis) 

Il bando di gara è esplicito nel riferire: “Oggetto della presente concessione sono i lavori di riqualificazione energetica con relativa progettazione definitiva ed esecutiva e il servizio di gestione della piscina comunale coperta ubicata in Grosseto Via Lago di Varano. Interesse e obiettivo principale del Comune di Grosseto è quello di favorire la pratica sportiva e l’accesso agli impianti sportivi di proprietà comunale riconoscendo la finalità educativa, ricreativa e sociale dello sport.” 

La durata dell’affidamento in gestione dei suddetti impianti è stabilita in venti anni e il valore totale della concessione è stimato, ai sensi dell’art. 167 del Codice, in € 8.961.734,63 al netto di IVA nei termini di legge come da piano economico finanziario predisposto dall’Amministrazione, mentre l’importo totale dei lavori oggetto della concessione è stimato in €. 246.568.31 oltre IVA nei termini di legge, di cui €. 244.153,31 oltre IVA nei termini di legge, per lavori ed €. 2.415,00, oltre IVA nei termini di legge, per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso; le lavorazioni previste richiedono le Categorie OS28-I, OS30-I e OS22-I (art. 1 del Disciplinare). 

L’art. 3 del Disciplinare precisa che per “la presente concessione” era ammesso il subappalto ai sensi degli artt. 105 e 174 del Codice e che “…Nel caso in cui il concorrente intenda affidare a terzi lavori e/o attività tecniche di progettazione – sicurezza – direzione lavori oggetto della presente concessione dovrà indicare la relativa percentuale sul valore complessivo della concessione all’interno del Modello 3 di cui all’art. 13 del presente Disciplinare. Il suddetto affidamento dovrà avvenire nel rispetto di quanto previsto dal Codice.” 

L’art. 8 del Disciplinare prevede che “Il requisito di cui al punto 8.2.4 dovrà essere posseduto esclusivamente dal membro del raggruppamento che svolgerà le attività di progettazione e direzione lavori se queste non sono appaltate a terzi”. 

Ne consegue, come d’altronde rilevato dalla stessa Anac nel parere contestato, che si è in presenza di una concessione “mista” di servizi e di lavori, ove prevalente è la gestione del primo, vista l’esiguità dell’importo dei lavori collegati e il dichiarato scopo, di cui al Disciplinare, “…di favorire la pratica sportiva e l’accesso agli impianti sportivi di proprietà comunale riconoscendo la finalità educativa, ricreativa e sociale dello sport”. 

Ne consegue che fulcro della fattispecie è quello legato alla normativa applicabile e alla conseguente possibilità di dare luogo ad “appalto a terzi” anche nel caso di concessione “mista”, a prevalenza di servizi. 

Ebbene, le tesi delle parti, in assenza di disposizioni normative specifiche e circostanziate sul punto, si soffermano sui rapporti tra d.P.R. n. 207/2020, come adottato nella vigenza del d.lgs. n. 163/06, e “nuovo codice dei contratti pubblici”, di cui al d.lgs. n. 50/2016. 

Nel primo motivo, parte ricorrente ritiene che alla fattispecie sia (ancora) applicabile l’art. 95, comma 3, d.P.R. cit., secondo il quale “Se il concessionario non esegue direttamente i lavori oggetto della concessione, deve essere in possesso esclusivamente degli ulteriori requisiti di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d)”. 

Il mancato richiamo all’art. 95, comma 3, cit. nel bando di gara – sostiene il ricorrente – non può essere sufficiente a escludere l’applicazione dell’art. 1, comma 2, lett. d) del Codice che, nel caso della concessione di servizi, consente l’affidamento mediante “appalto a terzi” di lavori strumentali all’esecuzione del servizio. E ciò proprio perché il bando di gara – e in genere gli atti amministrativi – non possono in alcun modo escludere l’applicazione di norme di rango primario 

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e secondario, quale è, nel caso di specie, l’art. 1, co. 2, lett. d), cit., secondo cui: “Le disposizioni del presente codice si applicano, altresì, all’aggiudicazione dei seguenti contratti:… d) lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice.” 

Il parere impugnato, per il Comune ricorrente, è errato anche nella parte in cui allude ad una violazione dell’art. 28 del Codice. Nel caso di specie Olimpic, infatti, è in possesso di tutti i requisiti di qualificazione e capacità richiesti per l’esecuzione delle attività individuate dal bando di gara e i requisiti per l’esecuzione dei lavori di riqualificazione energetica, pur non essendo posseduti direttamente da Olimpic, sarebbero garantiti da soggetto successivamente selezionato dall’aggiudicataria con le caratteristiche della procedura a evidenza pubblica, a garanzia della stessa Amministrazione che avrebbe comunque riacquistato il possesso del bene. 

Olimpic, nella sostanza, concorda con le tesi del Comune, osservando anche che il testo dell’art. 95, comma 3, cit. comprensibilmente all’epoca non poteva rivolgersi in maniera esplicita alle concessioni di servizi, non previste dal d.lgs. n. 163/06 se non nella limitata previsione del suo art. 30. Inoltre, anche alla luce della direttiva 2014/23/UE, le norme del Regolamento di cui al d.P.R. n. 207/10 devono essere interpretate alla luce della nuova sistematica europea e non possono non intendersi riferite, e applicate, direttamente, per quanto compatibili, anche alle concessioni di servizi e a quelle “miste”, ormai parte integrante del novero dei contratti a evidenza pubblica, fermo restando che, nella specie, la componente dei lavori è del tutto secondaria e irrisoria rispetto al valore del servizio e alla natura stessa della concessione e che Olimpic possiede tutti i requisiti richiesti dal bando per ciascuna tipologia di gestione in tal senso. 

L’art. 1 del vigente Codice non può che sottintendere l’”appalto a terzi”, altrimenti non si spiegherebbero quali lavori un concessionario potrebbe fare eseguire a terzi, se non proprio quelli rientranti nella concessione di servizi o “mista” e che sono strumentali all’espletamento del servizio che ne è oggetto. Tale conclusione – per Olimpic – è confermata anche da uno schema di contratto “PPP” (partenariato pubblico-privato) predisposto dalla Ragioneria Generale dello Stato. 

L’Autorità, con tesi sostanzialmente sposate anche da Virtus, esclude invece l’applicabilità dell’art. 95, comma 3, cit. e neppure ritiene invocabile l’art. 1, comma 2, lett. d) del Codice vigente. Riguardo al primo richiamo normativo, la tesi dell’Anac – come illustrate anche nelle sue difese in questa sede – si sorregge, in sostanza, sulla considerazione per la quale l’art. 95 si rivolgeva alle sole concessioni di lavori e comunque non è possibile alcuna estensione interpretativa di un “Regolamento” adottato ai sensi dell’abrogato Codice di cui al d.lgs. n. 163/06. Riguardo all’art. 1, comma 2, lett. d) del vigente Codice, Anac sostiene che tale disposizione consentirebbe di appaltare solo i lavori necessari per l’esecuzione della concessione ma che non sono direttamente oggetto della concessione stessa, come invece nel caso di specie, dato che la sua formulazione deve essere letta, nel caso di specie, in combinato con l’art. 28 dell’attuale Codice, il quale prevede che: “L’operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto deve possedere sia requisiti di qualificazione e capacita prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto”. 

Inoltre, l’istituto dell’ “appalto a terzi”, che era stato originariamente disciplinato dall’art. 146 del d.lgs. n. 163/2006, non trova ora richiami normativi nel nuovo Codice, ad eccezione dell’art. 177, che, tuttavia, concerne le concessioni di lavori, servizi e forniture già in essere alla data di entrata 

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in vigore del Codice stesso e non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica. 

Virtus, dal canto suo, sostiene che non è comunque invocabile l’istituto dell’”appalto a terzi” anche perché la sua operatività è legata dal legislatore alla sola fase della esecuzione di una concessione già aggiudicata e con riferimento ai c.d. “lavori strumentali”, estranei all’oggetto della concessione stessa. Nel caso di specie Olimpic non possiede tutti i requisiti richiesti per i lavori, comunque oggetto, sia pure in piccola parte, della concessione e non può avvalersi quindi dell’istituto dell’”appalto a terzi”, anche se per ipotesi vigente. Inoltre, l’invocato principio del “favor partecipationis” vale pur sempre nel novero dei soli operatori in possesso dei necessari requisiti individuati “ex ante”, fermo restando che Olimpic ben poteva partecipare in RTI come aveva fatto Virtus. 

Tali tesi ostative alla posizione prospettata dal Comune ricorrente, per il Collegio non sono condivisibili, siano pure nella loro suggestività legata anche all’assenza di un ben delineato quadro normativo sulla fattispecie. 

Il Collegio, infatti, considera più persuasive le tesi del Comune ricorrente e di Olimpic per una serie di ragioni che si vanno a evidenziare. 

Per quanto riguarda l’applicabilità o meno dell’art. 95, comma 3, d.P.R. n. 207/10, si ritiene preferibile la soluzione orientata a non aderire a una interpretazione letterale e formalistica, inserita nel contesto temporale di riferimento dato dal d.lgs. n. 163/06 e dal correlato Regolamento di cui al d.P.R. n. 207/10, che non regolavano le concessioni di servizi (o miste), a loro volta in aderenza alle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE. 

Ciò proprio perché la normativa “codicistica” dei contratti pubblici prende le sue fondamenta, anche interpretative, nella normativa dell’Unione europea e, quindi, non può ora ignorarsi l’adozione della direttiva 2014/23/UE che comprende nel suo novero anche le concessioni di servizi e non più solo quelle di lavori. 

La logica “formalistica” di cui all’impugnato parere, peraltro, come osservato dal parte ricorrente, porterebbe a questo punto alla illogica discriminazione tra concessioni di lavori e concessioni di servizi (o miste), quest’ultime – come detto – ormai entrate “a pieno titolo” nella considerazione del legislatore eurounitario. 

Se la “ratio” di cui all’art. 95 cit. era – ed è in effetti – quella di favorire la concorrenza, ampliando la platea dei partecipanti a una concessione di lavori, quando la realizzazione dell’opera costituisce l’essenza stessa della concessione, consentendo al concorrente che non possiede i requisiti richiesti di partecipare comunque alla gara, impegnandosi ad affidarne l’esecuzione a soggetti terzi qualificati, non si comprenderebbe la logica di una situazione ove, in una concessione di servizi (o mista) in cui la componente dei lavori può essere una parte residuale ma pur sempre “contrattuale” – come indubbiamente nel caso di specie – il concorrente dovrebbe comunque possedere i requisiti richiesti per poter eseguire i lavori, salva la (sola) possibilità di subappalto – e non di “appalto a terzi” – nei limiti dati dalla norma su una quota parte (salva evoluzione normativa e giurisprudenziale in atto sul punto ma non ancora definita). Si verrebbe, così, a vanificare la condivisibile impostazione di fondo orientata a favorire la concorrenza, che oggi non ha motivo di restare ancorata alle sole concessioni di lavori, alla luce dell’evoluzione normativa eurounitaria di cui alla ricordata direttiva 2014/23/UE. 

Il Collegio, poi, trova condivisibile anche l’ulteriore ragione addotta dal Comune di Grosseto, secondo il quale il mancato richiamo ai requisiti di cui all’art. 95, comma 1, d.P.R. cit. e la presenza di quello all’art. 83, comma 1, lett. c) del Codice, di cui alla legge di gara, non implicherebbe la volontà di escludere l’applicazione della norma regolamentare in questione. Infatti, tale assenza può ben interpretarsi nella volontà di escludere il possesso di requisiti ingenti (”…devono essere qualificati secondo quanto previsto dall’articolo 40 del codice e dall’articolo 79, comma 7, del presente regolamento, con riferimento ai lavori direttamente eseguiti ed essere in possesso dei seguenti ulteriori requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi:…”, di cui all’art. 95, comma 1, cit.) per lavori di proporzione ridottissima rispetto al valore del servizio, su cui si incentra l’essenza dell’affidamento come sopra ricordato. Logica, pertanto, n questa ottica, la presenza del richiamo all’art. 83, comma 1, lett. c), e comma 2 del Codice vigente secondo cui: “…I criteri di selezione riguardano esclusivamente: 

a) i requisiti di idoneità professionale; 

b) la capacità economica e finanziaria; 

c) le capacità tecniche e professionali. 

2. I requisiti e le capacità di cui al comma 1 sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione…”. 

Riguardo alla ritenuta ostatività individuata dall’Anac nell’art. 28, comma 1, del Codice sui contratti misti di appalto, si rileva che tale comma afferma che: “…L’operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal presente codice per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto….”, senza per questo però escludere la possibilità di possedere i requisiti in questione tramite affidamento a terzi con le forme dell’evidenza pubblica. 

In ordine a quanto lamentato con il secondo motivo di ricorso, anche sotto tale profilo il Collegio ritiene più convincente, e aderente alla volontà del legislatore, la ricostruzione di parte ricorrente (coadiuvata da Olimpic), laddove evidenzia che la disposizione di cui all’art. 1, comma 2, lett. d), del Codice (…”d) lavori pubblici affidati dai concessionari di servizi, quando essi sono strettamente strumentali alla gestione del servizio e le opere pubbliche diventano di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice”), che l’Anac esclude di considerare in virtù del mancato esplicito richiamo all’istituto dell’”appalto a terzi”, in realtà ben può comprendere anche l’ipotesi in cui il concessionario di servizi intenda affidare a terzi i lavori oggetto della concessione mista, se questi sono funzionali alla gestione del servizio stesso e inerenti a realizzare lavori comunque destinati a diventare di proprietà pubblica, come nel caso di specie, laddove il concessionario intende e dichiara di volere operare con l’affidamento di un appalto a terzi, da aggiudicare ai sensi delle procedure di evidenza pubblica di cui all’attuale Codice. 

Nella fattispecie in esame appare evidente e non contestato che Olimpic intende affidare lavori che sono strettamente funzionali alla gestione del servizio per opere di cui beneficerà direttamente l’amministrazione pubblica acquisendone la proprietà. 

Che, quindi, anche tali lavori siano indicati come oggetto della concessione non appare circostanza ostativa nel senso individuato dall’Anac (qui coadiuvata nelle sue tesi da Virtus), in quanto appare logico – e non è dimostrato il contrario nel caso di specie – che il concessionario appalti a terzi solo i lavori strumentali alla realizzazione del servizio come ritenuto primario e ben prevalente nell’oggetto della concessione stessa e non altri. 

Così pure, che l’art. 177 del codice limiti alle sole fattispecie ivi contemplate l’ “appalto a terzi”, trova spiegazione nei ristretti limiti intertemporali ivi previsti ma non può essere considerata una norma assoluta di chiusura come invece interpretata dall’Anac, anche nelle sue difese in questa sede. 

In sostanza, una più coerente ricostruzione della complessa fattispecie in esame consente di ritenere che il combinato normativo di cui all’art. 1, comma 2, lett. d), del Codice e all’art. 95, comma 3, del d.P.R. n. 207/2010 sia applicabile e vigente, consentendo la possibilità, in una concessione mista, di affidare a terzi gli appalti dei lavori strumentali alla relativa gestione del servizio prevalente con affidamento nel rispetto delle disposizioni del Codice stesso, come accadrebbe nel caso in esame. 

In tal senso, se pure lo schema di PPP richiamato da Olimpic non appare fonte privilegiata e decisiva, ben può essere considerato un elemento, proveniente da organo qualificato quale è la Ragioneria Generale dello Stato, idoneo a confortare tale impostazione ermeneutica come finora evidenziata. 

Alla luce di quanto illustrato, pertanto, il ricorso deve trovare accoglimento. 

Le spese di lite possono essere eccezionalmente compensate tra tutte le parti costituite per la novità della fattispecie, tranne per quanto riguarda il contributo unificato, da porsi a carico dell’Anac ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis.1, d.P.R. n. 115/2002, 

P.Q.M. 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. 

Spese compensate, tranne per quanto riguarda il contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis.1, d.P.R. n. 115/2002, da porsi a carico dell’Anac. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati: 

Ivo Correale, Presidente FF, Estensore 

Laura Marzano, Consigliere 

Consiglio di Stato 

Sezione Prima 

Adunanza di Sezione del 22 aprile 2020 

Parere n. 00823 del 28 aprile 2000 

NUMERO AFFARE 00196/2020 

OGGETTO: Ministero dell’economia e delle finanze: Schema di contratto standard per l’affidamento della progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche a diretto utilizzo della pubblica amministrazione da realizzare in partenariato pubblico-privato; 

LA SEZIONE 

Vista la relazione trasmessa con nota prot. n. MEF – RGS – 32188 del 27 febbraio 2020, con la quale il Ministero dell’economia e delle finanze ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto; 

Esaminati gli atti e uditi i relatori Cons. Vincenzo Neri e Cons. Paolo Carpentieri; 

Premesso: 

1. Con relazione sottoscritta congiuntamente dal Ragioniere Generale dello Stato e dal Presidente f.f. dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, debitamente vistata dal Ministro dell’economia e delle finanze, trasmessa con la nota in oggetto indicata, il Ministero dell’economia e delle finanze ha qui trasmesso, per l’acquisizione del parere di questo Consiglio di Stato … lo schema di contratto standard per l’affidamento della progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche a diretto utilizzo della pubblica amministrazione da realizzare in partenariato pubblico-privato, con annessa “Guida alla redazione”. 

Punti da 2 a 9. (omissis) 

10. Il Ministero, infine, ha inteso richiamare l’attenzione su “alcune questioni preliminari che appaiono dubbie”: 

a) “Esecuzione dei lavori e gestione dei servizi da parte dei soggetti terzi — articoli 15-23 dello schema di contrattò standard”; in proposito il Ministero ha chiesto a questo Consiglio di Stato “di chiarire se il Concessionario che si è aggiudicato la gara per l’affidamento in concessione della progettazione, costruzione e gestione di una determinata opera sia obbligato ad affidare agli appaltatori eventuali lavori oggetto del contratto attraverso procedure selettive concorsuali o se invece possa scegliere gli stessi con procedure semplificate fermo il rispetto degli obblighi generali di trasparenza, restando salva la libertà del Concessionario di affidare lavori o servizi in subappalto a terzi senza il preventivo esperimento di una procedura di gara”; 

b) (omissis) 

Punti da 11 a 12. (omissis) 

Considerato: 

A. Profili di inquadramento generale (omissis) 

B. Esame dei quesiti proposti 

Punti da 1 a 4. (omissis) 

5. Ferme restando le considerazioni di carattere preliminare e pregiudiziale già esposte, il Consiglio, nell’ottica della leale collaborazione, rileva quanto segue. 

La prima questione posta dal Ministero riguarda l’esecuzione dei lavori e la gestione dei servizi da parte dei soggetti terzi e si articola in due quesiti: quando i soggetti terzi siano da qualificare come appaltatori rispetto al concessionario e quando, invece, debbano considerarsi subappaltatori e se il concessionario sia obbligato ad affidare agli appaltatori eventuali lavori oggetto del contratto attraverso procedure selettive concorsuali o se invece possa sceglierli con procedure semplificate, fermo il rispetto degli obblighi generali di trasparenza. 

5.1. Il dubbio deriva dal non perfetto coordinamento delle pertinenti disposizioni del codice dei contratti pubblici: da un lato, l’articolo 1, comma 2, lettera c), secondo il quale le disposizioni del codice si applicano ai lavori pubblici affidati dai concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici, previsione che, in uno all’articolo 164, comma 5 (che stabilisce che i concessionari sono tenuti, per gli appalti di lavori affidati a terzi, all’osservanza della Parte III e delle disposizioni di cui alle Parti I e II in materia di subappalto, progettazione, collaudo e piani di sicurezza, non espressamente derogate dalla Parte III), deporrebbe nel senso della necessità di selezionare i terzi appaltatori mediante procedura di gara; dall’altro lato l’articolo 174, comma 2, che prevede che gli operatori economici indicano in sede di offerta le parti del contratto di concessione che intendono subappaltare a terzi, aprendo, dunque, alla possibilità che il concessionario, ove qualificato per i lavori e per i servizi da realizzare e da erogare, possa scegliere liberamente sul mercato le imprese terze, subappaltatrici, per la realizzazione dell’opera e per la gestione del servizio. In quest’ottica il soggetto terzo chiamato a realizzare l’opera dovrebbe essere qualificato come appaltatore nei casi in cui il concessionario non sia qualificato; dovrebbe, invece, essere considerato un subappaltatore quando il concessionario già possegga i requisiti di qualificazione. 

5.1.1. Un disallineamento tra le norme del codice vi sarebbe, inoltre, anche nel raffronto tra l’articolo 1, comma 2, lettera c), del codice dei contratti pubblici – che prevede l’applicazione tout court delle disposizioni del codice medesimo per l’affidamento di lavori da parte dei concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici – e il successivo articolo 164, comma 5, che limita le disposizioni applicabili per gli appalti di lavori affidati a terzi a quelle della Parte III e a quelle inerenti il subappalto, la progettazione, il collaudo e i piani di sicurezza delle Parti I e II, prevedendo, nella sostanza, una procedura semplificata di selezione dell’appaltatore. 

5.1.2. In proposito il Ministero ha chiesto a questo Consiglio di Stato “di chiarire se il Concessionario che si è aggiudicato la gara per l’affidamento in concessione della progettazione, costruzione e gestione di una determinata opera sia obbligato ad affidare agli appaltatori eventuali lavori oggetto del contratto attraverso procedure selettive concorsuali o se invece possa scegliere gli stessi con procedure semplificate fermo il rispetto degli obblighi generali di trasparenza, restando salva la libertà del Concessionario di affidare lavori o servizi in subappalto a terzi senza il preventivo esperimento di una procedura di gara”. 

5.1.3. Rispetto a questi profili dubbi lo schema di contratto standard, negli articoli 15 e 23, prevede: nell’art. 15 (Esecuzione dei lavori) che (comma 1) Le prestazioni eseguite direttamente dai soci del Concessionario non costituiscono affidamenti a terzi, ai sensi degli articoli 174, comma 2, e 184, comma 2, del Codice; che (lettera b) del comma 3) i lavori possono essere subappaltati nei limiti quantitativi indicati in sede di Offerta; che (comma 4) Alle prestazioni eseguite in subappalto si applica l’articolo 174 del Codice; nell’art. 23 (Fase di gestione) prevede (comma 3) che “In caso di affidamento diretto da parte del Concessionario ai propri soci, ai sensi degli articoli 174, comma 2, e 184, comma 2, del Codice, da regolare mediante apposito atto contrattuale, valgono le seguenti condizioni: . . . c) i Servizi possono essere subappaltati nei limiti quantitativi indicati in sede di Offerta”. 

5.1.4. L’art. 1, comma 2, lettera c), del codice dei contratti pubblici prevede che “2. Le disposizioni del presente codice si applicano, altresì, all’aggiudicazione dei seguenti contratti: … c) lavori pubblici affidati dai concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici”. L’art. 164 (Oggetto e ambito di applicazione della disciplina dei contratti di concessione) stabilisce, al comma 5, che “5. I concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, per gli appalti di lavori affidati a terzi sono tenuti all’osservanza della presente Parte nonché [del]le disposizioni di cui alle parti I e II in materia di subappalto, progettazione, collaudo e piani di sicurezza, non derogate espressamente dalla presente parte”. 

L’art. 174 (Subappalto), che inaugura il Capo III (Esecuzione delle concessioni) del Titolo I della Parte III del codice, prevede, nel comma 2, che “Gli operatori economici indicano in sede di offerta le parti del contratto di concessione che intendono subappaltare a terzi” e specifica le condizioni alle quali non si considerano come terzi le imprese che raggruppate o consorziate per ottenere la concessione, né le imprese ad esse collegate (in termini corrispondenti dispone l’art. 184, comma 2, sulle società di progetto). 

5.1.5. I dubbi interpretativi sollevati dal Ministero richiedente sono stati colti dalla dottrina, secondo la quale l’art. 164 sarebbe riferito alle “vecchie” concessioni, assegnate senza gara, mentre il subappalto (art. 174) dovrebbe applicarsi alle concessioni affidate in base al nuovo codice ad operatori economici “operativi”. 

Per la dottrina, infatti, il concessionario, assumendo il rischio operativo legato alla gestione delle opere o dei servizi, non può essere obbligato ad affidare i lavori o i servizi a terzi. Sotto altro aspetto, per garantire l’autonomia delle scelte imprenditoriali, se il concessionario dovesse decidere di avvalersi dell’opera di terzi, non dovrebbe essere costretto a selezionarli mediante gara. 

5.1.6. Reputa la Sezione invece che occorra distinguere diverse ipotesi. 

Con riferimento alle concessioni già in essere, ed aggiudicate in precedenza senza gara, occorre prevedere l’obbligo di indire regolare procedura di evidenza pubblica per la scelta degli appaltatori. Solo in questo modo, infatti, si garantirà la concorrenza. Tali regole, oltre ad essere coerenti con l’articolo 1, comma 2, lett. c), Codice, si spiegano alla luce del fatto che, ogni qual volta sia mancata la gara a monte per la scelta del concessionario, è necessario garantire la concorrenza a valle, prevedendo delle gare pubbliche, per la scelta degli appaltatori. 

Sulla base poi del chiaro disposto dell’articolo 164, comma 4, le procedure di evidenza pubblica dovranno necessariamente essere rispettate in relazione “agli appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari che sono amministrazioni aggiudicatrici”, ove con il termine amministrazioni aggiudicatrici si intendono “le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti” (art. 3, comma 1, lett. a). 

Ciò rende coerenti, come detto, l’articolo 1, comma 2, lett. c), l’art. 164, comma 4, e l’art. 177, Codice. Proprio tale ultima norma, infatti, con le sue disposizioni di dettaglio, è la conferma della necessità di imporre regole concorrenziali, seppure a valle, in una certa misura, quando sono mancate le gare a monte. 

Con riferimento ai concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici – e che dunque sono stati scelti previo esperimento di gara pubblica – per gli appalti di lavori affidati a terzi sono tenuti all’osservanza delle disposizioni contenute agli artt. 164-178 (parte III del Codice) nonché delle disposizioni di cui alle parti I e II del codice in materia di subappalto, progettazione, collaudo e piani di sicurezza, purché non derogate dalla parte III. 

Da ciò si ricava che tali concessionari, essendo stati scelti normalmente tramite gara e non rientrando tra le amministrazioni aggiudicatrici, potranno ricorrere al sub-appalto, più che all’appalto, nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 174 Codice che, icasticamente, richiama 

anche l’art. 30 destinato ad individuare, tra l’altro, i principi generali cui si deve uniformare la disciplina degli appalti e delle concessioni. 

6. (omissis) 

C. Considerazioni concernenti l’articolato e singole clausole dello schema di contratto (omissis) 

P.Q.M. 

Nei suesposti termini è il parere della Sezione. 

Dispone la trasmissione del presente parere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (anche in sede di coordinamento) e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. 

GLI ESTENSORI IL PRESIDENTE 

Vincenzo Neri, Paolo Carpentieri Mario Luigi Torsello 

 

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