I limiti del potere regolatorio di ARERA

Autorità amministrative indipendenti – Autorità di regolazione per energia reti e ambiente – Potere regolatorio – Eccesso rispetto al mandato legislativo – Deficit di legalità sostanziale – Non compensabile con la legalità procedurale – Applicazione della teoria dei poteri impliciti – Ammissibilità – Limiti.

L’esercizio del potere regolatorio da parte dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente che eccede rispetto al mandato legislativo determina un deficit di legalità sostanziale che non può essere compensato da una declinazione “procedurale” di tale principio e che neppure può essere aggirato con la teoria del c.d. poteri impliciti. Di attribuzioni implicitamente conferite può infatti parlarsi soltanto con riferimento ai poteri “strumentali” sussumibili nello stesso «spazio» giuridico del potere “principale”, situati cioè all’interno dei confini individuati dalla norma attributiva, in ordine a: interesse pubblico perseguito; punto di incidenza materiale; soggetti destinatari; tipo e grado di incisione delle posizioni giuridiche soggettive (1).

Nel caso in esame, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente aveva adottato una delibera con la quale aveva approvato il metodo tariffario rifiuti per il secondo periodo regolatorio 2022-2025. che, per la prima volta, aveva fissato i criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti (c.d. tariffe al cancello). L’Autorità indipendente aveva seguito un approccio asimmetrico per il riconoscimento dei costi alla base delle tariffe di accesso a taluni impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti, distinguendo tra impianti: (a) integrati: ricompresi nell’affidamento al gestore della raccolta integrato, che gestisce almeno uno dei servizi a monte e a valle della catena del valore del settore, e soggetti a regolazione tariffaria; (b) minimi (per la chiusura del ciclo): non integrati nel gestore della raccolta e tuttavia individuati come indispensabili per la chiusura del ciclo dei rifiuti in ambito regionale, soggetti a regolazione dei costi riconosciuti e delle tariffe; (c) aggiuntivi: impianti non integrati e non indispensabili che offrono sul libero mercato la propria capacità, soggetti a meri obblighi di trasparenza sulle condizioni di accesso agli impianti. Gli «impianti minimi», al pari di quelli integrati, sono sottratti al libero gioco della concorrenza nei mercati del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti, in quanto soggetti ad una pianificazione regionale dei flussi di rifiuti conferiti e a una fissazione delle tariffe di accesso. La stessa deliberazione aveva dettato i requisiti per l’individuazione degli «impianti minimi», quali: (a) la presenza nelle filiere del trattamento e dello smaltimento di particolari categorie di rifiuti di rigidità strutturali e, in particolare, di «un forte e stabile eccesso di domanda e da un limitato numero di operatori»; (b) il fatto che tali impianti presenti sul territorio regionale abbiano già una capacità impegnata per flussi garantiti da strumenti di programmazione o da altri atti amministrativi, oppure che siano già stati individuati per la chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti in sede di programmazione da parte dei soggetti competenti. Secondo il Consiglio di Stato la qualificazione degli impianti «minimi» comporta che alcuni operatori – sulla base degli indici selettivi prescelti dal regolatore indipendente – vengano sottratti all’ambito

concorrenziale del mercato del trattamento e smaltimento dei rifiuti, per essere assoggettati alla pianificazione regionale dei flussi di rifiuti conferiti e alla fissazione autoritativa del prezzo. Secondo il Consiglio di Stato, si tratta di una misura regolatoria – volta a fronteggiare le manifestazioni di potere economico dei titolari di impianti privati – che eccede il mero svolgimento tecnico di modelli di razionalità tariffaria, sporgendo vistosamente rispetto al mandato legislativo che riguarda la sola determinazione autoritativa del prezzo sulla base dei costi efficienti. Nella sentenza si precisa che stabilire i confini tra attività riservate al settore pubblico, attività regolate e attività lasciate alla concorrenza nel mercato, così come orientare i mercati verso assetti più giusti, limitando la spinta alla massimizzazione del profitto, spetta al decisore politico. Alla luce delle considerazioni sopra sintetizzate il Consiglio di Stato ha ritenuto sussistente il vizio di carenza di potere.

 

(1) Precedenti conformi: in generale, sul principio di legalità sostanziale: Cons. Stato, sez. VI, 9 novembre 2018, n. 6330. Sulla necessità, nel caso di dequotazione del principio di legalità in senso sostanziale, di un rafforzamento del principio di legalità in senso procedimentale: Cons. Stato, sez. VI, 24 maggio 2016, n. 2182.

Precedenti difformi: non risultano precedenti difformi.

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