Processo amministrativo – Ricorso collettivo e cumulativo – Ricorso collettivo – Condizione.
Processo amministrativo – Legittimazione attiva – Atti di pianificazione – Qualità di cittadino residente nel territorio interessato – Esclusione – Suolo qualificato dalla legislazione regionale come “bene comune” – Irrilevanza.
Affinché i ricorsi collettivi siano ammissibili nel processo amministrativo, occorre che vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali; è, in particolare, necessario che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto, ossia afferiscano ai medesimi atti e rechino le medesime censure; le posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti siano del tutto omogenee e sovrapponibili; i ricorrenti non versino in condizioni di neppure potenziale contrasto (1).
Non sussiste la legittimazione a impugnare atti di pianificazione in ragione della mera qualità di cittadino residente nel territorio interessato dagli stessi anche se il suolo è stato qualificato dalla legislazione regionale come “bene comune” (2).
(1) Ha chiarito la Sezione che anche nell’attuale cornice codicistica la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, in quanto tesa a tutelare un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal relativo titolare con separata azione.
Ciò, del resto, è il precipitato tecnico della natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, deputata ad erogare tutela giurisdizionale ad una posizione soggettiva lesa dall’azione amministrativa, non a veicolare un controllo oggettivo della legittimità dell’azione amministrativa stessa, scisso da una concreta lesione arrecata agli specifici interessi di un determinato consociato.
In altra prospettiva, il controllo della legittimità dell’azione amministrativa non è l’obiettivo ultimo del processo amministrativo, ma configura, invece, un (sia pur ineludibile) strumento funzionale alla tutela della situazione azionata in giudizio, che costituisce l’oggetto, lo scopo ed il limite della giurisdizione amministrativa (art. 1 c.p.a.).
Pertanto, la proposizione contestuale di un’impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di stringenti requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di alcuni dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con l’accoglimento delle istanze degli altri; i secondi consistono, invece, nell’identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3155; id., sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 363; id., sez. III, 20 maggio 2014, n. 2581).
(2) Ha ricordato la Sezione che la regola giurisprudenziale della carenza di legittimazione a impugnare atti di pianificazione in ragione della mera qualità di cittadino residente nel territorio interessato dagli stessi non soffre eccezione per il fatto che la legislazione regionale in materia, nella parte in cui introduce condizioni e limiti al potere comunale di pianificazione, abbia qualificato il suolo come “bene comune” da salvaguardare. Infatti, dal momento che la materia “ordinamento civile” è riservata alla legislazione esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lett. l), Cost.), e dovendo le leggi regionali essere interpretate secundum Constitutionem, la qualificazione del suolo come “bene comune” contenuta in una legge regionale non può essere interpretata come volta ad alterare ab interno lo statuto del diritto di proprietà come enucleato nel codice civile e le facoltà che vi rientrano, ivi comprese quelle di iniziativa processuale.
La Sezione ha aggiunto che, in termini generali, allorché la previsione urbanistica impugnata non afferisca direttamente alla proprietà del ricorrente ma ad un’area ad essa contermine, è necessario che sia enucleata specificamente la concreta lesione arrecata dalla previsione, pena l’inammissibilità del gravame (Cons. Stato, sez. IV, 10 febbraio 2020, n. 1011; id. 4 dicembre 2017, n. 5674).
Cons. St., sez. IV, 18 marzo 2021, n. 2341 – Pres. Greco, Est. Lamberti
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