02.03.2015 – Il Sindaco può rimuovere gli assessori anche senza un contraddittorio

Il Sindaco può rimuovere gli assessori anche senza un contraddittorio

di Paolo Canaparo

 

Sulla revoca dell’incarico di assessore da parte del Sindaco interviene nuovamente il Tar Puglia – Bari, sezione I – con la sentenza del 13 gennaio 2015 n. 34, decidendo il ricorso di un amministratore del Comune di Canosa il quale sosteneva l’illegittimità del provvedimento per violazione e falsa applicazione degli articoli 3, 7 e 8 della legge 241/1990, nonché per eccesso di potere per carenza di istruttoria e per violazione del principio del legittimo contraddittorio.

Il provvedimento di revoca, secondo il ricorrente, era illegittimo in quanto non supportato dall’indicazione di specifici fatti e circostanze tali da giustificare l’asserito affievolimento del rapporto di fiducia con il capo dell’amministrazione locale. La mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca, inoltre, violava il principio del contraddittorio; la mancata sottoposizione all’esame del Consiglio comunale, infine, non teneva conto dell’articolo 14 dello Statuto comunale e del principio di buona amministrazione.

Il giudice amministrativo, tuttavia, ha ritenuto legittimo il provvedimento di revoca dell’incarico fiduciario. Il venir meno del rapporto fiduciario, infatti, era motivato: dall’aver riscontrato la mancanza di un costante impulso, nel settore delegato, nell’impartire direttive politiche utili all’efficace operatività amministrativa degli uffici; dall’ingiustificata assenza all’ultima seduta consiliare, ove si affrontavano importanti questioni urbanistiche; dalla necessità di evitare i consequenziali riflessi negativi sull’attività politico-amministrativa complessiva.

La natura del provvedimento

Rientrando la revoca assessorile tra gli atti di alta amministrazione, ampiamente discrezionali, il Tar evidenzia come non debba essere particolarmente e dettagliatamente motivata, venendo in rilievo valutazioni di opportunità politico-amministrativa rimesse in via esclusiva al vertice politico (rapporti con l’opposizione o interni alla maggioranza consiliare; esigenze di maggiore operosità ed efficienza in relazione allo specifico settore dell’amministrazione delegato; affievolirsi del rapporto fiduciario tra il singolo assessore e il capo dell’amministrazione, in forza di fattori più disparati).

Valutazioni relative a fattori non normativamente predeterminati e che quindi non devono necessariamente essere riferite a precise situazioni di fatto addebitabili all’interessato. Ciò sempre che emerga la ragionevolezza delle generali valutazioni di opportunità politica poste alla base della scelta. Il Tar, infatti, rimarca come la scelta dei singoli assessori sia rimessa dal complesso impianto normativo al solo rappresentante dell’amministrazione comunale, prevedendo il comma 4, articolo 46, del Dlgs 267/2000 che il Sindaco può revocarne uno o più, dandone motivata comunicazione al Consiglio comunale, in ragione della sua diretta responsabilità politica nei confronti dell’assemblea rappresentativa degli interessi della comunità locale, in merito all’individuazione della compagine di cui avvalersi per l’amministrazione dell’ente e in attuazione di uno specifico programma politico-amministrativo.

Proprio per l’ampia discrezionalità riconosciuta al capo dell’amministrazione locale, il giudice amministrativo pugliese conclude rilevando che la sindacabilità dell’atto in sede di legittimità deve ritenersi limitata ai profili formali e di manifesta illogicità o irragionevolezza (si vedano anche: Consiglio di Stato, sezione V, sentenze 23 febbraio 2012 n. 1053, 5 dicembre 2012 n. 6228, 3 aprile 2004 n. 1042; Tar Lazio, Roma, sentenza 17 giugno 2009 n. 5732).

Il principio del contradditorio

Quanto al principio del contraddittorio nell’ambito del procedimento di revoca dell’incarico di assessore, il giudice amministrativo richiama il condiviso e consolidato orientamento giurisprudenziale: “in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al vertice dell’Amministrazione, con sottoposizione del merito del relativo operato unicamente alla valutazione dell’organo consiliare, non c’è spazio logico, prima ancora che normativo, per dare ingresso all’applicazione dell’istituto partecipativo di cui al citato art. 7, il cui scopo è quello di consentire l’apporto procedimentale da parte del destinatario dell’atto finale al fine di condizionarne il relativo contenuto. Ed invero, le prerogative della partecipazione possono essere invocate quando l’ordinamento prende in qualche modo in considerazione gli interessi privati in quanto ritenuti idonei ad incidere sull’esito finale per il migliore perseguimento dell’interesse pubblico, mentre tale partecipazione diventa indifferente in un contesto normativo nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al vertice dell’amministrazione” (Consiglio di Stato, sezione V, sentenze 1053/2012, 6228/2012 e 209/2007).

Rilevata, infine l’insussistenza dell’obbligo del Sindaco di rimettere la decisione di revoca al preventivo esame e alla votazione del Consiglio Comunale, sussistendo solo un onere di comunicazione successiva all’organo consiliare di controllo (articolo 46 del Tuel), il quale potrebbe opporsi soltanto tramite una mozione di sfiducia.

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