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Giurisdizione – Contratti della Pubblica amministrazione – Contratti attivi – Giurisdizione del giudice amministrativo.

Contratti della Pubblica amministrazione – Contratti attivi – Procedura di evidenza pubblica – Esclusione – Limiti. 

      L’art. 4, d.lgs. n. 50 del 2016 sottopone la conclusione dei contratti attivi, dai quali deriva un’entrata per l’Amministrazione, al rispetto di principi e regole procedurali di natura pubblicistica che determinano, per quanto riguarda le controversie concernenti il procedimento di scelta del contraente, la giurisdizione del giudice amministrativo (1).

       Ai sensi dell’art. 4, d.lgs. n. 50 del 2016, i contratti attivi della Pubblica amministrazione sono esclusi dalla procedura di evidenza pubblica, ma sono tuttavia assoggettati ai “principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica”. Quindi la Pubblica Amministrazione che intenda affidare a terzi un proprio bene non può liberamente, come un qualsiasi contraente privato, individuare la propria controparte negoziale (mediante le modalità ritenute più opportune), ma deve rispettare un nucleo minimo di regole di evidenza pubblica (in particolare, di pubblicità), a tutela dell’interesse pubblico al miglior utilizzo del bene, della concorrenza e del mercato (2). 

(1) Ha ricordato la Sezione che il procedimento di scelta del contraente da parte di un ente pubblico, anche nei contratti attivi della pubblica amministrazione, ricade, comunque, nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo. Non può infatti obliterarsi che l’art. 4, d.lgs. n. 50 del 2016 sottopone anche la conclusione dei contratti attivi dai quali derivi un’entrata per l’Amministrazione al rispetto di principi e regole procedurali che determinano la cognizione del giudice amministrativo. Come precisato dalla giurisprudenza (Tar Lazio, sez. III,  26 giugno 2018, n. 7130tar Sardegna, sez. I, 4 marzo 2019, n. 188) alla piena applicazione dei principi in questione, pertanto, non può che corrispondere la giurisdizione del giudice amministrativo. Non si vede, infatti, come potrebbe assicurarsi il rispetto dei parametri sopra indicati se non attraverso una procedura concorrenziale, disciplinata da regole autoritativamente imposte ed in rapporto alla quale, correlativamente, sussiste un interesse legittimo dei partecipanti al corretto esercizio del potere. Non depone in senso contrario la giurisprudenza richiamata dalla controinteressata, che, nell’affermare la giurisdizione del giudice ordinario sul contratto di locazione, si riferisce a controversie riguardanti la fase esecutiva (Tar Umbria 19 febbraio 2020, n. 105) e non già la genesi del rapporto. 

 

(2) Ha chiarito la Sezione che ai fini dell’inclusione di un bene nel patrimonio indisponibile deve sussistere il doppio requisito, soggettivo e oggettivo, id est, la manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico, desumibile da un espresso atto amministrativo, di destinare quel determinato bene a un pubblico servizio, e l’effettiva e attuale destinazione del bene a pubblico servizio” (Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2020, n. 5779).

Come chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione (sia pure ai fini della delimitazione della giurisdizione esclusiva ex art. 33 del d. lgs. 31 marzo 1998 n. 80) con sentenza 30 marzo 2000, n. 71, “il servizio si qualifica come “pubblico” perché l’attività in cui esso consiste si indirizza istituzionalmente al pubblico, mirando a soddisfare direttamente esigenze della collettività in coerenza con i compiti dell’amministrazione pubblica (che possono essere realizzati direttamente o indirettamente, attraverso l’attività di privati). Il servizio pubblico è, cioè, caratterizzato da un elemento funzionale (soddisfacimento diretto di bisogni di interesse generale) che non si rinviene nell’attività privata imprenditoriale, anche se indirizzata e coordinata a fini sociali”. Nel caso esaminato dalle Sezioni Unite si è, così, affermato che “l’attività di produzione e distribuzione di farmaci da parte delle case farmaceutiche non si indirizza istituzionalmente al pubblico, servendo a rifornire strutture (ospedaliere e farmaceutiche) che soddisfano successivamente le esigenze della collettività”.   

Di conseguenza, lo strumento giuridico attraverso il quale concedere a terzi il diritto di (mera) utilizzazione del bene è rappresentato dallo schema negoziale privatistico della locazione, come chiarito dalla giurisprudenza, che evidenzia come: “questa corretta impostazione, incentrata sulla diversa natura oggettiva dei beni, pur soggettivamente riferibili al titolare pubblico, determina anche conseguenze in ordine alla individuazione degli strumenti giuridici utilizzabili per attribuire a soggetti terzi il diritto di utilizzazione. 18. Tali mezzi non sono affatto fungibili per tutti i beni soggettivamente appartenenti all’amministrazione, ma devono risultare congruenti alle regole proprie di ciascuna categoria di beni. In tale prospettiva, il modulo pubblicistico della concessione appare l’unico pienamente compatibile con il regime dei beni pubblici in senso stretto (patrimonio indisponibile e demanio). Non sembra avere spazio, invece, lo schema normativo della locazione di diritto comune, se non nei limitati margini in cui la relativa disciplina sia puntualmente recepita nelle convenzioni accessive al provvedimento, oppure esprima alcuni principi di carattere generalissimo, idonei a colmare eventuali lacune di disciplina del rapporto” (Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2007, n. 6265) e che “in difetto di tali condizioni e della conseguente ascrivibilità del bene al patrimonio indisponibile, la cessione in godimento del bene medesimo in favore di privati non può essere ricondotta ad un rapporto di concessione amministrativa (demaniale), ma, inerendo ad un bene facente parte del patrimonio disponibile, al di là del nomen iuris che le parti contraenti abbiano inteso dare al rapporto, essa viene ad inquadrarsi nello schema privatistico della locazione” (Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 2019, n. 4784). ​​​​​​​

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