04/01/2016 – Quattro test per l’anno nuovo

Quattro test per l’anno nuovo

di Luca Ricolfi 3 Gennaio 2016

 

C’è chi dice che la svolta non c’è ancora stata, c’è chi dice che invece sì, l’Italia con il 2015 ha voltato pagina. Naturalmente la risposta alla domanda sulla svolta dipende da quel che si intende per svolta o, se vogliamo essere cattivelli, dal modo in cui si manipolano i dati per ottenere la risposta che si desidera.

E allora vorrei fare una proposta in vista del Natale 2016, quando ci ritoccherà sentire amici e nemici del governo appassionarsi sulla “svolta”: mettiamoci d’accordo sin d’ora, a carte coperte, su che cosa possa ragionevolmente essere considerato una svolta per l’economia italiana. E poi aspettiamo, tranquilli, senza pregiudizi positivi o negativi, di vedere come saranno andate le cose alla fine dell’anno che ora inizia. Così eviteremo lo stucchevole spettacolo messo in scena in questi giorni, con (presunti) gufi e instancabili laudatori del governo inchiodati alle rispettive parti in commedia.

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Stabilire che cosa possa essere considerato segnale non equivoco di una svolta non è facile per due ragioni distinte. La prima è che alcuni cambiamenti, ad esempio una drastica riduzione della spesa pubblica, possono essere giudicati positivamente da alcuni, negativamente da altri. La seconda è che altri cambiamenti, pur essendo auspicati da tutti, sono difficili da valutare in modo accurato ed obiettivo (è il caso dell’efficientamento della Pubblica Amministrazione). Quello di cui avremmo bisogno è un piccolo numero di test che vertano su questioni importanti, e al tempo stesso non abbiano né il difetto di essere ambivalenti (come la riduzione della spesa pubblica) né il difetto di essere poco obiettivi.

Ed ecco una modesta proposta.

Per me, alla fine del 2016, di svolta potremo legittimamente parlare se e solo se l’economia italiana avrà superato i quattro test seguenti.

Test numero 1. Un ritmo di aumento dell’occupazione superiore a quello, decisamente modesto, fatto registrare nel 2015.

Test numero 2. Una diminuzione del tasso di occupazione precaria, ossia della percentuale di lavoratori a tempo determinato sul totale dei lavoratori dipendenti (uno degli obiettivi perseguiti con il Jobs Act).

Test numero 3. Un aumento del Pil non inferiore a quello medio dell’Eurozona.

Test numero 4. Una diminuzione del rapporto debito/Pil che, lo ricordiamo, è il grande tallone d’Achille dell’Italia sui mercati finanziari, ovvero ciò che rende il nostro Paese vulnerabile agli attacchi della speculazione.

Credo che, pur non essendo gli unici test concepibili, sia difficile negare la ragionevolezza di questi quattro obiettivi. Se venissero tutti o quasi tutti raggiunti, sarebbe difficile negare la svolta. E se venissero tutti o quasi tutti mancati, sarebbe difficile negare il sostanziale fallimento della politica economica messa in atto.

 

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