04/03/2020 – Giustizia amministrativa e costituzione: dal giudice speciale al giudice ordinario del potere pubblico

Giustizia amministrativa e costituzione: dal giudice speciale al giudice ordinario del potere pubblico
 
 
Sommario: 1. La giustizia amministrativa ed il “bevitore di libri”. 2. Una duplice lettura delle norme costituzionali sulla giustizia amministrativa, 3. L’interpretazione costituzionale tra testo e con-testo. 4. Le “oggettivizzazioni” di P. Häberle ed il ruolo della legislazione ordinaria. 5. L’attuazione del “programma costituzionale” e le conseguenze sull’interpretazione delle norme costituzionali sulla giustizia amministrativa. 6. La fuoriuscita dalla specialità: la legge n. 1034/71 e la legge n. 186/82. 7. I cambiamenti della struttura del processo: dalla legge n. 1034/71 alla legge n. 205/2000. 8. La configurazione di un sistema unitario di tutela giurisdizionale nei confronti del potere pubblico: la translatio iudicii. 9. Il codice del processo amministrativo.
 
 
  1. La giustizia amministrativa ed il “bevitore di libri”
Qualche anno fa, allo scopo di spiegare il fenomeno delle autorità indipendenti, in un fortunato libretto[1] Fabio Merusi ha fatto ricorso alla figura di un osservatore esterno” straniero[2], ad un “bevitore di libri” (Buchtrinker) intenzionato a ritrovare nelle biblioteche le ragioni di quel fenomeno che, nel dibattito economico-istituzionale italiano, aveva condotto gli studiosi prima a discutere soprattutto dell’intervento pubblico nell’economia, di programmazione generale o settoriale, di nazionalizzazione, e subito dopo, senza apparenti segnali di discontinuità, di privatizzazioni, di mercato e di concorrenza[3].
Merusi ci dice che, spostatosi verso lo scaffale nel quale sono classificate le “fonti del diritto”, il nostro Buchtrinkher  non potrà trattenere un sussulto, perché scoprirà che, “a differenza di quanto è successo in altri paesi che aveva studiato prima, la Costituzione italiana non è mai stata emendata”[4], ed in particolare che l’art. 41 Cost., prima indicato come “la testa di capitolo del dirigismo pubblico”[5], è divenuto, grazie anche ad uno spostamento dell’attenzione dal terzo al secondo comma, la disposizione giustificativa del mercato e della concorrenza.
Siamo certi che, se il nostro “bevitore di libri” decidesse di spostare la sua attenzione dal problema delle autorità indipendenti a quello della giustizia amministrativa, ed in particolare alle pronunce della Carta costituzionale riguardanti tale materia, non potrebbe fare a meno di esprimere un moto di sorpresa, dal momento che scoprirebbe, in un quadro costituzionale rimasto immutato, la presenza, per dir così, di due mondi fra loro alternativi. Il primo di essi descrive il Consiglio di Stato, di cui all’art. 103 Cost., come un organo di giurisdizione speciale, sopravvissuto all’entrata in vigore della Carta costituzionale, anche in vista di una graduale revisione[6], nonché lo stesso Consiglio di Stato e la Corte dei Conti come organi giurisdizionali speciali mantenuti pur dopo l’entrata in vigore della Costituzione, perché si era ritenuto di non portare alle estreme conseguenze il principio dell’unità della giurisdizione, che pure era stato in via generale affermato dall’art. 102 Cost.[7]; il secondo, invece, riconosce al Consiglio di Stato ed ai tribunali amministrativi regionali “piena dignità di giudice ordinario per la tutela, nei confronti della pubblica amministrazione, delle situazioni soggettive non contemplate dal (modo in cui era stato inteso) l’art. 2 della legge del 1865”[8] ed assegna allo stesso giudice amministrativo, quale giudice naturale dell’esercizio della funzione pubblica, “poteri idonei ad assicurare piena tutela e quindi anche una tutela risarcitoria, per equivalente o in forma specifica, per il danno asseritamente sofferto anche in violazione di diritti fondamentali in dipendenza dell’illegittimo esercizio del potere pubblico da parte della pubblica amministrazione”[9].
Le sentenze della Corte costituzionale sopra ricordate e le indicazioni in esse contenute sembrano esprimere, se non due visioni antagoniste, due letture assai diverse non solo della giustizia amministrativa, ma dell’intero sistema giurisdizionale, non facilmente riconducibili ad una prospettiva unitaria. Ed infatti, secondo la prima di esse, la tutela giurisdizionale è assicurata in linea di principio (esclusivamente) da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme dell’ordinamento giudiziario, (art. 102, secondo comma, Cost.), mentre il Consiglio di Stato e la Corte dei conti sono presenti nell’ordinamento, soltanto perché istituiti prima del divieto di cui all’art. 102 Cost., ed esclusi dalla revisione degli organi speciali di giurisdizione prevista dalla VI disposizione di attuazione della Costituzione.
In questo ordine di idee non sono gli organi, ma le giurisdizioni ad essere plurali: la giurisdizione ordinaria è affidata a magistrati appartenenti all’ordine giudiziario, ma quelle del Consiglio di Stato, e della Corte dei conti sono anch’esse giurisdizioni, speciali e diverse, che, appunto, sono escluse dalla revisione di cui alla VI disposizione transitoria e finale della Costituzione. È, in qualche modo, la prospettiva ancora oggi espressa dall’art. 362 c.p.c. e dello stesso art. 111 Cost., che al settimo comma prevede, in via generale, la possibilità del ricorso per cassazione, per motivi attinenti alla giurisdizione contro le sentenze degli “organi giurisdizionali ordinari o speciali”.
Non a caso, d’altra parte, lo stesso art. 108 Cost. specifica che la legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali.
In questa lettura del quadro costituzionale il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa mantengono, per dir così, una “distanza” sia dalla giurisdizione ordinaria che dagli organi di questa, che è appunto indicata dalla loro perdurante “specialità”. Questa specialità, per un verso, esprime la loro irriducibilità al sistema ordinario di giustizia, per l’altro rischia di condannarli ad una sorta di perifericità nel sistema complessivo di tutela giurisdizionale.
Nella seconda prospettiva, la tutela giurisdizionale è, invece, unitaria, perché è quella assicurata contro le violazioni di tutte le situazioni soggettive; una è pertanto la funzione giurisdizionale, mentre diversi sono gli organi di tutela giurisdizionale e le relative organizzazioni. In altri termini, mentre la giurisdizione è unica, sono i magistrati e le loro concrete organizzazioni, quali previste dall’ordinamento, ad essere plurali.
Nell’ambito di tale unitaria concezione della giurisdizione, la giustizia amministrativa assolve ad un ruolo centrale e fondamentale ad un tempo, dal momento che essa è la garanzia istituzionalmente offerta dall’ordinamento al cittadino nei riguardi di ogni sviamento del pubblico potere dalle sue finalità istituzionale.
In questa prospettiva, proprio perché la giurisdizione è una, le diverse esperienze sono riconducibili ad una dimensione comune, ed il giudice -anche quello amministrativo- deve essere dotato di tutti i poteri necessari -ivi compresi anche quelli risarcitori- per tutelare le situazioni soggettive ad esso affidate.
L’attribuzione al giudice amministrativo della tutela risarcitoria “non a caso, con la medesima ampiezza e cioè sia per equivalente sia in forma specifica, che davanti al giudice ordinario, … si fonda sull’esigenza, coerente con i principi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica”.[10]. In questa lettura del quadro costituzionale, il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa, fanno parte di un sistema “ordinario” di giurisdizione, ed anzi ricoprono in esso un ruolo decisivo ed insostituibile, dal momento che costituiscono i giudici “naturali” della legittimità dell’esercizio della funzione pubblica.[11]
 
2. Una duplice lettura delle norme costituzionali sulla giustizia amministrativa
Le considerazioni sopra esposte esprimono, pertanto, una duplicità di lettura della giustizia amministrativa e sembrano postulare, addirittura, due diversi modi di intendere e di ricostruire l’intero sistema di tutela giurisdizionale. Esse si ricollegano, certamente anche a quella diversità di posizioni che si manifestò in seno alla stessa Assemblea costituente, nella quale, anche per impulso di Calamandrei, fu a lungo discussa la questione dell’unità della giurisdizione; in essa, peraltro, la proposta di Calamandrei, di abolire le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, fu rigettata, e prevalsero, invece, le ragioni legate alla permanenza della pluralità degli organi giurisdizionali[12].
E’ probabile, altresì, che a questa duplicità di ricostruzione del sistema della tutela giurisdizionale nei confronti dell’amministrazione abbia contribuito anche una certa ambiguità delle stesse norme costituzionali sulla giustizia amministrativa che se, da una parte, si sono limitate ad assumere il “sistema” formatosi dopo la legge abolitiva del contenzioso amministrativo[13], hanno, dall’altra, provveduto ad inserire forti elementi di innovazione,[14] costituiti, in particolare, dal principio della pienezza della tutela giurisdizionale, di cui all’art. 24 Cost.[15]; e dalla regola di cui all’art. 113, terzo comma Cost.[16] alla stregua della quale è la legge a determinare quali siano gli organi chiamati ad annullare gli atti della pubblica amministrazione.
Con tutto questo, la compresenza nella giurisprudenza costituzionale, sia pure in tempi diversi, di due quadri ricostruttivi così differenti non appare, oggettivamente comprensibile se non si considerano, da una parte, il ruolo peculiare e creativo dell’interpretazione costituzionale, e dall’altra, la presenza assai significativa di fattori di contesto, che hanno, in qualche modo, condizionato ed indirizzato lo sviluppo di tale giurisprudenza. Sembra, così, possibile affermare che, come si vedrà, proprio per il ruolo determinante di tali fattori, si è ormai modificata non soltanto l’interpretazione complessiva del sistema di tutela giurisdizionale nei confronti del potere pubblico, ma anche il ruolo di alcuni organismi che, come il Consiglio di Stato, hanno in tale sistema un posto di primo piano.
 
3. L’interpretazione costituzionale tra testo e con-testo.
Non è questo, ovviamente, il luogo per descrivere il ruolo decisivo dell’interpretazione nell’uso della Costituzione[17], l’importanza del “momento giudiziario” come condizione della Costituzione come diritto[18] ed il carattere “bilaterale” dell’interpretazione[19], il suo “essere in rapporto”, in posizione intermedia “entro un campo determinato da ciò che è oggetto di interpretazione e da chi è destinatario dell’interpretazione[20]”.
L’interpretazione è vincolata al testo, ma deve tener conto[21] del con-testo culturale (ed anche sociale ed istituzionale); essa è così “al centro di due flussi di influenza, che convergono da opposte direzioni, provenienti dal testo e da destinatari del testo”[22]; è in questo spazio che opera il fattore tempo, dal momento che “l’interprete è colui che congiunge il passato (il tempo del testo), al presente (il testo dell’interpretazione), o magari al futuro[23], e cioè al tempo in cui l’interpretazione diventerà convincente[24].
E’ stato esattamente posto in luce che una corretta teoria dell’interpretazione della Costituzione suppone, a sua volta, una concezione “aperta” di essa[25], dovendo essere riconosciuta la vocazione della stessa Costituzione a presentarsi, in una prospettiva eminentemente dinamica, come atto e come processo[26]. E’ infatti tale prospettiva che consente di cogliere i tratti salienti  tra il testo costituzionale ed il sistema complessivo giuridico e sociale in cui il primo è inserito[27]; ed è sempre in questa prospettiva, in cui la Costituzione non si esaurisce nel mero testo, e che tuttavia trova in questo il punto di partenza imprescindibile, che sembra possibile cogliere i diversi fattori che hanno talvolta contribuito a realizzare “veri e propri processi di modificazione tacita della Costituzione e, con essa, del parametro costituzionale[28]”.
La Costituzione, infatti, costituisce ad un tempo il punto di arrivo di un percorso culturale, ed un punto di partenza di un cammino di adattamento alla realtà delle disposizioni costituzionali[29].
È stato, così, chiarito che l’opera di adeguamento alla realtà del testo costituzionale, svolta  dalla giurisprudenza costituzionale, deve tener conto di tre fattori fondamentali, costituiti dal tempo, dallo spazio e dalla qualità degli interpreti; la combinazione di tali componenti finisce, così, con il “contestualizzare” la Costituzione, segnando in maniera decisiva il significato delle diverse disposizioni[30]. Acquista, pertanto, rilevanza l’esigenza di procedere, sia pure per larga massima, all’identificazione dei diversi “con-testi”in cui si colloca il testo costituzionale, dal momento che la loro (maggiore o minore) presenza è destinata a pesare nell’interpretazione del quadro costituzionale.
 
4. Le “oggettivizzazioni” di P. Häberle ed il ruolo della legislazione ordinaria
Come è stato osservato[31], un interessante tentativo di ricostruzione di tali contesti si deve a Peter Häberle, secondo il quale lo sviluppo della cultura costituzionale viene mediato da cristallizzazioni culturali che contribuiscono a “determinare efficacemente i processi di interpretazione e soprattutto i processi di drafting e di revisione della Costituzione[32]. Per Häberle, infatti, le “cristallizzazioni culturali che si sedimentano al di qua o al di là, a monte e a valle del testo giuridico” hanno un ruolo decisivo sia nell’opera di interpretazione della Costituzione,[33] ed ancor più con riferimento alle altre “forme funzionali”del perfezionamento di una costituzione, quali le sue modifiche, le procedure costituenti, ed il suo “mutamento tacito”[34]. L’autore ha così provveduto a indicare un “quadro” degli elementi materiali, contestuali ai testi giuridici, definiti “oggettivizzazioni” che contribuiscono a determinare i processi di sviluppo delle costituzioni.
Di tale quadro fanno, innanzi tutto parte le “funzioni statali” ed i rispettivi risultati, ricomprendendo in tale formula sia le opere della legislazione, dell’esecutivo e della giurisdizione, sia le pronunce vincolanti del tribunale costituzionale[35], poi i soggetti che partecipano formalmente ai procedimenti che producono le decisioni risultanti dall’esercizio delle funzioni statali[36], poi le “oggettivazioni” della sfera pubblica[37], politica e culturale, poi ancora la dottrina del diritto costituzionale.
Non, è ovviamente, questa la sede per una compiuta riflessione sui “contesti”, proposti da Häberle, idonei in diverso modo ed in diversa misura ad influenzare l’interpretazione delle norme costituzionali; qui, invece, pare opportuno sottolineare come appare di grande interesse l’indicazione, tra le “oggettivazioni” destinate a pesare sull’interpretazione costituzionale, del risultato dell’esercizio delle funzioni statali, ed in particolare, non solo delle opere della giurisprudenza, ma anche delle “opere della legislazione”[38].
Si coglie qui un punto decisivo per l’interpretazione costituzionale e per la sua portata.
Le costituzioni moderne non si limitano a dire ciò che è diritto, a dare ordine ad una situazione sociale consolidata, ma indicano direttive e programmi di azione futura[39]: la Costituzione è, infatti anche un programma di riforme da realizzare. La realizzazione del programma è affidata alla legislazione ordinaria; ma, quando, con il passare del tempo, il programma costituzionale viene realizzato, le disposizioni ordinarie che nel concreto costituiscono il tessuto normativo del “sistema” realizzato in attuazione dei precetti costituzionali (e con esse, l’esperienza complessiva formatasi attorno alla loro applicazione) finiscono, inevitabilmente per condizionare la lettura delle stesse norme costituzionali, realizzando un “con-testo” destinato a pesare nella lettura di queste e capace anche di evidenziare nuove implicazioni del dettato costituzionale, fino ad allora rimaste “implicite”.
Le norme costituzionali indicano, quindi, un programma (costituzionale) da attuare (l’attuazione del diritto alla salute, l’attuazione del principio di autonomia degli enti locali), e ne misurano la concreta realizzazione, con riferimento ai parametri evocati; esse, però, lette nel con-testo delle disposizioni ordinarie che danno attuazione al programma costituzionale, ed anche dell’esperienza e della riflessione che accompagnano tale attuazione, possono liberare significati ulteriori e diversi, destinati a segnare una evoluzione, se non addirittura un mutamento significativo nell’interpretazione delle stesse norme costituzionali.
 
5. L’attuazione del “programma costituzionale” e le conseguenze sull’interpretazione delle norme costituzionali sulla giustizia amministrativa
Le osservazioni sopra esposte possono, forse, aiutare a comprendere quanto è accaduto a proposito delle norme costituzionali sulla giustizia amministrativa.
Si è visto sopra come alla base della duplicità di ricostruzione del “sistema” della giustizia amministrativa vi sia anche una certa oggettiva ambiguità delle relative norme costituzionali.
Proprio per spiegare questa obbiettiva duplicità, è stato rilevato che la Costituzione repubblicana avrebbe, per dir così, assunto il sistema di giustizia amministrativa ad essa previgente, inserendolo in un contesto più generale, che ne implicherebbe il necessario superamento[40].
In particolare, alcuni dei principi “costituzionalizzati” costituirebbero, per dir così, una sorta di assunzione provvisoria, mentre l’attuazione del programma costituzionale implicherebbe la progressiva modificazione degli elementi del sistema provvisoriamente assunti.[41]
Una situazione del genere sembra essersi verificata proprio per la giustizia amministrativa, i cui organi, originariamente assunti come organi di giurisdizione speciale, secondo la configurazione previgente alla costituzione, sarebbero progressivamente divenuti, in virtù dell’attuazione attraverso la legge ordinaria del programma costituzionale enunciato, in particolare, dagli artt. 24 e 113 Cost., e dagli artt. 111 e 125 Cost., parte determinante di un più ampio complessivo sistema di tutela a cui è affidato l’esercizio della funzione giurisdizionale.
 
6. La fuoriuscita dalla specialità: la legge n. 1034/71 e la legge n. 186/82.
È stata, quindi, la progressiva “attuazione” del quadro costituzionale a consentire e suggerire il superamento dei più risalenti indirizzi interpretativi della Corte Costituzionale, e la “riconduzione” dell’intero sistema della giustizia amministrativa dall’area della “specialità” a quella dell’unità funzionale della giurisdizione.
In questa ottica, un ruolo di primo piano spetta senz’altro alla legge 6 dicembre 1971 n.1034, istitutiva dei tribunali amministrativi regionali, che ha dato attuazione alle previsioni contenute nell’art 125, secondo comma, Cost. . La speciale rilevanza della legge n. 1034 del 1971 è a tutti evidente: è chiaro, infatti che, senza l’introduzione di giudici amministrativi di primo grado su base regionale -e quindi con riferimento all’intero territorio nazionale- non si sarebbe potuto parlare di un “sistema” della tutela giurisdizionale amministrativa, offerto al cittadino per la protezione delle proprie situazioni soggettive; è evidente, altresì, che la presenza di un unitario “sistema” di giustizia amministrativa ha giocato e continua a giocare un ruolo determinante nel “cammino” della giustizia amministrativa verso l’unità funzionale della giurisdizione.
In particolare, la legge n. 1034 del 1971 ha dato corpo e sostanza organizzativa ad un sistema che, sotto il profilo strutturale, appare incentrato su due poli, costituiti uno dalla presenza, nelle regioni, di organi di giurisdizione amministrativa di primo grado, e l’altro dalla necessaria posizione di vertice accordata al Consiglio di Stato, considerato nella sua connotazione storica, e quindi in quanto organo dotato sia di competenze giurisdizionali, sia titolare di funzioni che, come quella consultiva, si proiettano sul sistema amministrativo generale[42].
In questa ottica, ciò che ha contribuito a configurare quello della giustizia amministrativa come un vero e proprio sistema a carattere nazionale è stata la scelta, operata con la legge n. 1034 del 1971, di introdurre una funzione generalizzata di appello riguardante, almeno tendenzialmente, la generalità delle controversie devolute al giudice amministrativo, e quindi anche le controversie riguardanti le autorità statali. Si è così preferita una impostazione diversa da quella, che pure era stata prospettata in dottrina, alla stregua della quale la garanzia del doppio grado sarebbe stata assicurata dalla Costituzione soltanto per gli atti di rilievo c.d. locale, e cioè per gli atti delle Regioni, degli enti locali e degli uffici statali periferici aventi sede nel territorio della Regione.[43]
Un ruolo di grande rilievo nell’attuazione del quadro costituzionale e nella costruzione del “sistema” della giurisdizione amministrativa compete, poi, alla legge 27 aprile 1982 n. 186. Essa, se, per un verso conferma l’autonomia del Consiglio di Stato e l’esercizio, da parte di questo, di funzioni consultive e giurisdizionali (artt.100 e 103 Cost.), per l’altro ne disciplina la composizione ed il funzionamento nell’ambito dell’ordinamento della giurisdizione amministrativa e come un segmento di essa. In questa prospettiva appare rilevante la circostanza che il titolo I della legge n.156 del 1982, pur dedicato all’ordinamento della giurisdizione amministrativa, disciplini anche l’esercizio delle funzioni consultive del Consiglio di Stato.
La legge n.186 del 1982 costruisce così la giurisdizione amministrativa come un complesso unitario, il cui governo è affidato ad un unico Consiglio di presidenza (art.7), che ha preso il posto dei precedenti Consigli di presidenza del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali. Il carattere unitario del complesso è reso palese sia dall’esistenza di una disciplina unitaria per il personale di magistratura, sia dalla presenza di una unica disciplina in ordine alle garanzie ed all’incompatibilità di tutti i magistrati del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali (artt. 24-34  l. n. 182 del 1982).
 
7. I cambiamenti della struttura del processo: dalla legge n. 1034/71 alla legge n. 205/2000
La costruzione della giustizia amministrativa, sul piano organizzativo come “sistema” esteso a tutto il territorio nazionale è stata accompagnata da un importante processo di cambiamento della struttura del processo amministrativo e dei poteri dello stesso giudice amministrativo. Questo processo, di attuazione progressiva delle esigenze sottese dagli artt. 24 e 113 Cost. è stato realizzato dal legislatore ordinario soprattutto attraverso la stessa legge n.1034 del 1971, attraverso il d.lgs. n. 80 del 1998 ed attraverso la legge n. 21 luglio 2000 n. 205.
Non è, ovviamente, possibile descrivere nella presente sede tali processi di cambiamento. Si può, soltanto, affermare che la nuova disciplina legislativa, l’interpretazione giurisprudenziale e l’opera della dottrina hanno favorito la progressiva omologazione di quella erogata dal giudice amministrativo alla tutela erogata dal giudice ordinario, e soprattutto la sua costruzione come tutela concentrata[44], nella quale, cioè, si concentrano sia le diverse tecniche di tutela delle situazioni soggettive, sia, nel caso della giurisdizione esclusiva le tutele accordate tanto agli interessi legittimi quanto ai diritti soggettivi.
 
8. La configurazione di un sistema unitario di tutela giurisdizionale nei confronti del potere pubblico: la translatio iudicii
L’attuazione del “programma costituzionale” realizzato attraverso la legislazione ordinaria e grazie all’opera della giurisprudenza e della dottrina ha, così, favorito un progressivo mutamento dell’interpretazione delle norme costituzionali sulla giustizia amministrativa e, con esso, del rapporto di questa con l’intero sistema giurisdizionale. Tale mutamento è stato realizzato dalla Corte costituzionale, che attraverso una serie di importanti pronunce (Corte cost. n. 204 del 2004; n. 191 del 2005; n. 77 del 2007; n. 140 del 2007; n. 35 del 2010; n. 6 del 2018) ha fornito una “lettura” delle norme costituzionali sulla giustizia amministrativa che configura questa come parte integrante di un più ampio ed unitario sistema di tutela giurisdizionale. Di esso la norma fondamentale è costituita dall’art. 24, Cost. che, se una parte evidenzia che la funzione giurisdizionale è unitaria con riferimento a tutte le tutele sostanziali, dall’altra impone di leggere il principio di effettività delle tutele giurisdizionali come regola che ne favorisce la concentrazione dinanzi ad un solo giudice, e come regola che impone l’adeguatezza di poteri attribuiti a ciascun giudice[45]
La costruzione di un sistema unitario di tutela giurisdizionale è completato, dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 77 del 2007: l’affermazione dell’incompatibilità con il quadro costituzionale del tradizionale “principio dell’incomunicabilità di giudici appartenenti ad ordini diversi”[46], equivale, infatti, all’affermazione dell’esistenza di un reticolo processuale comune, attraverso il quale risulta possibile la trasmigrazione dell’unica causa. Il principio dell’unità, funzionale e non organica, della giurisdizione è, così, con chiarezza riaffermato dalla Corte costituzionale, che fornisce l’esatta chiave di lettura del pluralismo degli ordini di giudici nell’unità della funzione[47]; non a caso, d’altra parte, le stesse sezioni unite della Cassazione, nel ritenere immediatamente praticabile, già alla stregua della disciplina vigente del codice di rito civile la trasmigrazione della causa dal giudice ordinario a quello speciale, avevano interpretato il rapporto fra il primo ed il secondo, sulla base di una concezione della giurisdizione fondata sull’unità funzionale e non organica[48].
L’attuazione del “programma costituzionale” e la giurisprudenza della Corte Costituzionale sembrano così, indicare una sorta di percorso del giudice amministrativo, nel segno della fuoriuscita dalla sua originaria specialità[49].
 
9. Il codice del processo amministrativo
Le trasformazioni sopra ricordate hanno trovato, adesso, un importante punto di approdo nel codice del processo amministrativo, approvato con il d.lgs. 2 luglio 2010 n.104. Il codice rappresenta, per dir così, la conseguenza, sul piano del processo e della sua configurazione, del nuovo assetto del sistema della giurisdizione amministrativa, quale risulta dai mutamenti intervenuti nell’interpretazione delle norme costituzionali.[50] Tale esito è reso plasticamente evidente dalla norma che ha delegato il governo a procedere all’opera di riassetto delle norme sul processo amministrativo, e che significativamente individua le finalità di tale operazione nella necessità di “adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di principi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele”.
Il codice costituisce, così, la conseguenza del nuovo quadro istituzionale disegnato per la giustizia amministrativa dall’interpretazione costituzionale e dal ruolo decisivo giuocato in esso dalla realizzazione del principio di effettività della tutela.
La nuova disciplina del processo amministrativo prende, altresì, atto dei mutamenti intervenuti nelle manifestazioni del potere pubblico, e del nuovo volto dell’interesse legittimo, divenuto posizione sostanziale tutelabile per equivalente; ed è per tale ragione che in esso sono esperibili azioni di annullamento (art. 29), di condanna (art. 30), e di accertamento della nullità (art. 31), mentre devono essere adottate da parte del giudice tutte le “misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio” (art. 34); tuttavia è certo che la stagione della codificazione del processo amministrativo non avrebbe potuto avere inizio senza la nuova interpretazione delle norme costituzionali sulla giustizia amministrativa fornita dalla Corte Costituzionale.
L’attuazione del “programma” costituzionale sulla giustizia amministrativa costituisce, così, un segno della vitalità e dell’importanza di quella vicenda iniziata con l’istituzione della IV Sezione del Consiglio di Stato. Tale attuazione ci restituisce l’immagine di una giustizia amministrativa integralmente trasformata e divenuta, ormai, strumento privilegiato per assicurare la tutela dei diritti dei cittadini. Se è vero, come è stato detto, che il diritto amministrativo ha due anime, quella del potere esorbitante e quella della garanzia nei confronti del potere, occorre dire che i nostri tempi registrano con chiarezza l’affermazione della seconda sulla prima.
È forse proprio la natura proteiforme del diritto amministrativo – diritto di eccezione e del privilegio pubblico, ma anche diritto di garanzia e di limitazione del potere – di cui la giustizia amministrativa è un capitolo importante, a costituire, come è stato felicemente osservato, la ragione della sua persistente modernità [51] e della sua capacità di assorbire ed integrare le esigenze di epoche diverse. È forse, proprio, tale natura “cangiante” del diritto amministrativo a fare della giustizia amministrativa, in quanto ordine capace di evolversi, uno strumento essenziale per assicurare una protezione reale e non meramente cartolare del cittadino e delle sue ragioni.[52]
 
 
ALESSANDRO PAJNO
 
Presidente del Consiglio di Stato
 
Pubblicato il 2 marzo 2020
 

[1] F. Merusi, Democrazia e autorità indipendenti. Un romanzo “quasi” giallo, Bologna, 2000
[2] Ibidem,  9
[3] Ibidem,  12-13
[4] Ibidem,  12
[5] Ibidem,  12
[6] C. cost., 11 marzo 1957 n. 41
[7] C. cost., 15 luglio 1959 n. 48
[8] C. cost., 6 luglio 2004 n. 204
[9] C. cost., 27 aprile 2007 n. 140
[10] C. cost., 11 maggio 2006 n. 191
[11] C. cost., 27 aprile 2007 n. 140
[12] Si veda, in proposito, V. Cerulli Irelli, Giurisdizione amministrativa e Costituzione, in Giur. Cost., 2004, V, 3033 ss.
[13] A. Pajno, Le norme costituzionali sulla giustizia amministrativa, in Dir. Proc. Amm., 1994, 3, 958; V. Cerulli Irelli, Giurisdizione amministrativa, cit., 3034
[14] V. Cerulli Irelli, Giurisdizione amministrativa, cit., 3034
[15] A. Pajno, Le norme costituzionali, cit., 460; V. Cerulli Irelli, Giurisdizione amministrativa, cit., 3034
[16] A. Pajno, Le norme costituzionali, cit. 473; V. Cerulli Irelli, Giurisdizione amministrativa, cit., 3034.
[17] G. Zagrebelsky, La legge e la sua giustizia, Bologna 2008, p. 161 ss.; si veda anche M. Nigro, Giustizia amministra­tiva, Bologna 1994, 77
[18] Ibidem, 162
[19] Ibidem, 170
[20] Ibidem, 172
[21] Ibidem, 173
[22] Ibidem, 173
[23] Ibidem, 173
[24] Ibidem, 173
[25] G.D’Amico, Scienza e diritto nella prospettiva del giudice delle leggi, Messina, 2008, 108 ss.
[26] A. Ruggeri, La Costituzione allo specchio: linguaggio e materia costituzionale nella prospettiva della riforma, Torino 1999, 161,; G. D’Amico, Scienza e diritto, cit. 102-103
[27] G. D’Amico, op. ult. cit., 104
[28] Ibidem, 105-106
[29] Ibidem, 106
[30] Ibidem, 120
[31] Ibidem, 123
[32] P. Häberle, Per una dottrina della costituzione come scienza della cultura, Roma 2001, 43
[33] Ibidem, 46
[34] Ibidem, 48-49
[35] Ibidem; Si veda, altresì, G. D’Amico, Scienza e diritto, cit., 123
[36] P. Häberle,, op. ult. cit., 44
[37] Ibidem, 44
[38] Ibidem, 43
[39] M. Cappelletti, Il controllo giudiziario di costituzionalità delle leggi nel diritto comparato, Milano, 1968, 75; G. D’Amico, op. ult. cit., 112-113
[40] A. Pajno, Le norme costituzionali,  it., 458-459
[41] Ibidem, 459. Si veda anche A. Pajno, Trasformazioni della giustizia amministrativa, in Corte costituzionale, Corte di cassazione, Consiglio di Stato, Tre giurisdizioni apicali, Bologna 2017, 88 ss.
[42] A. Pajno, art. 125 Cost ,in  S. Bettini, B.G. Mattarella, A. Sandulli (a cura di) Codice ipertestuale della giustizia amministrativa, Milano, 2008, 78
[43] Ibidem, 80
[44] A. Pajno, Consiglio di Stato, in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, II, 2006, 1321-1322
[45] A. Pajno, Costruzione del sistema a tutela e comunicabilità delle giurisdizioni: translatio indicii o salvezza degli effetti della domanda?, in Gior. dir. amm., 2007, 9, 960; Trasformazioni cit.,  90 ss..
[46] C. cost., n. 47 del 2007
[47] A. Pajno, Costruzione del sistema, cit., 964; si veda anche C. Cost. n. 6 del 2018
[48] Cass., Sez. Un. 22 febbraio 2007 n. 4109, in Foro It., 2007, I 1009
[49] A. Pajno, La giustizia amministrativa all’appuntamento con la codificazione, in Dir. Proc. Amm. I, 2010, 138
[50] Sulla nuova prospettiva inaugurata con il codice del processo amministrativo, si vedano F. Merusi, Il codice del giusto processo amministrativo in Dir. proc. amm., 2011, I, 1 ss.; Id. Sul giusto processo amministrativo, in E. Catelani, A. Fioritto, A. Massera, La riforma del processo amministrativo. La fine dell’ingiustizia amministrativa?, Napoli, 2011; A. Pajno, Il codice del processo amministrativo ed il superamento del sistema della giustizia amministrativa. Una introduzione al libro I, in Dir. proc. amm., 2011, I, 100 ss.
[51] L. Torchia, Introduzione, in S. Cassese – L. Torchia, Diritto amministrativo. Una conversazione, Bologna 2014, 7;
[52] A. Pajno, Trasformazioni, cit., 102
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