Restano incoordinabili privacy e trasparenza

Il provvedimento 22.2.2022 del Garante della privacy, nell’esaminare 4 schemi di pubblicazione dei dati in Amministrazione Trasparente, evidenzia per l’ennesima volta l’impossibile conciliazione tra trasparenza e privacy rende le pubblicazioni in Amministrazione Trasparente di fatto un mero esercizio burocratico.

Nessun dubbio che l’erogazione di contributi ed ausili finanziari, così come le loro modifiche, imponga di non pubblicare i dati personali dei destinatari se (come spessissimo accade) il beneficio possa lasciar trasparire una specifica loro condizione di disagio economico sociale.

Bene che finalmente si giunga a spiegare l’inevitabilità della pubblicazione di nomi e cognomi di vincitori ed idonei di concorsi (senza pubblicare dati personali eccedenti, come luogo di nascita, residenza e codice fiscale).

Lascia molto perplessi, invece, la sostanziale opacizzazione di dati che, se oggetto di trasparenza, non potrebbero essere limitati nella loro pubblicizzazione.

In merito, infatti, alle informazioni rivolte ai cittadini per permettere loro di contattare le PA, il Garante afferma che occorre “limitare la pubblicazione dei dati di contatto cui il cittadino può rivolgersi per qualsiasi richiesta inerente ai compiti istituzionali previsti dallo schema riferito all’art. 13 (numeri di telefono, caselle di posta elettronica istituzionali e caselle di posta elettronica certificata dedicate) all’ufficio e non alla persona”. In sostanza, quindi, i cittadini potranno inizialmente interloquire con un’entità astratta, “l’ufficio”, ma non con una persona. Ma, i dati del dipendente pubblico di riferimento per una certa pratica connessa ad un servizio sono “personali”? In ogni caso, l’affermazione del Garante avrà di certo conseguenze operative non da poco: facile immaginare rifiuti futuri di ogni ulteriore forma di indicazione dei nomi dei dipendenti pubblici, anche, per esempio, laddove non se ne possa fare a meno. Si pensi, in particolare, alla figura del responsabile del procedimento, ormai presente in ogni tipologia procedimentale, spesso da rendere nota nei bandi o comunque nella comunicazione pubblica dei procedimenti da seguire. Come si risolverà l’antinomia tra privacy e necessità per il cittadino di avere a che fare non un soggetto anonimo, “l’ufficio”, bensì una precisa persona fisica?

Il parere, incidentalmente, pone in evidenza la permanenza nell’ordinamento di “scorie” normative connesse a modi di concepire ed intendere molto presenti sui media, inizialmente disciplinati da leggi fin troppo attente alle spinte di giornali e talk show, ma poi eliminate.

Ci si riferisce alle famose “fasce” di attribuzione dei “premi” da risultato, inizialmente previste dal d.lgs 150/2009, in realtà mai adottate e poi eliminate.

Il Garante della privacy invita l’Anac a rivedere a fondo lo schema di pubblicità proposto, ma nel proporre le proprie revisioni dimostra che a Palazzo Sciarra siano ancora convinti dell’esistenza delle “fasce”.

Scrive il Garante: “lo schema standard di pubblicazione riguardante l’art. 20 intitolato «Obblighi di pubblicazione dei dati relativi alla valutazione della performance e alla distribuzione dei premi al personale» prevede, fra l’altro, l’indicazione per il personale dirigenziale e non dirigenziale di dati granulari che in alcuni casi potrebbero non risultare sufficientemente aggregati come invece indicato dalla disposizione di riferimento. In particolare l’art. 20 prevede l’obbligo per le pp.aa. di pubblicare dati non riferiti ai singoli dipendenti ma «relativi all’ammontare complessivo dei premi collegati alla performance stanziati e l’ammontare dei premi effettivamente distribuiti». Nello specifico è previsto che debbano essere pubblicati «i criteri definiti nei sistemi di misurazione e valutazione della performance per l’assegnazione del trattamento accessorio e i dati relativi alla sua distribuzione, in forma aggregata, al fine di dare conto del livello di selettività utilizzato nella distribuzione dei premi e degli incentivi, nonché i dati relativi al grado di differenziazione nell’utilizzo della premialità sia per i dirigenti sia per i dipendenti». Nello schema standard di pubblicazione risultano invece individuati dati troppo dettagliati riferiti ai singoli dipendenti divisi per «Fascia di valutazione» (es.: alta-media-bassa; oppure performance eccellente 10-9,5-ottima 9.49-9-adeguata 8,9-8-sufficiente (7.9-6), insufficiente (inferiore a 6) o ancora fascia di merito I-II-III-IV; personale non valutato), numero del personale collocato nella fascia, valore percentuale del personale non dirigenziale collocato nella fascia di valutazione (rispetto al numero complessivo), ammontare del premio corrispondente alla fascia. Si tratta di informazioni che in particolari contesti potrebbero non consentire l’aggregazione dei dati come prevista dall’art. 20, comma 2, laddove ad esempio vi sia anche solo un dipendente in una singola fascia (es. personale non valutato o insufficiente oppure eccellente), con la conseguenza di poter identificare il dipendente e l’ammontare del premio erogato (o non erogato perché insufficiente) stesso all’interno del contesto lavorativo”.

Ecco, bene ha fatto il Garante a fare presente che le fasce non esistono e che il livello di dettaglio chiesto dall’Anac non solo si pone in contrasto con i principi relativi alla trasparenza, ma, a meglio vedere, non hanno alcun appiglio normativo.

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto