28/07/2015 – La ricollocazione degli esuberi dribbla i limiti della manovra 2015

La ricollocazione degli esuberi dribbla i limiti della manovra 2015

di Luca Tamassia

Dopo l’articolo 1, comma 424, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità per il 2015), il quale ha riservato, per il biennio 2015-2016, le facoltà assunzionali delle Regioni e delle amministrazioni locali al riassorbimento del personale in esubero a seguito del riordino degli enti di area vasta operato dalla legge n. 56/2014, diverse e complesse sono le questioni che si sono poste all’attenzione degli operatori della gestione del personale, non tanto e solo sul versante delle residue possibilità di procedere a nuove assunzioni o a nuove procedure di mobilità da altre amministrazioni, quanto su particolari processi di acquisizione di professionalità che non rivengono dai tradizionali canali di reclutamento, ma dalla necessità di riallocazione di personale già dipendente a seguito dell’adozione di nuove forme di gestione di servizi, non di rado indotte dall’ordinamento.

Il fenomeno appare abbastanza diffuso e, in futuro, lo sarà ancor di più, se solo si pensi a tutte le diverse forme di gestione dei servizi mediante apporti esterni che, variamente qualificati (outsourcing, appalto, house providing, esternalizzazioni ecc.), possono ricondursi alla comune matrice dell’appalto di servizi, laddove la previsione, nell’ambito delle obbligazioni contrattuali, delle cosiddette clausole sociali – tra le quali l’obbligo negoziale, per l’appaltatore, di assicurare il mantenimento del rapporto di lavoro del personale già in servizio presso il soggetto appaltante – sono state ritenute, dai più recenti arresti giurisprudenziali, quale mero elemento di valutazione della convenienza dell’affidamento, ma non certamente come parametro di inibizione ai fini della partecipazione alla gara d’appalto (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 26 maggio 2015, n. 2637, in coerenza, peraltro, con principi già affermati dall’Anac nel parere n. 30/2014), in ossequio alla compatibilità con i vigenti principi comunitari che, all’evidenza, privilegiano chiari postulati di partecipazione, non discriminazione e concorrenzialità.

La ricollocazione del personale interno 

In costanza, pertanto, di tali processi di rimessione a soggetti esterni, con qualsiasi forma realizzati, di servizi di competenza dell’amministrazione quale modalità erogatoria assentita dall’ordinamento, si apre il rilevante problema della ricollocazione del personale interno già adibito ai servizi oggetto della nuova formula gestionale, in un quadro, pertanto, che vede, nella richiamata “clausola sociale”, un elemento di favore, ma non scriminante ai fini dell’affidamento del servizio, per cui da tale orientamento deriva un considerevole abbassamento delle soglie di tutela dei predetti lavoratori, la cui garanzia di mantenimento del posto di lavoro presso il nuovo soggetto gestore appare affidata a un mero parametro valutativo, ma non costituisce obbligazione assoluta e inalienabile.

Si aggiunga, poi, in questo ambito di per sé delicato e complesso, il recente intervento normativo della legge di stabilità per il 2015 fortemente limitativo della facoltà di assunzioni e di mobilità di personale da altri enti, che ha colpito, in particolare, Regioni ed enti locali, il quale ha determinato un ulteriore profilo di difficoltà nella gestione di processi riallocativi del personale in questione, introducendo profonde inibizioni dell’azione pubblica, che possono avere riflessi anche sui flussi di ricollocazione del personale interno non trasferibile al soggetto gestore. 

A tal riguardo, per fare un esempio pratico, si pensi all’ente locale che, in presenza di numerose cessazioni dovute sia a pensionamenti che a mobilità esterne, abbia verificato i propri fabbisogni di personale per il triennio 2015-2017 e abbia accertato la presenza, nella propria dotazione organica, di vari posti vacanti, alcuni dei quali idonei a essere ricoperti da dipendenti che non possono essere utilmente ricollocati presso il soggetto gestore. 

In merito si rileva che l’articolo 33, commi 1, 4 e 5, del Dlgs. n. 165/2001, come sostituito dall’articolo 16, comma 1, della legge n. 183/2011 a decorrere dal 1° gennaio 2012, dispone che: “1. Le pubbliche amministrazioni che hanno situazioni di soprannumero o rilevino comunque eccedenze di personale, in relazione alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria, anche in sede di ricognizione annuale prevista dall’art. 6, comma1, terzo e quarto periodo, sono tenute ad osservare le procedure previste dal presente articolo dandone immediata comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica. 

4. Nei casi previsti dal comma 1 del presente articolo il dirigente responsabile deve dare un’informativa preventiva alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area. 

5. Trascorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 4, l’amministrazione applica l’art. 72, comma 11, del D.L. 25/6/2008, n. 112 (…), in subordine, verifica la ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza nell’ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni, previo accordo con le stesse, comprese nell’ambito della regione tenuto anche conto di quanto previsto dall’art. 1, comma 29, del D.L. 13/8/2011, n. 138 (…), nonché del comma 6.”. 

Le disposizioni riportate definiscono, quali norme speciali, l’ambito applicativo delle procedure di esubero a seguito di eccedenze di personale, regolando gli aspetti procedurali di gestione di tale fattispecie. Nelle ipotesi di eccedenze di personale, a qualsiasi tipologia esse siano riconducibili (soprannumero, eccedenze, esubero ecc.) e per qualsiasi causale esse si siano venute a determinare (tranne le ipotesi, non applicabili al caso di specie, di riduzione delle dotazioni organiche prescritte dall’art. 2, commi 1 e 2, del Dl n. 95/2012 e di eccedenza per ragioni funzionali o finanziarie, per le qual si applica il comma 11 del predetto articolo 2), l’amministrazione deve applicare le procedure di cui ai commi 4 e 5 del citato articolo 33, ai sensi dei quali, previa comunicazione informativa alle competenti organizzazioni sindacali e decorsi 10 giorni dalla stessa, l’amministrazione, in situazione di impossibilità applicativa dell’articolo 72, comma 11, del Dl n. 112/2008, non sussistendone i requisiti e le condizioni attuative, “verifica la ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza nell’ambito della stessa amministrazione”, per cui l’ente titolare del rapporto di lavoro del personale in eccedenza a seguito di diversa gestione del servizio di adibizione dello stesso, deve verificare la ricollocazione del personale interessato presso la medesima amministrazione prioritariamente rispetto ad altre ipotesi solutive previste dalla norma.

Un regime derogatorio rispetto a qualsiasi vincolo assunzionale 

È chiaro che la disposizione in esame intende verificare il riassorbimento di personale in eccedenza presso la stessa amministrazione di appartenenza prima di dar corso al complesso sistema di ricollocazione prescritto dai commi successivi della norma (commi 6 e seguenti dell’articolo 33 citato), agevolando, in tal modo, il percorso di riallocazione del personale in questione preliminarmente e a prescindere da ogni altro processo di ridestinazione del personale stesso. Stante il percorso normativo delineato, pertanto, l’amministrazione ha la facoltà o, meglio, l’obbligo di seguire il regime prioritario indicato dalla disposizione, ricercando, conseguentemente, soluzioni di repechage interno all’ente, obbligo, peraltro, ribadito dal comma 1 dell’articolo 6 dello stesso decreto, il quale testualmente recita che “Nell’individuazione delle dotazioni organiche, le amministrazioni non possono determinare, in presenza di vacanze di organico, situazioni di soprannumerarietà di personale”, così ribadendo la necessità di procedere prioritariamente con azioni interne di ricollocazione del personale in esubero. In tale contesto di tutela sociale approntata dall’ordinamento speciale, dunque, l’applicazione rigorosa della norma è da intendersi derogatoria rispetto a qualsiasi vincolo assunzionale, non trattandosi, infatti, nel caso di specie, di nuova assunzione di personale, quanto di mobilità interna di personale già in servizio presso l’ente con eventuale modifica di profilo professionale per renderlo compatibile con la nuova posizione funzionale, non assimilabile, pertanto, alla nozione di “assunzione” di personale, situazione di diritto che implica la costituzione di un nuovo rapporto giuridico con il datore di lavoro pubblico e non la prosecuzione del rapporto esistente in regime di continuità, con eventuale modifica, come cennato, del solo profilo professionale di ascrizione.

Qualora si ritenesse, invece, che la prioritaria riallocazione interna del personale, pure prevista dall’articolo 6-bis, comma 2, del Dlgs n. 165/2001 (“Relativamente alla spesa per il personale e alle dotazioni organiche, le amministrazioni interessate dai processi di cui al presente articolo provvedono al congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione, fermi restando i conseguenti processi di riduzione e di rideterminazione delle dotazioni organiche nel rispetto dell’articolo 6 nonché i conseguenti processi di riallocazione e di mobilità del personale”), debba essere assimilata alla nozione di “nuova assunzione”, si ritiene che la stessa debba essere imputata alle facoltà assunzionali in via prioritaria rispetto a qualsiasi altra acquisizione esterna di personale.

Osservazioni finali 

Da quanto rappresentato, dunque, può concludersi che nell’anno 2015 e nel successivo 2016, in vigenza delle norme limitative di cui alla legge n. 190/2014 sopra richiamate, le risorse disponibili per le assunzioni a tempo indeterminato dovranno essere destinate prioritariamente al riassorbimento del personale interno che risulti in eccedenza a seguito di diversa gestione del servizio di adibizione dello stesso, e quanto ulteriormente disponibile dovrà essere interamente destinato alla ricollocazione nei propri ruoli delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità di cui ai commi 421 e seguenti della legge n. 190/2014, così come previsto dal comma 424 della medesima legge. Ipotizzando, pertanto, il caso in cui le risorse disponibili per le assunzioni a tempo indeterminato siano pari a 100 e il costo del personale interno da ricollocare pari a 20, alle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità di cui ai commi 421 e seguenti della legge n. 190/2014 saranno destinate risorse pari a 80. Diversamente opinando, infatti, si realizzerebbe l’assurdo caso che, pur in presenza di posti vacanti e disponibili per la ricollocazione del personale dipendente in argomento ed in palese contrasto con le vigenti norme che vietano la collocazione in esubero di personale in presenza di vacanze d’organico, il dipendente interno in esubero verrebbe “espulso” dal contesto funzionale ed organizzativo dell’amministrazione e assoggettato alle procedure di salvaguardia di cui all’articolo 33 del Dlgs n. 165/2001, con collocamento in disponibilità e inserimento negli elenchi previsti dall’articolo 34-bis, con conseguente obbligo, a carico dell’ente, di accollarsi l’ulteriore onere derivante dalla corresponsione dell’indennità prevista dal medesimo articolo 33 e, contestualmente, il medesimo ente sarebbe obbligato a coprire uno dei posti vacanti e disponibili con un soggetto esterno anch’esso in soprannumero, ma proveniente da ente di area vasta. Una simile lettura, infatti, oltre a mostrare il fianco a un’evidente incongruenza applicativa, determinerebbe una lesione del principio di sistematicità dell’intervento normativo, risolvendo una situazione di esubero da un lato e generandone una corrispondente da un altro lato.

 
 
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