29/11/2022 – Corte dei Conti: illegittimità costituzionale dell’art. 43 del DL 113/2004 sul Fondo di rotazione

Con ordinanza del 17 novembre 2022, la Corte dei Conti sezione regionale di controllo per il Lazio, ha sollevato dinanzi alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 del D.L n. 133/2014 e dell’art. 53 del D.L. n. 104/2020. La vexata quaestio dell’utilizzo del fondo di rotazione di cui all’art. 243-bis comma 6 in termini di competenza per il finanziamento dei debiti fuori bilancio e del disavanzo giunge, dunque, (e finalmente, potremmo dire), al vaglio della Consulta.

Riassumiamo brevemente la questione. Come noto, tra le varie misure di risanamento per gli enti che deliberano il ricorso alla procedura di riequilibrio di cui all’art. 243-bis del TUEL, è prevista, quale misura straordinaria, il ricorso all’utilizzo del fondo di rotazione.

Con l’art. 43 del D.L. n. 133/2014, il legislatore ha previsto che questo strumento, oltre che come mera anticipazione di liquidità, possa essere utilizzato per finanziare i debiti fuori bilancio ricondotti all’interno dei piani di riequilibrio pluriennale, nonché il disavanzo dell’ente. Quindi, il citato art. 43 ha consentito un utilizzo, oltre che per cassa, anche per competenza, come vero e proprio mezzo di copertura della spesa necessaria a far fronte ai debiti fuori bilancio inseriti nel piano di riequilibrio.

Una facoltà cui hanno fatto ricorso molti enti, impossibilitati ad attivare altre adeguate misure di risanamento finanziario.

Tale possibilità di utilizzo del fondo di rotazione ai sensi dell’art. 43 del D.L. 133/2014, seppure con orientamenti non sempre univoci, sembrava aver trovato un suo definitivo riconoscimento da parte della magistratura contabile: la Corte dei Conti – sezione regionale di controllo per il Lazio, in particolare, con la deliberazione n. 6/PRSP/2018, oltre a riconoscerne la legittimità, ne aveva indicato in maniera puntuale le modalità di contabilizzazione, distinguendo le due casistiche: contabilizzazione secondo le modalità indicate dalla deliberazione n. 14/SEZAUT/2013/QMIG della Corte dei Conti sezione Autonomie, in caso di utilizzo del fondo in termini di pura cassa (con conseguente necessità di sterilizzare la relativa entrata mediante la costituzione di uno specifico accantonamento in parte spesa, al fine di evitare un’espansione della capacità di spesa ed ingiustificati effetti migliorativi sul risultato di amministrazione dell’ente beneficiario); contabilizzazione alla stregua di un puro trasferimento dello Stato, imputando l’entrata al titolo secondo ed iscrivendo la relativa restituzione quale spesa corrente per trasferimenti, al titolo primo, intervento 05, nel caso di utilizzo per competenza; senza necessità, dunque, di sterilizzare la rispettiva entrata. In tal caso, infatti, aveva chiarito la sezione regionale di controllo per il Lazio, “…il fondo di rotazione si caratterizza, anzitutto, in quanto vengono messe a disposizione dell’ente, in unica soluzione, risorse le quali assicurano, nello stesso esercizio, il finanziamento e il pagamento di tutti i debiti fuori bilancio per i quali è stato richiesto. La concessione del fondo, seppure soddisfa gli originari creditori e libera immediatamente il bilancio dalle relative passività, non esaurisce, per lo stesso importo, l’esigenza di riequilibrio del piano, il quale viene gravato dei conseguenti oneri restitutori. Nella massa passiva, infatti, agli iniziali debiti soddisfatti con le risorse del fondo si sostituisce l’obbligazione restitutoria, nuova nel soggetto creditore (lo Stato) e nelle modalità di adempimento, da eseguire non in unica soluzione, ma sulla base di rate semestrali in un periodo massimo di dieci anni”.

Sulla scorta di tale lettura, non solo la Commissione per la Stabilità degli Enti Locali presso il Ministero dell’Interno (organo deputato alla verifica preventiva dei PRPF) ha consentito tale forma di utilizzo del fondo di rotazione, ma la modalità di contabilizzazione del fondo stesso è stata trasfusa nel principio contabile della competenza finanziaria potenziata di cui all’allegato 4/2 al D. Lgs. n. 118/2011. Il punto 3.20-bis del citato principio contabile, introdotto dal D.M. 1° agosto 2019, richiama, infatti, proprio le modalità di contabilizzazione della citata pronuncia della sezione Regionale Lazio n. 6/2018.

Successivamente, però, anche sulla scia delle sentenze della Corte Costituzionale n. 4/2020 e n. 80/2021 con cui la Consulta aveva censurato, rispettivamente, l’art. 2, comma 6, del D.L. n. 78/2015 prima, e l’art. 39-ter del D.L. n. 162/2019 (eliminando definitivamente disposizioni normative che consentivano un utilizzo dell’accantonamento del FAL di cui al D.L. n. 35/2013 in difformità dell’art. 119 della Costituzione), gli approdi interpretativi della giurisprudenza contabile sono diventati più restrittivi e contrastanti. Accanto alla lettura tradizionale, si è andata consolidando una lettura alternativa, più restrittiva e costituzionalmente orientata dell’art. 43 del D.L. n. 133/2014. In base a tale corrente interpretativa, non sarebbe consentito un utilizzo del fondo di rotazione quale copertura della spesa, ma esclusivamente in termini di cassa, quale mera anticipazione di liquidità; con il conseguente obbligo, per gli enti beneficiari, di sterilizzare la relativa entrata in bilancio, al fine di evitare fenomeni di espansione della capacità di spesa oltre che ingiustificati effetti migliorativi sui risultati di amministrazione. Secondo tale approdo interpretativo della giurisprudenza contabile, il fondo di rotazione, dunque, qualora utilizzato per il pagamento dei debiti pregressi che concorrono alla determinazione del disavanzo, può operare solo come risorsa per cassa, non potendo dare “copertura” al disavanzo (per la ricostruzione). Per tale ragione tale risorsa non può essere registrata come entrata/copertura pleno iure e deve essere neutralizzata in bilancio alla stregua di una anticipazione ordinaria. L’utilizzo in termini di competenza del fondo di rotazione costituirebbe una copertura illegittima, in chiara violazione dell’art. 119 comma 6 della Costituzione, la cd. “regola aurea” che consente agli enti l’indebitamento esclusivamente a fronte di spese di investimento. Secondo i giudici contabili, tale interpretazione conforme a Costituzione sarebbe confermata da una norma primaria successiva con valore innovativo-interpretativo, con effetto retroattivo, ossia l’art. 53, comma 4, del D.L. n. 104/2020, il quale prevede che «Le risorse di cui al comma 3 [ossia che finanziano il fondo di rotazione] non possono essere utilizzate secondo le modalità previste dall’articolo 43 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164» (in tal senso cfr. Sez. reg. contr. Lazio n. 108/2021; Sez. reg. contr. Calabria n. 3/2020/PRSP; sez. Reg. contr. Lazio n. 11/2022/PRSP).

Una lettura restrittiva (anche oltre la formulazione letterale della norma), tuttavia, non recepita in modo uniforme. Altre sezioni hanno, infatti, continuato a decidere in maniera diametralmente opposta: le recenti pronunce della sez. reg. Umbria (delibera n. 1/2021/PAR), ma anche delle Sezioni Riunite, in sede giurisdizionale e in speciale composizione, (sentenza n. 7/2021), hanno di fatto ammesso l’utilizzo del fondo di rotazione per competenza, quale modalità di copertura dei disavanzi e dei debiti fuori bilancio.

Una situazione di inaccettabile incertezza nell’applicazione di un fondamentale istituto finalizzato al risanamento degli enti in crisi finanziaria, che si è tradotta in una sostanziale disparità di trattamento tra enti che avevano optato per l’utilizzo del fondo di rotazione, semplicemente in ragione della distribuzione geografica o del momento storico di ricorso all’istituto. In palese contrasto con l’art. 3 della carta costituzionale soprattutto in relazione all’importanza degli interessi di intere collettività locali.

La palla ora passa alla Consulta, che dovrà stabilire la conformità o meno dell’art. 43 del D.L. 133/2014 alla regola della “Golden Rule” di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 119 della Costituzione.

È evidente che la questione, oltre che di particolare complessità, è di estrema rilevanza, in relazione alle conseguenze che comporterebbe un’eventuale censura delle norme impugnate sulla situazione finanziaria di quegli enti in riequilibrio e che hanno deliberato l’utilizzo del fondo di rotazione. In caso di incostituzionalità della norma, infatti, tali enti, rischierebbero quasi certamente di dichiarare il dissesto finanziario. Al netto di interventi salvagente da parte del legislatore, sulla scia di quanto accaduto a seguito delle sentenze n. 4/2020 e n. 80/2021 della stessa Corte Costituzionale a proposito del fondo anticipazione di liquidità (FAL).

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