Tratto da leautonomie.it a cura di Luigi Oliveri

L’Anci piange sul latte versato della carenza di segretari comunali, che affligge in particolare i piccoli comuni.

I dati numerici sono la controprova del fallimento completo della sciagurata riforma del 1997: risulta dall’associazione dei comuni che a marzo 2024 su 2.196 sedi di comuni di fascia C (comprendenti gli enti fino a 3000 abitanti) ne risultano coperte solo 261: il 90 per cento circa è con sede vacante. Succede l’opposto nelle 535 sedi di fascia A, alla quale appartengono i comuni più appetibili, con popolazione superiore a 65 mila abitanti: vi sono 1003 i segretari iscritti all’albo, il doppio del fabbisogno.

Sono le evidenze della creazione di un sistema mostruoso, che produce tanti generali e nessun soldato. Gli effetti delle riforme Bassanini erano facilmente prevedibili. La trasformazione dell’accesso alle fasce più elevate da concorso pubblico per la qualifica dirigenziale in una serie di corsi formativi, per quanto impegnativi, ha eliminato qualsiasi filtro all’accesso alle sedi maggiori ma, soprattutto, non si è basata su nessuna programmazione dei fabbisogni.

Il lavoro nei comuni di piccole dimensioni è particolarmente disagiato: sui segretari comunali grava il peso intero di amministrazioni spesso prive dell’essenziale.

Le decisioni da assumere per modificare un trend che ormai va avanti da quasi 28 anni sono molte. Non basta certo agire solo sui segretari comunali. Prima ancora occorre decidere cosa fare dei comuni di piccole dimensioni.

Per esempio, li si è già privati, nella sostanza, della possibilità di fare e gestire appalti. Occorre chiedersi se siano in grado di svolgere davvero e con efficienza altre funzioni decisive e complesse: la programmazione urbanistica, l’attività edilizia, la corretta gestione dei rifiuti, l’erogazione di servizi sociali completi.

L’impressione molto chiara è che tali enti, privi di personale qualificato e comunque con piante organiche asfittiche e ridottissime, non siano per nulla in grado di reggere e tutto si scarica sui sindaci e sui segretari comunali.

Il sistema della carriera di questi, comunque, consente letteralmente loro di “scappare” (aspirazione comprensibilissima) da quelle realtà, ascendendo dalla fascia C a quella B in poco tempo, senza i già ricordati filtri e programmazione.

Bisogna, allora, decidere: i comuni rachitici servono davvero, oppure no? Se sì, stabilire una volta e per sempre regole operative e gestionali diverse, in modo da commisurare dotazioni organiche irrimediabilmente striminzite alle funzioni concretamente gestibili. Il che richiede un ripensamento formidabile del sistema locale, per distribuire ad altri enti la gestione delle funzioni che gli enti troppo pulviscolari proprio non possono reggere. La follia della riforma delle province del 2014 ha indebolito proprio gli unici enti, le province, che con un minimo di senso avrebbero potuto offrire una stabile organizzazione a supporto dei comuni di piccole dimensioni.

Rivista la contabilità, le regole di gestione del personale, lo spettro delle funzioni fondamentali degli enti pulviscolari, cancellate le assurdità come le norme che permettono a sindaci ed assessori di fare da responsabili di servizio, allora si può discutere del ruolo e delle funzioni dei segretari comunali.

Introducendo, ad esempio, regole analoghe a quella dell’obbligo di permanenza nella prima sede per 5 anni, trasformabile in obbligo di permanenza nella prima fascia per almeno 5 anni. E rivedendo il sistema dell’accesso alle fasce superiori attivando i corsi, ma sarebbe meglio i concorsi pubblici (si accede a qualifiche dirigenziali), sulla base della programmazione delle fuoriuscite dei segretari già inseriti in quelle fasce.

Ancora, occorrerebbe vietare l’assurdità di scavalchi effettuati da segretari di enti di grandissime dimensioni (capoluoghi, province, enti oltre 50.000 abitanti) verso enti piccoli: oltre ad essere un paradosso, perchè segretari impegnati in gravosissime attività in enti complessi non si capisce come possano con efficienza ed attenzione sorreggere (tra interim continui e “avocazioni” immancabili) anche l’attività di altri enti, è un evidente “tappo” all’ingresso di altri segretari ed una scelta comoda e di comodo per i sindaci, per disporre “a poco prezzo” di un segretario solo di nome, ma pochissimo di fatto. Scelta esiziale, tuttavia molto perseguita, che priva di buona parte di credito l’intervento – tardivo, troppo tardivo – dell’Anci volto a risolvere il problema della carenza di segretari che l’Anci ha fortemente contribuito ad autoprodurre.

In ultimo, l’abolizione del pessimo spoil system dei segretari comunali e la definizione di un trattamento economico che sin dall’ingresso nella carriera si riveli congruo (senza ricorrere ai trucchi del galleggiamento o dell’inseguimento di ulteriori incarichi), sono le strade serie da percorrere per una riforma che abbia un minimo di speranza di avere effetto.

Torna in alto