26/05/2021 – Quando la privacy diventa una jihad

Ha fatto molto discutere la vicenda dell’ eccesso di trasparenza rilevato dall’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali in merito all’agenda dei portatori di interessi del Ministero della Transizione Ecologica. Per i dettagli rimandiamo all’ottimo articolo del Fatto Quotidiano.

C’è molto stupore in giro. Ma c’è anche chi si stupisce di tanto stupore: il Garante della Privacy, in fondo, sta facendo solo il suo mestiere. Combatte la sua personale jihad in un mondo tutto fatto di atti, pareri e sanzioni, supportato da una normativa che non lascia scampo: “si ricorda che i soggetti pubblici, come codesto Ministero, possono diffondere «dati personali» solo se tale operazione è prevista «da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento» (art. 2-ter, commi 1 e 3, del Codice)“.

Ma noi non ce la sentiamo di liquidare tutta la questione come l’ennesimo round di box tra Privacy e Trasparenza, anche perché la privacy avrebbe le sembianze di un inespugnabile colosso. Ci sentiamo come quel tale che va in piazza per protestare e viene preso a manganellate dalla forza pubblica. Mentre lo stanno massacrando di botte e chiede aiuto, un passante gli dice: “Di che ti lamenti? La Polizia sta facendo il suo lavoro”. E lui risponde “Embé? E perché lo devono proprio fare contro di me?”

Già, perché di randellate ne abbiamo prese tante. Così come ne ha prese l’INPS che è stata sanzionata per 300.000 euro nello scorso marzo dal Garante che ha riscontrato violazioni nell’ambito degli accertamenti antifrode effettuati dall’Inps riguardo al “bonus Covid” per le partite Iva. Vicenda di cui ci eravamo occupati anche noi in un precedente post e che ci fa molto dubitare se in questo Paese si vogliono far emergere casi di frode o corruzione. Ci chiediamo, da persone dell’occidente, piene di dubbi e dilemmi, se l’attuale Guerra Santa condotta per la difesa di principi certamente importanti come la tutela dei dati personali debba cessare. Ma a voi non vi vengono gli stessi dubbi che vengono a noi?

L’elevata caratura intellettuale di questo blog, ed il rispetto per i nostri lettori, ci obbligano a usare l’interiezione “Embè” in luogo di espressioni più colorite, che rendono grazie alle maschili pudenda… Insomma, ci siamo capiti: è questa la nostra reazione, quando leggiamo i rilievi del Garante.

Per questo, armati solo di comune buon senso, consideriamo alcuni passaggi della controversa “nota” del Garante….

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Embè? E che problema c’è? Per caso le lobby influenzano solo i politici? E soprattutto, che cosa avrebbero dovuto pubblicare: i verbali degli incontri, previo consenso del lobbista di turno? 

<> tuona il Garante <>

Embè? E che problema c’è? Le pressioni indebite e distorsioni dei processi decisionali pubblici si verificano anche durante “semplici riunioni”. E agli incontri tra le amministrazioni spesso partecipano consulenti ed esperti che provengono dal privato e che (come tutti gli esperti) vendono esperienza ed acquisiscono informazioni. 

Roberto Cingolani, nel suo ruolo di Ministro della Transizione economica, non sa più che pesci pigliare:  “Io francamente non so che fare. Se la tolgo mi massacrano, perché dicono che non sono trasparente, se la lascio espongo il ministero a sanzioni”, dichiara il Ministro al giornale. Non vorrebbero essere nei suoi panni, ma anche nei nostri panni di semplici cittadini non stiamo troppo tranquilli: tutti i tentativi di innovazione e trasparenza, in questo sventurato Bel Paese, vengono masticati e digeriti, trasformati in un bolo di adempimenti e poi espulsi come si espelle un corpo estraneo quando si capisce che non ha attecchito. Accade oggi, nel 2021, con le Agende dei portatori di interessi. E’ accaduto nel 2016 con l’Accesso Civico Generalizzato, un diritto di accesso universale ai dati e alle informazioni detenute dalla pubblica amministrazione, introdotto avendo in mente il modello del FOIA anglo-americano e svedese … ma che per lungo tempo non ha nemmeno consentito di accedere ai documenti di esecuzione dei lavori pubblici!

Nelle democrazie adulte il processo decisionale pubblico è sottratto alla privacy. Una ovvietà che è sancita nei Paesi scandinavi dalla presenza di leggi costituzionali che presidiano questo (ripetiamo “ovvio”) principio e che, ad esempio, porta i suddetti Paesi a non adottare una normativa particolare per la registrazione dei portatori di interessi perché, dicono, è un passaggio culturale che è stato già compiuto. 

Ma qui da noi, in Italia, di questo “passaggio culturale” non abbiamo traccia. Ed è per questo che chi partecipa in qualsiasi modo alla formazione di una decisione che impatta sugli interessi primari di una collettività deve essere noto, devono essere noti gli interessi che porta e a chi li porta. 

A nostro modesto parere, sarebbe ora di definire chiaramente i limiti della normativa sulla privacy, soprattutto quando è in gioco la tutela dell’integrità del sistema pubblico e la fiducia dei cittadini. Esiste un diritto individuale alla tutela dei dati personali, ma esistono anche i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, che non sono diritti, ma aspettative della collettività che si traducono in principi di funzionamento dell’intero sistema pubblico. 

Lasciamo ai giuristi e ai filosofi l’arduo compito di decidere se i diritti prevalgano sui principi costituzionali, oppure se l’individuo sia più importante della collettività. Noi ci limitiamo ad osservare che i francesi usano l’espressione “protection de la vie privée”, per riferirsi alla tutela della privacy. Protezione della vita privata, appunto, che viene meno quando si entra nel sistema pubblico e si influenzano processi decisionali che impattano anche sulla (e soprattutto) sulla vita degli altri. 

Vi lasciamo con un piccolo test che valuta il vostro posizionamento rispetto a queste controverse tematiche… Un test, tra le altre cose, che è stato brillantemente superato da una gentile signora che è voluta restare anonima (qualcuno dice che dietro alla signora si celasse un giornalista di inchiesta; perché si dovesse celare è chiaro dal posizionamento dell’Italia nel ranking sulla libertà di stampa).


E' quasi Natale. State andando dai vostri parenti e già questo vi rende la giornata intollerabile. Per di più ora vi trovate  in un autogrill, perché vostra/o moglie/marito ha deciso che "la devo fare, fermati!". La vostra attenzione viene improvvisamente sequestrata dalla presenza, ai margini di un vialetto erboso, di un personaggio che vi è familiare. Riconoscete in lui un uomo politicamente esposto nell'atto di dialogare con un soggetto a voi ignoto che, in maniera assai ossequiosa, si congeda con queste parole: "Rimango a disposizione". L'uomo in questione, scoprirete in seguito, è un personaggio controverso appartenente ai servizi segreti. State decidendo di rendere pubblica questa circostanza, ad esempio attraverso un video da inviare ai media. Vi sorgono dei dubbi, delle domande a cui dovrete rispondere velocemente e che determineranno la vostra scelta su cosa fare....

Ed ecco i pensieri che vi girano in testa. A seconda di come risponderete, scoprirete il vostro posizionamento:

  • E’ un problema suo chi vuole incontrare e dove. La mia testimonianza sarebbe una palese violazione della sua privacy. E’ un personaggio pubblico, ma al di fuori delle arene istituzionali ha il diritto di incontrare chi vuole e dove vuole.
  • I rappresentanti delle istituzioni dovrebbero incontrare soggetti portatori di interessi, privati o pubblici, all’interno delle sedi istituzionali. La mia testimonianza potrebbe aumentare l’attenzione su queste pratiche opache. 
  • Ma quando si sbriga mia moglie/marito che dobbiamo andare e siamo già in ritardo!
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