01/09/2020 – Sulle sentenze definitive il dissesto sospende le procedure esecutive ma non interrompe la maturazione degli interessi verso il creditore

Sulle sentenze definitive il dissesto sospende le procedure esecutive ma non interrompe la maturazione degli interessi verso il creditore
di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
 
A dire dell’ente locale, tornato in bonis dalla procedura di dissesto, durante la fase di dissesto non decorrono interessi e rivalutazione sulle somme ammesse al passivo e successivamente liquidate dall’Organismo straordinario di liquidazione. In ogni caso, precisa sempre l’ente locale, l’Ente sarebbe esposto al maturare di accessori del credito per fatto non imputabile, non essendo l’Amministrazione responsabile dei tempi di liquidazione della massa passiva, dovendo in questo caso il creditore non soddisfatto rivolgersi all’Organismo straordinario di liquidazione e non all’ente ritornato in bonis.
Di contrario avviso il TAR del Lazio (sentenza n. 9250/2020) secondo cui la dichiarazione di dissesto il creditore cristallizza la propria pretesa in attesa che il relativo credito sia inserito nella massa passiva e quindi nel bilancio relativo al piano di rientro, di modo che all’esito di tale fase possa conseguire, integro per effetto della non interrotta maturazione degli interessi, il proprio obiettivo satisfattorio che trova titolo nella sentenza giurisdizionale passata in giudicato. Inoltre, il ritardo con il quale l’Organismo straordinario di liquidazione ha corrisposto il capitale e gli interessi dovuti fino alla data del dissesto, deve pur sempre essere imputato all’ente locale, in quanto la gestione del dissesto non integra una amministrazione differente da quella “ordinaria” essendo solo ripartite le competenze tra i diversi organi della stessa persona giuridica.
L’oggetto del contendere
A seguito di lodo un ente locale è stato condannato a risarcire il concessionario di una procedura di finanza di progetto successivamente interrotta dall’ente, in ragione delle tariffe divenute insopportabili per i cittadini. A causa dell’importo elevato del risarcimento definito con il lodo arbitrale divenuto definitivo, l’ente locale è ricorso alla procedura di dissesto con la nomina dell’Organismo straordinario di liquidazione nel 2013. Non avendo il creditore accettato la riduzione proposta dell’OSL ha ottenuto l’intero credito circa 5 anni dopo, ossia prima della chiusura della procedura di dissesto, corrispondendo totalmente il capitale e liquidando gli interessi fino alla data del dissesto e non al momento del pagamento. Il creditore, insoddisfatto, ha presentato ricorso davanti al Tribunale amministrativo al fine di vedersi riconoscere le somme degli interessi dovuti fino alla data del pagamento ricevuto.
La difesa del comune
Secondo la difesa del Comune le somme richieste dalla Società non erano dovute per una serie di motivazioni. In via principale si rilevava come le somme reclamate per interessi moratori, espressamente stabiliti nel lodo arbitrale in caso di mancato pagamento nei termini, non sarebbero produttive di interessi e non soggette a rivalutazione le somme dovute a far data dalla dichiarazione di dissesto ai sensi dell’art. 248D.Lgs. n. 267/2000. In altri termini, a dire dell’ente locale, la procedura di liquidazione creerebbe nei confronti dei creditori una sorta di bilanciamento tra la perdita di interessi durante la sua pendenza e la certezza del pagamento degli importi dovuti, grazie all’apporto straordinario dello Stato, senza ulteriori azioni o costi di contenzioso. Inoltre, i crediti interamente pagati dalla Commissione Straordinaria non possono costituire nuovi debiti per gli enti risanati alla cessazione del dissesto. Nel caso di specie, infatti, si tratterebbe di un debito non derivante da comportamento dello stesso ente, con la conseguenza che il sorgere di tale debito nonché l’entità dello stesso, dipenderebbe esclusivamente dai tempi impiegati da un organo straordinario e ministeriale, qual è la Commissione Straordinaria di Liquidazione, nell’espletamento della procedura di dissesto. D’altra parte, le disposizioni legislative prevedono, all’art. 245 al comma 2 che l’organo straordinario di liquidazione “… provvede al ripiano dell’indebitamento pregresso …” ed ancora al successivo comma, “… rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto …”; mentre all’art. 245, si prevede che “… il risanamento dell’ente locale dissestato ha la durata di cinque anni decorrenti da quello per il quale viene redatta l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.” Pertanto, conclude l’ente locale, riconoscere gli interessi maturati proprio nel periodo di dissesto, comporterebbe disattendere i sopradetti principi in quanto la procedura straordinaria non avrebbe eliminato le cause strutturali del dissesto e soprattutto non avrebbe apportato nessun risanamento, in quanto una eventuale sussistenza di tale debito riporterebbe il Comune nella condizione di dissesto che condurrebbero alla riapertura della relativa procedure, divenendo una sorta di rendita ciclica per la società ricorrente.
La decisione del TAR
Per quanto suggestive, le argomentazioni della difesa dell’ente non possono essere accolte. Per giurisprudenza costante, infatti, la normativa che dispone il blocco della rivalutazione monetaria e degli interessi, in relazione ai debiti degli enti locali in stato di dissesto finanziario, deve essere interpretata nel senso che anche dopo la dichiarazione di dissesto continuano a maturare sui debiti pecuniari degli enti dissestati interessi e rivalutazione, restando soltanto escluse l’opponibilità alla procedura di liquidazione e l’ammissione, alla massa passiva, degli interessi e della rivalutazione maturati successivamente alla dichiarazione di dissesto e fino all’approvazione dell’apposito rendiconto. In altri termini, la citata disposizione, secondo cui i debiti insoluti alla data di dichiarazione del dissesto finanziario dell’Ente locale non producono interessi, né rivalutazione monetaria ha carattere meramente sospensivo e non preclude all’interessato – una volta esaurita la gestione straordinaria con la cessazione della fase di dissesto – di riattivarsi per la corresponsione delle poste stesse nei confronti dell’Ente risanato, tanto che “in tema di blocco della rivalutazione monetaria e degli interessi in relazione ai debiti degli enti locali in stato di dissesto finanziario, il termine di prescrizione dei diritti vantati nei confronti dell’ente locale continua a decorrere regolarmente nel periodo del dissesto (Consiglio di Stato, sez. V, 28 maggio 2009 , n. 3261) e che il giudice che pronuncia sentenza di condanna di un ente dissestato al pagamento di una somma di denaro deve riconoscere gli interessi e la rivalutazione in relazione al periodo successivo alla dichiarazione di dissesto”(Cassazione civile sez. III, 29 gennaio 2003, n. 1265).
A supporto della continua maturazione degli interessi anche nel periodo del dissesto, è stato precisato dalla giurisprudenza che “la giusta pretesa del ricorrente (o attore) vittorioso in un procedimento giurisdizionale conclusosi con sentenza passata in cosa giudicata non può essere svilita nella proponibilità dell’azione esecutiva dal provvedimento con il quale è stato dichiarato il dissesto, potendo quest’ultimo semmai ed in ragione delle norme di settore vigenti provocare una tardiva acquisizione del bene della vita riconosciuto con la sentenza da eseguirsi (nella specie il pagamento di somme), ritardata nel tempo dalla necessaria conclusione della procedura di ricognizione debitoria da parte del commissario straordinario” (vedi di recente TAR Salerno, 27 gennaio 2020, n. 141) e che, “quando, come nel caso di specie, per qualsivoglia ragione, un credito scaturente da una pronuncia passata in cosa giudicata venga incluso solo parzialmente (quanto al capitale o agli accessori) nel piano di estinzione dei debiti definitivamente approvato, la rimanenza transita a carico dell’Ente tornato “in bonis”, che dovrà farvi fronte o con residui attivi della gestione liquidatoria, ove sussistenti e disponibili, oppure con le risorse del bilancio riequilibrato, e comunque sempre nel rispetto dell’art. 159D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, applicabile alla fattispecie proprio in quanto il credito residuo grava sul bilancio riequilibrato ed è dunque soggetto alle ordinarie regole in tema di contabilità” (TAR Reggio Calabria, n. 389/2012).
Il Collegio amministrativo rileva anche, nel periodo di apertura del dissesto (2013) e il pagamento disposto (2018) l’Organismo di liquidazione non ha pagato l’importo intero ma solo una parte essendo gli interessi maturati in tale periodo pur sempre facenti parte dell’accessorio della parte capitale che ha trovato il suo titolo nel giudicato e che dunque va onorata.
Infine, secondo il Collegio amministrativo, non può condividersi le motivazioni dell’ente secondo le quali sarebbe quest’ultimo resterebbe esposto al maturare di accessori del credito per fatto a lui non imputabile, non essendo l’Amministrazione responsabile dei tempi di liquidazione della massa passiva. Per quanto suggestiva la difesa, è possibile infatti rilevare che il debito è riferito pur sempre all’unico Ente Locale e che la gestione del dissesto non integra una amministrazione differente da quella “ordinaria” essendo solo ripartite le competenze tra i diversi organi della stessa persona giuridica. Essendo a quest’ultima imputabile il debito, nella sua interezza, non è possibile riconoscere al bilancio riequilibrato quella impermeabilità ai crediti non soddisfatti che la tesi dell’Ente, se fosse corretta, implicherebbe. Inoltre, vi sarebbe una contraddizione evidente se la tesi del Comune dovesse essere accolta. Infatti, si perverrebbe ad una estinzione di fatto delle poste “sopravvissute” al dissesto non essendo queste ultime esigibili né dalla relativa gestione (che ha concluso il mandato), né dall’amministrazione con il bilancio riequilibrato (che non ne risponderebbe). Si avrebbe, in sostanza, una interpretazione abrogativa del principio di completa e necessaria esecuzione integrale del giudicato, che è teso ad assicurare valori inderogabili quali l’effettività della tutela giurisdizionale e l’effettività della tutela del credito, a fronte, non va sottaciuto, di una condizione di responsabilità dell’Ente (persona giuridica) per fattispecie di cattiva o negligente gestione (aspetto che va debitamente sottolineato, in quanto il dissesto è istituto volto a rimediare le conseguenze di una amministrazione inefficiente o inefficace o comunque non accorta).
Conclusioni
In considerazione della rilevanza del debito rimasto non estinto, il Collegio amministrativo invita l’ente ad onorare il debito, precisando che in caso di inottemperanza si ricorrerà al commissario ad acta nominato sin d’ora e, al contempo, invita il Ministero dell’Interno di rendere disponibile, ogni opportuno sostegno, sia giuridico che tecnico-organizzativo, per assisterlo nell’adempimento dell’obbligo di eseguire il giudicato e prevenire, ove possibile, l’insediamento del Commissario.

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