Necessario il permesso di costruire per chiusura veranda con ampliamento volumetrico

Gli interventi edilizi che portano alla creazione di un organismo in tutto o in parte diverso da quello preesistente, con anche incrementi di volumetria, sono sempre da considerarsi lavori di ristrutturazione edilizia che, peraltro, possono essere realizzati solo mediante permesso di costruire.

Tale disposizione vale anche per i casi in cui l’ampliamento sia stato di entità minima e conseguito in economia, in quanto si configura sempre e comunque la trasformazione di un manufatto esistente; una tipologia di intervento che, se viene realizzata senza titoli e autorizzazioni, è sanzionabile con l’ordine di demolizione.

Lo ha spiegato il Consiglio di Stato con la sentenza del 5 marzo 2024, n. 2156, con cui ha respinto il ricorso contro l’ordinanza di demolizione relativa ad alcune opere di ristrutturazione eseguite su una veranda, senza alcun titolo edilizio.

Secondo la ricorrente, la struttura era già esistente al momento dell’acquisto dell’immobile e si sarebbe limitata soltanto a sostituire il perlinato in legno, rendendo il tutto più stabile e gradevole da un punto di vista estetico, e a rinsaldare la muratura sottostante, motivo per cui le opere realizzate sarebbero state riconducibili alla categoria della manutenzione ordinaria o straordinaria,senza necessità di un titolo abilitativo (nel primo caso) o di una d.i.a. (nel secondo caso), la cui omessa presentazione avrebbe potuto comportare solo l’irrogazione di una sanzione pecuniaria.

Sulla questione, Palazzo Spada ha ricordato che per valutare la corretta categoria nella quale inquadrare gli interventi edilizi, è necessario tenere in considerazione di base la natura degli stessi e le modifiche che questi comportano al fabbricato già esistente.

In tale ottica, anche se si dovessero conseguire dei lavori di entità minima, che però portano alla trasformazione del precedente organismo edilizio – determinando peraltro un incremento volumetrico – l’intervento non può che essere qualificato come ristrutturazione edilizia “pesante” soggetto sempre a permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 380/2001 (“Interventi subordinati a permesso di costruire”).

Tornando al caso in esame, i lavori hanno portato di fatto alla creazione di un nuovo ambiente chiuso e permanente, tra l’altro con volume maggiore rispetto alla condizione preesistente.

Considerando l’avvenuto ampliamento, seppur di minima entità, e la natura stessa degli interventi, che non possono essere ritenuti solo temporanei, non è possibile inquadrare i lavori nelle categorie della manutenzione ordinaria o della manutenzione straordinaria in base alle definizioni degli interventi edilizi di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

La trasformazione del manufatto ha comportato infatti la realizzazione di un organismo differente rispetto alla condizione preesistente, e dev’essere quindi classificato nella categoria della ristrutturazione edilizia.

Si tratta di un intervento di ristrutturazione “pesante”, che dunque necessita del permesso di costruire, e che risulta sanzionabile ai sensi del TUE, art. 33 (“Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità”), con conseguente legittimità dell’ordine di demolizione disposto dal Comune.

Il Consiglio sottolinea infine che non è possibile considerare tale tipologia di intervento come pertinenziale, in quanto il nuovo manufatto (ampliato e in muratura) non è un esiguo locale accessorio, ma una stanza di quasi 14 mq che gode di una propria autonomia funzionale, e incide quindi anche sul carico urbanistico del territorio.

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