17/07/2018 – Convocazione del consiglio comunale su richiesta di un quinto dei consiglieri

Convocazione del consiglio comunale su richiesta di un quinto dei consiglieri

di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Albinea e Responsabile Servizio Gestione Crediti dell’Unione dei Comuni Colline Matildiche

Il pronunciamento del Ministero dell’Interno-Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, e di cui al parere 3 luglio 2018, riguarda la questione del mancato inserimento di alcuni punti dell’ordine del giorno di una seduta consiliare, convocata ai sensi dell’art. 39, comma 2, del Testo Unico degli Enti Locali.

La questione è la seguente:

– alcuni consiglieri di minoranza hanno lamentato il mancato inserimento di alcuni punti dell’ordine del giorno di una seduta consiliare, convocata ai sensi dell’art. 39, comma 2, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, secondo cui “Il presidente del consiglio comunale o provinciale è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco o il presidente della provincia, inserendo all’ordine del giorno le questioni richieste”;

– il Sindaco, nella sua veste di Presidente del consiglio comunale, ha espunto dall’elenco degli argomenti per i quali si era richiesto l’esame dell’assemblea, le questioni afferenti a: i) destinazione d’uso di un immobile; ii) proposta di concessione d’uso dello stemma comunale; iii) intitolazione delle scuole elementari; iv) manutenzione straordinaria e riqualificazione di una scuola primaria; ciò in quanto, a suo avviso, tali argomenti esulano completamente dal novero delle materie di competenza consiliare ai sensi del successivo art. 42 TUEL.

Al riguardo, il Ministero osserva, in linea generale, che:

– il diritto ex art. 39, comma 2, TUEL ” … è tutelato in modo specifico dalla legge con la previsione severa ed eccezionale della modificazione dell’ordine delle competenze mediante intervento sostitutorio del Prefetto in caso di mancata convocazione del consiglio comunale in un termine emblematicamente breve di venti giorni” (T.A.R. Puglia, Sez. I, 25 luglio 2001, n. 4278);

– l’orientamento che vede riconosciuto e definito “… il potere dei consiglieri di chiedere la convocazione del Consiglio medesimo” come “diritto” dal legislatore è, quindi, ormai ampiamente consolidato (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 4 febbraio 2004, n. 124);

– la questione sulla sindacabilità dei motivi che determinano i consiglieri a chiedere la convocazione straordinaria dell’assemblea, si è orientata nel senso che al Presidente del Consiglio spetti solo la verifica formale della richiesta prescritto numero di consiglieri, non potendo comunque sindacarne l’oggetto;

– la giurisprudenza in materia si è da tempo espressa affermando che, in caso di richiesta di convocazione del consiglio da parte di un quinto dei consiglieri, “al presidente del consiglio comunale spetta soltanto la verifica formale che la richiesta provenga dal prescritto numero di soggetti legittimati, mentre non può sindacarne l’oggetto, poiché spetta allo stesso consiglio nella sua totalità la verifica circa la legalità della convocazione e l’ammissibilità delle questioni da trattare, salvo che non si tratti di oggetto che, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell’assemblea in nessun caso potrebbe essere posto all’ordine del giorno” (T.A.R. Piemonte, n. 268/1996, T.A.R. Sardegna, n. 718/2003);

– il T.A.R. Sardegna, con la sentenza n. 718/2003, ha respinto un ricorso avverso un provvedimento prefettizio ex art. 39, comma 5, TUEL in quanto, ad avviso del giudice amministrativo, il Prefetto non poteva esimersi dal convocare d’autorità il Consiglio Comunale, “essendosi verificata l’ipotesi di cui all’art. 39 del T.U.E.L. n. 267/2000“;

– appartiene ai poteri sovrani dell’assemblea decidere in via pregiudiziale che un dato argomento inserito nell’ordine del giorno non debba essere discusso (questione pregiudiziale) ovvero se ne debba rinviare la discussione (questione sospensiva); in tal senso: T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 4278/2001 e 124/2004.

– qualora l’intenzione dei proponenti non sia diretta a provocare una delibera in merito del Consiglio comunale, ma a porre in essere un esame degli argomenti proposti, si potrebbe ipotizzare, ai sensi dell’art. 42, comma 1, D.Lgs. n. 267 del 2000, che rientri nella competenza del Consiglio comunale in qualità di organo d’indirizzo e di controllo politico-amministrativo, anche la trattazione di questioni che, pur non rientrando nell’elencazione del comma 2 del medesimo art. 42, attengono comunque al suddetto ambito di controllo; del resto, la dizione legislativa che parla di “questioni” e non di deliberazioni o di atti fondamentali (art. 39, comma 4, TUEL), conforta nel ritenere che la trattazione di argomenti non rientranti nella previsione del citato art. 42, comma 2, non debba necessariamente essere subordinata alla successiva adozione di provvedimenti da parte del consiglio comunale.

Per quanto concerne la specifica problematica prospettata, secondo il Ministero solamente l’intitolazione delle scuole elementari (alla luce della circolare del Ministero dell’Istruzione n. 313/1980 recante “Intitolazione di scuole, di aule scolastiche e di locali interni alle scuole“), sembrerebbe esulare completamente dalla competenza dell’organo rappresentativo dell’ente, non potendo escludersi, in astratto, una competenza consiliare riferita agli altri punti espunti dall’ordine del giorno del consiglio comunale.

Parere 3 luglio 2018, Ministero dell’Interno-Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali

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