26/06/2018 – Riduzione della retribuzione del dirigente operata dal Ministero: legittimo il recupero delle somme versate in più al Segretario comunale

Riduzione della retribuzione del dirigente operata dal Ministero: legittimo il recupero delle somme versate in più al Segretario comunale

di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista

La Corte di Cassazione con la , nel confermare la sentenza della Corte di Appello, ha affermato che è legittimo il recupero delle somme versate in eccedenza al Segretario comunale come conseguenza della riduzione della retribuzione del dirigente apicale operata dal Ministero delle Finanze.

Il contenzioso

Con sentenza dell’ottobre 2012 la Corte d’appello, confermando sul punto la sentenza del Tribunale, ha condannato a restituire al Comune, le somme deliberate dalla Giunta ed erogate in favore di un cittadino, all’epoca dei fatti Segretario Comunale, a titolo di retribuzione accessoria cioè sia a titolo di retribuzione di posizione e di risultato nonché a titolo di diritti di rogito, con riferimento a tutto il periodo indicato nella delibera comunale.

La Corte territoriale aveva stabilito che il citato recupero delle somme doveva essere effettuato dal Comune al netto delle ritenute fiscali, previdenziali e contributive, non potendosi pretendere una ripetizione delle somme spettanti al lordo di ritenute mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente.

Avverso la sentenza sfavorevole il Segretario comunale è ricorso in Cassazione.

Le motivazione del ricorso in Cassazione

L’articolato ricorso del Segretario comunale si basa su tre motivazioni che sinteticamente si riassumono.

Con il primo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione della normativa di riferimento del CCNL per i Segretari comunali e provinciali (quadriennio normativo 1998-2001) sostenendosi che tale disposizione prevede gli importi minimi della retribuzione di posizione dei Segretari comunali e, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello, in essa non è rinvenibile alcun rapporto tra la rideterminazione della retribuzione di posizione del dirigente apicale del Comune e quella del Segretario comunale.

Con il secondo motivo si denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 40D.Lgs. n. 165 del 2001 e l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia, sostenendosi che la Corte d’appello:

da un lato, avrebbe violato la normativa (art. 40 del CCNL) dei Segretari comunali ritenendo che ogni inosservanza delle previsioni del CCNL da parte dei contratti collettivi decentrati oppure da parte degli atti gestionali unilaterali posti in essere da una Amministrazione per dare esecuzione ai contratti collettivi del Comparto determini di per sé la nullità dei trattamenti retributivi erogati anche in assenza di superamenti di limiti di spesa;

dall’altro, avrebbe omesso di esaminare la circostanza decisiva esposta del mancato superamento dei limiti di spesa stabiliti contrattualmente, per la retribuzione di posizione e di risultato del dirigente apicale nel periodo considerato.

Con il terzo motivo, infine, l’ex Segretario comunale contesta il fatto che la Corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato la citata norma contrattuale nel senso che per il controllo interno e la valutazione dell’operato dei dirigenti fosse necessaria l’istituzione di Nuclei di valutazione rispondenti ai requisiti di cui all’art. 5D.Lgs. n. 286 del 1999 quando, da un lato, questa norma è successiva a quella contrattuale e d’altra parte nella specie il Comune in questione aveva assegnato al Direttore generale i previsti compiti di valutazione ed aveva istituito un sistema di controllo interno, la cui rispondenza alla previsione contrattuale non è stata valutata dalla Corte d’appello.

L’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione ritiene che il ricorso non meriti accoglimento; in particolare i giudici di legittimità evidenziano che tutte le censure dell’ex Segretario ricorrente sono basate sulla premessa secondo cui l’art. 41, comma 5, CCNL per i Segretari comunali e regionali del 16 maggio 2001- quadriennio normativo 1998-2001 non prevederebbe il c.d. galleggiamento o allineamento stipendiale, essendo stato tale meccanismo abrogato per legge da tempo, come correttamente affermato dalla Corte d’appello.

La Cassazione nella propria analisi precisa che, in considerazione del particolare rilievo della posizione attribuita al segretario all’interno dell’Ente di servizio (Comune o Provincia) dall’art. 97, comma 4, D.Lgs. n. 267 del 2000, il quale espressamente stabilisce che: “il segretario sovraintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l’attività”, al fine di evitare l’insorgenza di eventuali problemi connessi alla diversità, in negativo, dell’ammontare della retribuzione di posizione spettante al segretario rispetto a quella dei dirigenti in servizio nell’Ente stesso, è stata introdotto dall’art. 41, comma 5, CCNL, come specifica garanzia di carattere economico a favore dei segretari, un generale criterio di perequazione della retribuzione, applicabile soltanto all’indicata categoria di dipendenti, che nulla ha a che vedere con il meccanismo del cosiddetto galleggiamento, riguardante l’allineamento retributivo di posizioni individualizzate, che è stato ormai abrogato da tempo.

La Cassazione osserva che la sussistenza e la permanenza di tale particolare istituto è dimostrata anche dall’art. 4, comma 26, L. 12 novembre 2011, n. 183, con la quale sono state dettate ulteriori norme per l’applicazione del suddetto meccanismo onde razionalizzarne la spesa e rispondere ai problemi che nel tempo si erano riscontrati, dando luogo ad un nutrito contenzioso.

Dal suddetto comma 5, dell’art. 41, risulta che gli Enti di servizio (Comuni o Province) sono tenuti ad assicurare che la retribuzione di posizione del segretario non sia inferiore a quella stabilita per la funzione dirigenziale più elevata nell’Ente in base al contratto collettivo dell’area della dirigenza o, in assenza di dirigenti, a quello del personale incaricato della più elevata posizione organizzativa, ma sempre nell’ambito delle risorse disponibili e nel rispetto della capacità di spesa.

Nel caso in esame a seguito della disposta verifica amministrativo-contabile degli Ispettori della Ragioneria Generale dello Stato, è risultata l’erogazione a titolo di retribuzione accessoria e, in particolare, come retribuzione di posizione, di somme non dovute in favore del personale dirigenziale e segnatamente di quello incaricato della posizione più elevata sicché in applicazione della suddetta norma contrattuale non potevano che essere considerate in eccesso e da recuperare anche le somme corrisposte al medesimo titolo al Segretario comunale, tanto più che esse non erano state corrisposte nel rispetto delle due condizioni di contabilità previste dalla norma contrattuale.

La Cassazione rileva che il recupero non poteva non riguardare anche la retribuzione di risultato e i diritti di rogito, visto che si tratta di emolumenti quantificati in misura percentuale rispetto alle retribuzioni, in particolare il primo con riferimento al ‘”monte salari” (art. 41CCNL cit.) e il secondo con riferimento allo “stipendio in godimento” (art. 41L. n. 312 del 1980), come afferma lo stesso ricorrente.

Per la Corte di Cassazione il sostenuto mancato superamento dei limiti di spesa stabiliti contrattualmente per la retribuzione di posizione e di risultato del dirigente apicale nel periodo considerato è un elemento del tutto irrilevante visto che le due condizioni cui si riferisce l’art. 41, comma 5, non superamento delle risorse disponibili e rispetto della capacità di spesa, vanno riferite alla complessiva contabilità del Comune, che nella specie è risultata gestita in modo non regolare in sede verifica amministrativo-contabile degli Ispettori della Ragioneria Generale dello Stato.

Per la Corte di Cassazione anche il terzo motivo è inammissibile perché, nonostante il formale richiamo alla violazione di una norma di un contratto collettivo nazionale di lavoro contenuto nella prima parte dell’intestazione del motivo con le censure in esso formulate si chiede alla Corte di Cassazione di effettuare una “rivisitazione” del giudizio espresso dalla Corte d’appello sulle conseguenze della mancata costituzione del Nucleo di valutazione da parte del Comune fino al 2005, quando l’Amministrazione ha proceduto alla ripetizione delle somme indebitamente corrisposte, valutazione che è devoluta al giudice del merito, rientrando nella ricostruzione del fatto da questi operata.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione nel rilevare che le censure richieste finiscono quindi con l’esprimere un mero, quanto inammissibile, dissenso rispetto alle motivate valutazioni su elementi di fatto operate del giudice del merito incensurabili in sede di legittimità, respinge il ricorso; le spese di giudizio seguono la soccombenza.

Cass. civ., Sez. lavoro, 11 giugno 2018, n. 15090

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