02/03/2016 – La responsabilità amministrativa del personale

 

La responsabilità amministrativa del personale

di Arturo Bianco

La responsabilità amministrativa matura in capo al personale nel caso di condanna per assenteismo, intendendo come tale sia l’alterazione dei meccanismi di rilevazione delle presenze, sia nel caso di certificazione di malattia risultata non veritiera. Essa matura anche nel caso di condanna per un reato contro la pubblica amministrazione. Sono queste alcune delle indicazioni dettate dalla più recente giurisprudenza della Corte dei Conti. Indicazioni che vanno nella direzione di aumentare le fattispecie in cui i dipendenti sono oggetto della maturazione di questa forma di responsabilità. Occorre ricordare che i presupposti sono essenzialmente i seguenti: illegittimità degli atti adottati e/o della condotta tenuta dal dipendente; avere determinato un danno alle finanze dell’ente in termini di maggiore spesa e(o di minore entrata; presenza del requisito psicologico del dolo o della colpa grave. Si deve sottolineare che la giurisprudenza contabile sta prestando una crescente attenzione alla maturazione di responsabilità amministrativa per l’avere apportato un danno alla immagine dell’ente.

LA CONDANNA PER ASSENTEISMO

Nel mentre stanno per essere emanate nuove e più restrittive disposizioni sanzionatorie per i dipendenti che alterano i meccanismi di verifica della presenza e degli orari, la giurisprudenza della Corte dei Conti sottolinea la maturazione di responsabilità amministrativa sia questa fattispecie che per la certificazione medica non veritiera. In questi casi a carico del dipendente assenteista matura responsabilità amministrativa per i compensi che ha illegittimamente ricevuto e per il danno di immagine che ha provocato all’amministrazione. In questa direzione va la sentenza della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti della Toscana n. 31 del 2 febbraio.

L’accertamento della responsabilità amministrativa segue alla condanna per truffa ed al licenziamento. La norma di riferimento è l’articolo 69, comma 1, del D.Lgs. n. 150/2009, cd legge Brunetta.

Ci viene detto espressamente che questo costituisce un “comportamento che trova una valutazione normativa che, al fine di contrastare diffusi fenomeni di assenteismo nel pubblico impiego, è sanzionato autonomamente, anche rispetto ad eventuali procedimenti penali, attraverso un processo di responsabilità patrimoniale-amministrativa innanzi alla Corte dei conti, comprendendo tale ipotesi anche l’aspetto del danno all’immagine, cioè il disdoro arrecato all’amministrazione di appartenenza pur in assenza di una condanna penale, a titolo definitivo, per reati commessi contro la Pubblica Amministrazione”. 

Il legislatore, con la disposizione prima ricordata, “reprime espressamente i comportamenti dei dipendenti pubblici che giustificano assenze dal servizio con certificazioni mediche false e dispone che i colpevoli siano puniti, non solo sul piano disciplinare e penale, ma altresì su quello erariale corrispondendo, per il danno patrimoniale cagionato, la somma pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione oltre al risarcimento del danno all’immagine”. Essa peraltro costituisce una “disposizione non innovativa dell’ordinamento ma meramente ricognitiva di orientamenti consolidati nella giurisprudenza contabile in epoca anteriore”. Al riguardo viene osservato che “il riscontro di responsabilità ben può avvenire, ordinariamente, in forza delle citate clausole generali in materia di responsabilità amministrativa, delle quali, in presenza di rapporto di servizio, alla violazione degli obblighi dei dipendenti dai quali scaturisce qualsivoglia danno all’amministrazione di appartenenza, ricollegabile causalmente al comportamento contestato, consegue l’obbligo di risarcimento del danno in capo all’autore della violazione”. Ed inoltre, che “le Sezioni Riunite della Corte dei conti, hanno ritenuto trattarsi di ipotesi in cui la norma di legge non si limita a prevedere genericamente la responsabilità amministrativa come conseguenza di determinati comportamenti, ma provvede a fissare la tipologia della punizione o la precisa entità del pagamento dovuto (sia pure, talora, fissato tra un minimo e un massimo), con conseguente impossibilità, per il Giudice del merito, di addebitare al responsabile, una volta individuato, un importo diverso…” (corte dei conti, SS.RR., 3 agosto 2011, n. 12/QM/2011)”.

LA CONDANNA PER CORRUZIONE

A seguito di una condanna per induzione indebita a dare o promettere inutilità, matura in capo al dipendente responsabilità amministrativa per il danno alla immagine. In questa direzione va la sentenza della prima sezione centrale giurisdizionale di appello della Corte dei Conti n. 333 del 26 maggio 2015.

Essa stabilisce che il danno da immagine è frutto delle iniziative della magistratura contabile, che ha ritenuto in tal modo di “porre una doverosa tutela alla perdita di credibilità della pubblica amministrazione a seguito di fatto dannoso prodotto da un proprio dipendente. Si trattava, in sostanza, di un vero e proprio rimedio a carattere patrimoniale a fronte di quella che si evidenziava come rottura del rapporto di fiducia fra amministrazione ed amministrato”. Questa forma di responsabilità amministrativa ha avuto un inquadramento legislativo con il D.L. n. 78/2009, articolo 17, comma 30 ter.

La sentenza ci dice inoltre che “il concetto generale di danno all’ immagine è intimamente legato alla lesione dei beni immateriali della reputazione e dell’estimazione dell’ente e concretamente incide in via immediata sul rapporto di affectio societatis, ovvero sulla fiducia che lega la cittadinanza agli amministratori eletti ed in via mediata sulla capacità di realizzazione dei fini istituzionali, minando la base del buon funzionamento dell’istituzione. Il danno all’ immagine delle persone giuridiche pubbliche, inoltre, trova un collegamento funzionale con gli stessi principi costituzionali di legalità, trasparenza e buon andamento (articolo 97 Cost.) per il notevole impatto sociale in quanto, a fronte dell’intervenuta lesione dell’ immagine pubblica, si incrinano quei naturali sentimenti di affidamento e di appartenenza alle istituzioni proprie del rapporto amministrati/amministratori”. Da cià “discendono due elementi fondamentali che appaiono irrinunciabili nell’affermazione del danno all’ immagine: da un lato la necessità di tutela della credibilità della amministrazione e del rapporto amministratore/amministrato; dall’altro la personalità della responsabilità per il danno di che trattasi”. Per cui non è necessario entrare nel merito della diffusione giornalistica della vicenda.

Non costituisce infine ragione ostativa il fatto che la la condanna sia intervenuta a seguito di patteggiamento.

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