03/08/2015 – Società, sui mancati piani di razionalizzazione responsabilità al sindaco

Società, sui mancati piani di razionalizzazione responsabilità al sindaco

di Alberto Barbiero

Le amministrazioni locali hanno sottovalutato l’importanza dei piani operativi di razionalizzazione delle società partecipate, che traducono processi di rilievo politico. La Corte dei conti, sezione autonomie, con la deliberazione n. 24/sezaut/2015(si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 29 luglio) ha diffuso la relazione sulle partecipate degli enti locali, chiarendo prima di tutto che il 56% delle amministrazioni non ha ancora inviato il piano di razionalizzazione alle sezioni di controllo, nonostante il termine sia scaduto il 31 marzo.

Il ruolo del vertice politico

La Corte rileva che queste decisioni, anche se coinvolgano profili gestionali e imprenditoriali rimessi alla responsabilità degli enti locali, siano sottoponibili al suo controllo (di legalità e di regolarità) in caso di violazione dei parametri di razionalità. Nella relazione sulle partecipate, tuttavia, la sezione delle Autonomie chiama in causa direttamente i vertici politici evidenziando come sia la stessa disposizione sui piani (il comma 612 della legge 190/2014) a prevedere la predisposizione da parte dei presidenti di Regioni e Province e dai sindaci entro il 31 marzo 2015, e come questo sottolinei la particolare urgenza e il profilo strategico dell’operazione di riordino del settore affidata, appunto, alla competenza del vertice politico.

Sud in coda

Come detto, il tasso di inadempimento registrato dalla Corte è molto elevato, ma si rivela anche parecchio differenziato a seconda delle Regioni. Se infatti in Lombardia due terzi degli enti hanno predisposto e presentato il piano (ma ne mancano all’appello oltre 400), in Lazio e Calabria il rapporto si inverte, mentre in Veneto, Toscana e Umbria si assesta sul 50%. Appare più complessa la situazione in Piemonte, Campania e Basilicata, dove il numero degli enti inadempienti risulta rilevantissimo e, per questo, assoggettato a specifiche istruttorie di verifica. Il richiamo alla responsabilità degli organi di vertice degli enti locali impone a sindaci e presidenti di provincia inadempienti di intervenire immediatamente, anche in ragione della verifica sull’efficacia delle misure che dovrà essere dimostrata entro il mese di marzo 2016: diversamente l’omissione del piano e la mancata attuazione delle misure andrebbero a determinare i presupposti per pronunce specifiche delle sezioni regionali in base all’articolo 148-bis del Dlgs 267/2000, tali da costringere poi gli enti a misure drastiche in tempi molto brevi.

Scarso approfondimento

La relazione non riporta elementi che possano consentire di valutare la qualità contenutistica dei piani, ma analizzando le risultanze di analisi parziali (ad esempio quella condotta dall’Ifel su un campione rilevante di Por elaborati dai Comuni capoluogo di provincia) emergono elaborazioni dalle quali mancano indicazioni di misure specifiche e, in molti casi, l’evidenziazione dei risparmi conseguibili.

Le possibili conseguenze

Mancanze che, come accaduto conla delibera 132/2015 della sezione Puglia(Quotidiano degli enti locali e della Pa del 23 luglio), possono spingere la Corte a imporre integrazioni. Nel panorama regionale va anche richiamata la delibera 101/2015 (Quotidiano degli enti locali e della Pa del 9 luglio) della sezione Abruzzo, che ipotizza addirittura la possibilità di danno erariale e d’immagine per il sindaco che non presenta il piano. Dalla relazione della sezione Autonomie emerge peraltro un ulteriore dato interessante rispetto ai processi di riassetto delle società. Considerando i dati del 2013, infatti, la Corte rileva come su 1.646 società per azioni censite, 220 risultino in liquidazione e 118 cessate. Il dato relativo alle società a responsabilità limitata è analogo, poiché su 1.910 realtà rilevate, 317 risultano in liquidazione e 212 cessate. I valori in proporzione simili per le società consortili (642 totali con 94 liquidate) e il curioso dato su quelle cooperative (219 partecipazioni di enti locali a questa forma societaria) dimostrano come le amministrazioni territoriali abbiano fatto ampio ricorso allo strumento societario, ma come i processi di razionalizzazione avviati prima della norma sui por siano stati in numero complessivo ancora contenuti (circa il 25% del totale delle società).

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