21/09/2020 – Contratti a termine senza i vincoli del 2010

Paletti incompatibili con le nuove regole sulle assunzioni
Contratti a termine senza i vincoli del 2010
di Luigi Oliveri

Il nuovo sistema delle assunzioni mette in discussione i vincoli imposti ai tempi determinati. La circolare esplicativa del decreto interministeriale 17.3.2020 chiarisce efficacemente che v’è una rottura col passato: si prevede il «superamento delle attuali regole fondate sul turnover e l’introduzione di un sistema maggiormente flessibile, basato sulla sostenibilità finanziaria della spesa di personale».

La normativa vigente è molto chiara nel riferire il nuovo modo di calcolare gli spazi assunzionali alle assunzioni a tempo indeterminato. Infatti, è solo per questo tipo di contratto di lavoro che gli enti virtuosi, il cui rapporto spesa di personale/media triennale delle entrate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità sia inferire ai valori della Tabella 1 del dm, potranno aumentare la spesa e, quindi, assumere anche oltre il turnover.
Non vi sono abrogazioni espresse, nella riforma, dell’articolo 9, comma 28, del dl 78/2010, convertito dalla legge 122/2020, che da dieci anni attanaglia i reclutamenti mediante contratti flessibili, inchiodandoli al valore della spesa del 2009 (per altro solo per gli enti con particolari indici di virtuosità economica, altrimenti il tetto è al 50% di quel valore), salvo poche esclusioni per agenti di polizia municipale, addetti ai servizi sociali ed educatori di asilo nido.
Tuttavia, il meccanismo del citato articolo 9, comma 28 (ancorato alla realtà economica e normativa di dieci anni fa, del tutto incomparabile a quella attuale) appare visibilmente incompatibile con il nuovo sistema.
Il tetto alle assunzioni a tempo determinato è medesima espressione dei tetti lineari alla spesa, imposti in modo eguale per tutti gli enti, a prescindere dalla sostenibilità di tale spesa in relazione alle entrate correnti.
Una volta che il sistema delle assunzioni a tempo indeterminato passa dalla metodologia del turnover a quella della sostenibilità della spesa in rapporto alle entrate e poiché tale sostenibilità considera tutta la spesa del personale e gran parte delle entrate correnti, non si capisce la ragione per la quale debba continuare a vigere un vincolo che non ha ragion d’essere.
Il rapporto spesa complessiva di personale/entrate correnti può essere utilizzato come leva non solo per migliorarlo ai fini di un maggior numero di assunzioni a tempo indeterminato, ma anche per consentire assunzioni a tempo determinato senza scontare più i rigidi limiti della legislazione del 2010, che per altro si aggiungono ai limiti numerici (il 20% dei dipendenti a tempo indeterminato) previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, con l’effetto probabile di restringerli ulteriormente. Con opportune manovre, gli enti hanno almeno due possibilità. In primo luogo, mantenere (se non addirittura anche ridurre) il volume della spesa di personale così da non peggiorare il rapporto con le entrate, compensando maggiori assunzioni a tempo determinato (sempre nei limiti del 20% dei dipendenti in ruolo) con simmetriche riduzioni di altre voci di spesa di personale. In secondo luogo, incrementare il volume delle entrate, ciò che consente una simmetrica crescita dell’insieme delle spese di personale, comprendente anche quelle per i reclutamenti a tempo determinato.

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