Parere ANAC in ordine alla sussistenza di eventuale incompatibilità di ruoli e dipendenti a tempo determinato e indicazioni ai fini del rafforzamento delle misure di prevenzione dei conflitti d’interesse per gli amministratori locali.

E’ stato chiesto ad ANAC di esprimersi in merito alla sussistenza di eventuali incompatibilità, in considerazione di legami di parentela e di cariche ricoperte, in capo a due soggetti da assumere quali dipendenti della omissis con la qualifica di operatore ecologico, che sono risultati essere: – il figlio di un consigliere comunale (in carica presso il comune socio unico di omissis con delega alle partecipate dell’ente che detiene il 100% delle quote sociali; – una signora che attualmente ricopre la carica di Consigliere Comunale dell’ente che detiene il 100% delle quote sociali.

Il Consiglio dell’Autorità evidenzia preliminarmente che:

– non si ravvisano ipotesi di inconferibilità e/o incompatibilità disciplinate dal d.lgs. 39/2013, che attengono esclusivamente ad incarichi amministrativi di vertice e/o dirigenziali in destinazione (e non di dipendente come nel caso prospettato);

 le questioni relative all’accertamento delle cause di incompatibilità o delle situazioni di conflitto di interesse degli amministratori locali, nell’esercizio delle proprie funzioni esulano dalle competenze dell’Autorità sentita.  

Anac riporta di seguito comunque alcune considerazioni di carattere generale ed indicazioni per il rafforzamento delle misure di prevenzione dei conflitti d’interesse per gli amministratori locali.

Come precisato dal PNA 2019, il conflitto di interessi si realizza nel caso in cui l’interesse pubblico venga deviato per favorire il soddisfacimento di interessi privati, di cui sia portatore direttamente o indirettamente il pubblico funzionario.

La nozione di conflitto presenta un’accezione ampia, dovendosi attribuire rilievo “a qualsiasi posizione che potenzialmente possa minare il corretto agire amministrativo e compromettere, anche in astratto, l’imparzialità richiesta al dipendente pubblico nell’esercizio del potere decisionale”. Le norme di riferimento in materia di conflitto per i dipendenti pubblici sono l’art. 6-bis della legge sul procedimento amministrativo (l. n. 241/1990) e i l D.P.R. n. 62 del 2013, che contiene il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, agli articoli 6, comma 2 e 7.

La seconda norma è più dettagliata e prevede che: “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza.  Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.

Detta disposizione contiene dunque una tipizzazione delle relazioni personali o professionali sintomatiche del possibile conflitto di interesse e contiene anche una clausola di carattere generale in riferimento a tutte le ipotesi in cui si manifestino gravi ragioni di convenienza.

Si tratta in sostanza di situazioni che si verificano quando il dipendente pubblico è portatore di interessi della sua sfera privata, che potrebbero influenzare negativamente l’adempimento dei doveri istituzionali, cioè situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l’imparzialità richiesta al dipendente pubblico nell’esercizio del potere decisionale.

La ratio dell’obbligo di astensione, in simili circostanze, va quindi ricondotta nel principio di imparzialità dell’azione amministrativa e trova applicazione ogni qualvolta esista un collegamento tra il provvedimento finale e l’interesse del titolare del potere decisionale.

 Peraltro il riferimento alla potenzialità del conflitto di interessi mostra la volontà del legislatore di impedire ab origine il verificarsi di situazioni di interferenza, rendendo assoluto il vincolo dell’astensione, a fronte di qualsiasi posizione che possa, anche in astratto, pregiudicare il principio di imparzialità.

L’applicazione delle disposizioni richiamate, tuttavia, è destinata esclusivamente ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché a consulenti, collaboratori e dipendenti di imprese fornitrici di beni e servizi in favore dell’ente pubblico. Sono, pertanto, esclusi i componenti degli organi d’indirizzo politico (come nel caso di specie, consigliere comunale), per i quali il conflitto d’interesse è specificamente disciplinato dall’art. 78, comma 2, d.lgs. n. 267/2000, che potrebbe astrattamente venire in rilievo nel caso in esame.

La norma dispone infatti che “Gli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado”.

Il legislatore, dunque, anche in questo caso ha indicato quale misura obbligatoria con funzione preventiva l’astensione dalla partecipazione alla decisione dell’amministratore pubblico, salvo il caso in cui l’atto da adottare abbia carattere normativo o amministrativo generale tale da non consentire un riconoscimento immediato dell’interesse privato di cui quest’ultimo sia eventualmente titolare.

L’obbligo di astensione di cui al comma 2 dell’art. 78 del T.U.E.L. mira, pertanto, a prevenire il conflitto d’interessi ed è finalizzato a salvaguardare il buon andamento e l’imparzialità dell’attività dell’ente locale, che ricorre ogniqualvolta vi sia una correlazione immediata e diretta tra la situazione personale del titolare della carica pubblica e l’oggetto specifico della deliberazione (intesa come attività volitiva a rilevanza esterna).

A ciò si aggiunga che l’art. 5 del citato TUEL prevede che “al sindaco ed al presidente della provincia, nonché agli assessori ed ai consiglieri comunali e provinciali è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province”.

È stato poi chiesto in particolare di conoscere se esista incompatibilità per un consigliere comunale ai sensi dell’art. 63 del TUEL, nel caso in cui quest’ultimo venga assunto dalla azienda in house dell’ente locale, con qualifica di operatore ecologico necessario per il servizio del ciclo dei rifiuti svolto sul territorio.

L’articolo 63, la cui rubrica reca genericamente “Incompatibilità”, elenca una serie di ipotesi in cui potrebbe essere coinvolto un candidato alla carica di sindaco, presidente provinciale, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale che fosse in rapporti tali con l’ente in questione tali da configurare una sorta di conflitto di interesse sia per la professione svolta, per una divergente valutazione degli interessi in gioco, ovvero perché un cumulo di cariche potrebbe metterlo nella condizione di non esercitare il mandato nel modo migliore. Il comma 7 poi estende a colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista nei precedenti articoli.

In particolare, l’incompatibilità esprime il conflitto tra due situazioni in relazione alle quali l’interessato deve optare per una sola di esse. In tale senso, la previsione dell’art. 63, comma 1, nn. 1 e 2 del TUEL dispone l’incompatibilità dell’amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente.

Pertanto, il consigliere Comunale dovrebbe dimostrare che il suo ruolo all’interno della società non è riconducibile a ruoli “come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento”, non prefigurando in tal caso alcuna incompatibilità.

Le norme appena richiamate, pur avendo un ambito di applicazione non del tutto coincidente, confermano in qualche modo l’impostazione del decreto 39, vietando il cumulo tra cariche politiche e ruoli gestionali in società controllate o che prestano servizi per il comune di appartenenza. Se le ipotesi di incompatibilità previste dall’art. 63 del TUEL già citato sono volte a prevenire le situazioni di conflitto di interessi in capo ai titolari di cariche elettive attraverso l’individuazione di posizioni o di situazioni che tipicamente possono dar luogo a tale conseguenza, l’art. 78 contiene la clausola generale in base alla quale per tutti gli amministratori locali vi è sempre l’obbligo di astensione qualora vengano a trovarsi in posizione di conflitto, in quanto portatori di interessi personali, diretti o indiretti, in contrasto potenziale con quello pubblico.

Pertanto, anche quando non risultino integrati tutti i presupposti di cui all’art. 63 che danno luogo ad incompatibilità, potrebbero, comunque, sussistere gli estremi del conflitto di interessi, con conseguente obbligo di astensione dell’interessato dalla decisione che deve essere assunta dall’organo collegiale.

Per quanto concerne gli amministratori locali, si ritiene opportuno in ogni caso fornire alcune indicazioni per il rafforzamento delle misure di prevenzione dei conflitti d’interesse.

Questi ultimi non sono vincolati al rispetto del Codice di comportamento nazionale di cui al d.P.R. n. 62/2013 né a quello adottato dall’amministrazione e rivolto ai dipendenti. Ciò non esclude la possibilità che i componenti dell’organo politico si autovincolino al rispetto di tali disposizioni mediante una dichiarazione di impegno da rendere all’atto del conferimento dell’incarico in cui, ad esempio, diano atto della presenza di parenti all’interno dell’amministrazione, o di enti controllati.

L’efficacia preventiva di tali dichiarazioni potrebbe essere ulteriormente potenziata attraverso la pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente”, al fine di favorire forme di controllo diffuso, e/o la costituzione di un organo di controllo terzo, legittimato ad esprimere pareri sulla configurabilità o meno di un conflitto d’interessi e sul conseguente obbligo di astensione.

Atto del Presidente del 20 marzo 2024 – fasc.1193.2024

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto