14/10/2020 – Illegittima la revoca degli amministratori per il cambio di maggioranza politica: legittima la richiesta di risarcimento

Illegittima la revoca degli amministratori per il cambio di maggioranza politica: legittima la richiesta di risarcimento
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
 
La Corte di cassazione, con la decisione n. 21495, depositata il 6 ottobre 2020, respingendo il ricorso della società per azioni ha confermato la sentenza della Corte di appello; la società a partecipazione pubblica (partecipata da due importanti Comuni lombardi) dovrà risarcire del danno gli amministratori in quanto il mutamento del quadro politico dei soci di maggioranza, non integrano una giusta causa di revoca, non essendo sfociate in una paralisi organizzativa e gestionale della società.
La vicenda
La Corte d’appello con sentenza del maggio 2016, a seguito di una azione promossa dal suo ex amministratore nei confronti della società pubblica partecipata da enti locali, ha condannato al risarcimento dei danni cagionati allo stesso amministratore con la revoca, ritenuta senza giusta causa, dalla carica di Presidente del Consiglio di sorveglianza della società, adottata con delibera assembleare del giugno 2009; i giudici della Corte territoriale hanno confermato la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda dell’amministratore, ritenendo la revoca priva di giusta causa e condannando la società al pagamento di Euro 1.000.000,00, a titolo di risarcimento danni.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che i cosiddetti “gravi fatti” sebbene astrattamente indicativi della rottura del rapporto fiduciario tra il Presidente ed i due Comuni soci di maggioranza della società partecipata, non potevano essere esaminati dalla Corte di merito per mancanza di chiarezza sulle ragioni poste a base della revoca dell’amministratore e degli altri membri; inoltre, non era stata efficacemente censurata dalla società ricorrente la statuizione del Tribunale in ordine alla illegittimità di una revoca degli amministratori di società quotate in borsa per motivi di natura politica (il cambio di maggioranza politica nel governo dell’ente pubblico socio), in difetto di circostanza oggettive che comprovassero la paralisi organizzativa della società.
Avverso la suddetta pronuncia, la società ha proposto ricorso per cassazione, censurando con due motivazioni la sentenza della Corte territoriale.
L’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, nell’analizzare il primo motivo di ricorso, osserva che in un recente orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 22232/2016), è stato precisato che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”.
Occorre ricordare, osservano i giudici di legittimità, che l’art. 2383 c.c. prevede il diritto dell’amministratore al risarcimento del danno per il caso di revoca anticipata dalla carica senza giusta causa.
Al riguardo, la Cassazione ha chiarito che la giusta causa di revoca consiste nell’esistenza di circostanze sopravvenute, anche non integranti inadempimento, siano o no provocate dall’amministratore, le quali pregiudicano l’affidamento nel medesimo ai fini del migliore espletamento dei compiti della carica, e dunque nella compromissione del “rapporto fiduciario”. Non sono sufficienti mere divergenze o attriti con gli altri amministratori, ove si tratti di contrasti rientranti nella normale dialettica del consiglio di amministrazione, da risolversi all’interno di tale organo collegiale, essendo dunque necessario che sia compromesso il rapporto di fiducia, in ragione di fatti contestati integranti un grave inadempimento o una condotta contraria a correttezza, tali da pregiudicare il pactum fiduciae.
La Cassazione osserva che le ragioni che integrano la giusta causa di revoca dell’amministratore di società di capitali, ai sensi dell’art. 2383 c.c., comma 3, devono essere specificamente enunciate nella delibera assembleare senza che sia possibile una successiva deduzione in sede giudiziaria di ragioni ulteriori; ai sensi dell’art. 2697 c.c., grava sulla società l’onere di dimostrare la sussistenza di una giusta causa di revoca, quale fatto costitutivo della facoltà di recedere senza conseguenze risarcitorie (Cass. 26 gennaio 2018, n. 2037).
Relativamente poi alle società per azioni partecipate da ente locale, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. n. 1237/2015) hanno precisato che “la revoca dell’amministratore di nomina pubblica, ai sensi dell’art. 2449 c.c., può essere da lui impugnata presso il giudice ordinario, non presso il giudice amministrativo, trattandosi di atto “uti socius”, non jure impedì, compiuto dall’ente pubblico “a valle” della scelta di fondo per l’impiego del modello societario, ogni dubbio essendo risolto a favore della giurisdizione ordinaria dalla clausola ermeneutica generale in senso privatistico di cui al D.L. 6 luglio 2012, n. 95art. 4, comma 13, conv. In L. 7 agosto 2012, n. 135. L’amministratore revocato dall’ente pubblico, come l’amministratore revocato dall’assemblea dei soci, può chiedere al giudice ordinario solo la tutela risarcitoria per difetto di giusta causa, a norma dell’art. 2383 c.c., non anche la tutela “reale” per reintegrazione nella carica, in quanto l’art. 2449 c.c. assicura parità di “status” tra amministratori di nomina assembleare e amministratori di nomina pubblica” (cfr. Cass. SU. n. 29078/2019).
Per la Corte di Cassazione i giudici del merito avevano in maniera argomentata rilevato che anche le spiegazioni emerse nel corso della discussione nell’assemblea del giugno 2009 non erano state, dai delegati dei Comuni soci di maggioranza della società adeguatamente e sufficientemente descritte, con chiarezza, così da costituire mere affermazioni di principio, tanto che diversi altri partecipanti all’assemblea avevano chiesto spiegazioni.
La motivazione non risulta contraddittoria, in quanto in riferimento alla rottura del pactum fiduciae la Corte di merito ha solo detto che i fatti descritti avrebbero potuto essere indicativi della rottura, ma, nello specifico, in ogni caso, era mancata una chiara esplicitazione delle ragioni della revoca.
Per i giudici di legittimità non risulta violato il giudicato interno in quanto tanto il Tribunale quanto la Corte d’appello hanno ritenuto, accogliendo la domanda dell’ex amministratore fondata sull’inesistenza di una giusta causa di revoca, mancante una giusta causa di revoca del Presidente ; più specificatamente, la Corte d’appello ha rilevato che non era stata efficacemente censurata dalla società ricorrente la statuizione del Tribunale in ordine alla illegittimità di una revoca degli amministratori di società quotate in borsa per motivi latamente politici (il cambio di maggioranza politica nel governo dell’ente pubblico socio), in difetto di circostanza oggettive che comprovassero la paralisi organizzativa della società.
La Corte di Cassazione, in conclusione, rigetta il ricorso della società e conferma la decisione della Corte di appello di condanna al risarcimento dei danni nei confronti dell’ex amministratore

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