20/11/2020 – Intervento del ministro Luciana Lamorgese in occasione della XXXVII Assemblea annuale ANCI

Prima di offrire alla discussione di questo tavolo “virtuale” il mio contributo di pensiero, saluto il Presidente Decaro, il Presidente Bianco, gli altri ospiti di questa sessione di lavoro, gli amministratori locali e a coloro che in questo momento ci stanno ascoltando da remoto.

Ringrazio l’ANCI che, pur in giorni non facili per la vita del Paese, ha lavorato perché si svolgesse comunque questo evento, divenuto nel tempo una preziosa occasione di incontro fra le istituzioni e le forze sociali e produttive del Paese, luogo di dibattito e segno tangibile di vitalità democratica.

Vedete, rileggendo il mio intervento del novembre 2019 ho come avuto la sensazione di una dilatazione oltre misura del tempo, quasi si fosse verificata una cesura tra il tempo della Storia e il tempo dell’Anima, fortemente segnata dall’esperienza del COVID.

E così, l’Italia che raccontavamo un anno fa, con i suoi problemi, ma anche con le sue potenzialità di crescita economica, in un contesto sempre più globalizzato, ci appare oggi un Paese lontano rispetto al nostro presente.

Nel mezzo, sappiamo tutti cosa è accaduto.

Impotenti abbiamo visto gli anziani, i nostri nonni, andarsene da un letto di ospedale privati della carezza di figli e nipoti.

Indelebili restano le immagini, trasmesse dai TG, dei camion militari che portavano via da Bergamo i feretri nel silenzio di una città stremata e impaurita.

Ancora in questi giorni piangiamo la scomparsa di persone care, amici e colleghi di lavoro, che, lasciandoci all’improvviso, hanno dissolto il velo delle distrazioni quotidiane per riportarci di fronte alle nostre fragilità, oggi accentuate dalla forzosa rinuncia agli abbracci, allo stare insieme, al calore umano.

Tutti noi, insomma, avvertiamo un senso di solitudine e di smarrimento di fronte ad un nemico subdolo ed invisibile, che ha isolato non solo gli Stati, ma anche porzioni piccole e grandi del territorio nazionale, fino ad insinuarsi nelle nostre case.

Ma come sempre accade nei momenti difficili, anche in questa circostanza, l’Italia sta reagendo, liberando energie positive e voglia di riscatto.  

Medici, infermieri, volontari della Protezione civile, Forze di polizia nazionali e locali, militari, donne e uomini del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco hanno assicurato e continuano ad assicurare alle nostre popolazioni sicurezza e salute.

E gli ospedali, le sale operative regionali, le prefetture e i comuni, con i sindaci in prima linea, sono divenuti la spina dorsale di un sistema di gestione dell’emergenza che ha dimostrato, pur con tutte le difficoltà determinate da un’epidemia devastante, una solida resilienza e un’elevata capacità di risposta.

Sappiamo che la battaglia contro il COVID non è finita – e i dati di questi ultimi giorni stanno purtroppo a dimostrarlo – ma siamo anche consapevoli di avere, negli ultimi mesi, potenziato le nostre difese e le strategie sanitarie di prevenzione e contrasto.

E sono sicura che supereremo anche questo difficile momento se solo sapremo far prevalere lo spirito di unità e di concordia nazionale sulle divisioni e i contrasti che pure caratterizzano la nostra storia.

Non possiamo, del resto, ignorare che il virus sta lasciando dietro di sé una pesante crisi economica di livello mondiale, che anche l’Italia è chiamata, in sinergia con la comunità europea e internazionale, ad affrontare, contribuendo ad elaborare soluzioni e proposte concrete.

In tale contesto, anche gli enti locali possono davvero giocare un ruolo da protagonisti nel rilancio economico e sociale dell’Italia.

Le nuove consistenti risorse economiche che saranno messe in campo a livello nazionale ed europeo rappresenteranno in questo senso un’occasione straordinaria per rivedere la stessa idea di Paese, in grado di affrontare le nuove sfide di questo inizio millennio.

Sostenibilità ambientale, rigenerazione urbana, ristrutturazione del sistema viario e del patrimonio edilizio pubblico, con particolare riguardo a quello scolastico, rappresentano gli assi portanti su cui impostare innovative politiche di sviluppo territoriale, che vedano negli enti locali i principali protagonisti di una nuova stagione.  

Occorre ripensare le nostre città, le grandi periferie, il loro rapporto con il contesto urbano circostante, valorizzare i piccoli centri, con un’attenzione particolare alle zone montane e ai borghi dall’elevato valore storico-artistico.

D’altronde, se i sindaci dei grandi Comuni e delle Città metropolitane sono motore di innovazione e competitività dell’intero Paese, perché la loro platea di riferimento è il contesto internazionale, i sindaci dei piccoli Comuni rendono protagoniste tante comunità interne del nostro territorio, che hanno altrettanto diritto di partecipare attivamente allo sviluppo e ai processi decisionali della Nazione.

In tale quadro, gli amministratori locali sono i primi attori istituzionali cui affidare le prossime politiche di sviluppo territoriale, basate su un pieno coinvolgimento delle comunità locali, che sono le prime a poter valutare la piena rispondenza di investimenti e interventi pubblici alle reali necessità dei territori.

Questa è la strada giusta da seguire anche in relazione agli obiettivi prioritari di crescita che l’Unione europea ci chiederà di individuare per l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund e sono certa, al riguardo, che il Governo potrà favorire una redistribuzione dei fondi funzionale alle esigenze degli enti locali.

Sono, peraltro, fermamente convinta che, di fronte alle sfide impegnative di un futuro non molto lontano, non esisteranno zone del Paese da privilegiare e porzioni di territorio da lasciare indietro.

L’Italia, anche grazie alle comunità locali e alle loro istituzioni rappresentative, potrà risollevarsi soltanto attraverso una visione corale e unitaria che includa il nord, il centro, il Mezzogiorno e le isole grandi e piccole.

Un discorso che vale soprattutto per il nostro Sud, per il quale sono ancora attualissime le parole di Luigi Sturzo, secondo cui «…il Mezzogiorno è vivo come un’entità integrante la vita stessa nazionale, come una forza reale da sviluppare nella sintesi delle forze italiane; il suo travaglio economico e morale è il travaglio della intera nazione..[1]».

Sul ruolo degli enti locali, poi, la via da seguire risulta già tracciata nella nostra Carta, che, come noto, all’articolo 118 accende un faro sui principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

Sul principio di sussidiarietà, in particolare, si sono versati fiumi di inchiostro, ma il suo significato, in fin dei conti, può essere condensato nelle riflessioni di Einaudi, secondo cui non «.. si governa il paese, se non si è appreso ad amministrare bene il piccolo comune…», poiché è «..l’amministratore buono del piccolo comune…» che fa anche «..l’amministratore buono dello Stato[2]».

Ma per essere forti un domani bisogna reagire alle difficoltà del presente e, perciò, ritengo che il Governo debba continuare, come finora ha fatto, ad essere al fianco delle amministrazioni locali, che per prime hanno dovuto fronteggiare l’impatto dell’epidemia.

Penso che l’ANCI possa testimoniare la costante disponibilità manifestata dal Governo e, permettetemelo, dal Ministero dell’interno, per rinvenire soluzioni condivise ed efficaci ai problemi che ogni giorno sindaci, amministratori e dipendenti comunali si trovano ad affrontare.

Gestione della sicurezza urbana anche e soprattutto in relazione alle misure di contrasto dell’epidemia, problematiche assunzionali, sofferenze economico-finanziarie, impiego dei fondi per il riassetto infrastrutturale e il dissesto idrogeologico, costituiscono solo alcuni degli ambiti d’intervento.

Non è mia intenzione, in questa sede, scendere nel dettaglio del lavoro svolto assieme agli altri colleghi ministri, ma consentitemi almeno di evidenziare il valore complessivo delle risorse trasferite da inizio anno dal Ministero dell’interno agli enti locali, che ammontato a più di 15 miliardi di euro.

Si tratta di trasferimenti imponenti che sono il frutto di complessi approfondimenti tecnici e lunghe mediazioni, che si sono poi tradotte nell’adozione di mandati di pagamento, in alcuni casi emessi a tempo di record.

Già alla fine della prima ondata eravamo – e lo siamo ancor più oggi – consapevoli che le risorse vadano messe rapidamente a disposizione per le esigenze urgenti dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane, che abbiamo sostenuto su vari versanti.

Penso, ad esempio, ai 400 milioni destinati dalla Protezione civile all’emergenza alimentare, ai finanziamenti per la sanificazione dei locali pubblici o, ancora, per sostenere l’esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali.

Penso, ancora, alle risorse messe a disposizione per il pagamento degli straordinari per le polizie locali, che stanno lavorando con encomiabile dedizione, al fianco delle Forze di polizia statali, per assicurare il rispetto delle misure anti COVID.

Mi riferisco, più in generale, a tutti quegli interventi volti a sostenere gli equilibri di bilancio evitando pericolose sofferenze finanziarie, specie nei territori più colpiti dall’emergenza epidemiologica che ha portato un po’ ovunque povertà e disagio sociale.

In proposito, da tempo il Dipartimento della pubblica sicurezza e le prefetture stanno monitorando le dinamiche dei contesti sociali, specie di quelli a più alta urbanizzazione, attenti soprattutto a scongiurare pericolose saldature tra un comprensibile malcontento diffuso, generato da necessari ancorché dolorosi sacrifici, e il tentativo di frange estreme o di gruppi criminali di mettere a rischio la tenuta dell’ordine pubblico.       

In altri contesti istituzionali, ho anche avuto modo di evidenziare come questa delicata fase della vita del Paese potrebbe ancora di più esporre gli amministratori a forme di contestazione, che spesso sfociano in atti di intimidazione.

Su questo fenomeno vile e odioso – che nei primi nove mesi di quest’anno ha fatto segnare rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso un meno 6,6% – vorrei fosse chiaro che il Ministero dell’interno non è disposto a nessuna forma di tolleranza.

Chi, infatti, intimidisce un amministratore locale mette in discussione i valori della rappresentanza democratica e della civile convivenza. I recenti messaggi di minaccia, recanti l’intestazione e il simbolo delle BR, indirizzati, tra l’altro, a diversi sindaci, tentano di riproporre un clima di allarme, sfruttando il sentimento di generale incertezza che accompagna le difficoltà del tempo presente.

Dobbiamo dare a questi tentativi di intorbidire le acque della democrazia il loro giusto peso: si tratta di segnali che confermano una certa effervescenza da parte di soggetti non strutturati, che operano anche per ottenere una visibilità mediatica amplificata dalle proteste di piazza inscenate a seguito delle misure anti COVID.

Fortunatamente, il nostro sistema di intelligence, tra i migliori a livello internazionale, rappresenta un’altra importante garanzia di tenuta del Paese contro ogni tipo di minaccia, anche rispetto a quella esterna, principalmente legata a forme di radicalismo islamico.

Questa assemblea nazionale rappresenta anche l’occasione per confermare ancora una volta la determinazione del Viminale a proseguire sulla strada di un pieno coinvolgimento dei sindaci e delle Forze di polizia locale nelle politiche integrate di sicurezza, attraverso i comitati metropolitani e i comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica, anche avvalendosi del lavoro dell’Osservatorio nazionale sugli atti intimidatori contro gli amministratori locali.

In tale cornice, le prefetture dovranno sempre più operare come luoghi di ascolto e mediazione, essere volano di crescita del livello complessivo di sicurezza anche percepita e costituire imprescindibili punti di riferimento per sindaci e amministratori, nella consapevolezza che solamente la cultura del fare squadra possa consentire una lotta efficace nei confronti della criminalità comune e organizzata.

Il contrasto alle mafie continua a rappresentare una priorità del Ministero dell’interno, soprattutto in questa fase in cui la criminalità organizzata sta tentando e tenterà, con ogni mezzo, di lucrare sulle ingenti risorse economiche messe in campo per porre rimedio alla difficile congiuntura.

La guardia dovrà restare alta, specie in quei contesti territoriali più fragili e maggiormente esposti al rischio di impoverimento, dove il racket e l’usura potrebbero ancor più mettere a rischio la tenuta degli equilibri sociali.

Anche su questo versante, l’attenzione degli apparati di pubblica sicurezza continuerà ad essere elevata e non mancherà ogni possibile supporto affinché le amministrazioni locali possano essere salvaguardate dal rischio di infiltrazioni.

Nei discorsi ufficiali, spesso per comprensibili esigenze di sintesi, il fenomeno dei condizionamenti degli enti locali da parte delle criminalità organizzate viene sovente analizzato sotto un profilo meramente statistico.

Tuttavia, non si può mai dimenticare che dietro le statistiche ufficiali si celano storie individuali di sofferenza e sopraffazione, promesse mancate e sacche di emarginazione sociale di cui la criminalità organizzata cinicamente approfitta per prosperare e rafforzarsi.

Ma quegli stessi territori, vittime del malaffare e dell’intimidazione mafiosa, costituiscono anche una fonte di speranza quando rivendicano, con orgoglio, un futuro migliore per i propri giovani.

Lasciatemi dire, in proposito, che le mafie non potranno mai prevalere fino a quando, a fianco dello Stato, dei magistrati e delle Forze dell’ordine, esisteranno comuni cittadini, imprenditori, insegnanti, amministratori, sindacalisti, religiosi, giornalisti che continueranno a testimoniare la ferma volontà di contrastare la prepotenza e l’illegalità.   

Ad essi va tutta la nostra vicinanza perché con la loro opera di resistenza civile onorano ogni giorno la memoria di tutti quegli uomini liberi che come Peppino Impastato, Giancarlo Siani, Libero Grassi, don Pino Puglisi o Angelo Vassallo hanno sacrificato la loro vita nella lotta alle mafie, in nome di un’Italia migliore.

Davanti a questa platea virtuale non posso, poi, non accennare al grande tema dell’immigrazione e al ruolo fondamentale che i Comuni hanno svolto e continuano a svolgere per garantire un’accoglienza che coniughi umanità e sicurezza.

Un’opera che i sindaci, anche ai tempi del COVID, hanno saputo assicurare fra non pochi ostacoli e con grande spirito di responsabilità, in linea, del resto, con la tradizione che li vede i migliori alleati dello Stato nel presidio del territorio e nella difesa della socialità.

Altra questione di prioritaria importanza, a vent’anni dall’entrata in vigore del TUEL, riguarda la riforma dell’ordinamento degli enti locali, volta a favorire un’ampia valorizzazione del ruolo dei Comuni, delle loro forme associative, delle Province e delle Città metropolitane, a rivederne l’organizzazione e le funzioni.

In generale, la necessità di una revisione del TUEL origina dalla profonda convinzione che non solo l’autonomia locale rappresenti, oggi più che mai, un baluardo a difesa della libertà, ma costituisca l’elemento politico, giuridico e sociale su cui cementare una Repubblica che è, e dovrà restare, una e indivisibile.

In tale contesto riformatore, dovremo, quindi, intervenire sulla disciplina dei bilanci degli enti locali, semplificando, ove possibile, le relative procedure, particolarmente onerose per i piccoli comuni, e potenziando gli uffici di supporto del Ministero dell’interno.

Dovrà, inoltre, essere ulteriormente tutelato e promosso il fondamentale ruolo del segretario comunale e provinciale, quale figura cardine dell’ente locale a presidio della legalità e del buon andamento amministrativo e sintesi di competenze e professionalità indispensabili.

Su tutto ciò non mancherò di coinvolgere associazioni come l’ANCI e l’UPI in un confronto dal quale mi aspetto preziosi suggerimenti.

Avviandomi alla conclusione, vorrei ricordare che settecento anni fa, in un’Italia ancora disunita – e che tale sarebbe rimasta ancora per molto tempo – moriva Dante Alighieri, non solo poeta immortale, ma anche fine politico e convinto assertore delle libertà comunali.

Il suo pensiero ha, come noto, superato le nebbie della Storia nutrendo nei secoli quei valori democratici che, attraverso la Costituzione repubblicana, rappresentano ancora oggi un comune patrimonio della nostra cultura nazionale.

Non è un caso che, durante i lavori dell’Assemblea costituente, ancora Einaudi, come settecento anni prima Dante, considerasse l’autonomia locale un valido antidoto a qualsiasi forma di tirannide quando affermava che: «..se potremo creare con il Titolo V [della Costituzione] qualche cosa che sia veramente vivo e vitale, noi avremo posto un impedimento – non sufficiente, ma un impedimento – al ritorno della tirannide![3]».  

Parole che continuano ad echeggiare, ricordandoci che autonomia e libertà costituiscono due facce di una stessa medaglia, operando come bussole preziose per l’azione dei governanti e la vita dei cittadini.

In ragione di ciò, cari amministratori, il Ministero dell’interno e i prefetti saranno sempre al vostro fianco nell’impresa di rinnovamento delle istituzionali locali e per la difesa e la promozione dei diritti di libertà e di democrazia.

Vi ringrazio.    

 


[1] Sturzo L., Il Mezzogiorno slavi il Mezzogiorno, Discorso tenuto a Napoli, nella Galleria Principe ,il 18 gennaio 1923, quarto anniversario della fondazione del Partito popolare italiano in occasione del quarto anniversario della fondazione del Partito popolare italiano.

[2] Citazioni tratte dai resoconti stenografici dell’Assemblea costituente, seduta del 28 maggio 1947.

[3] Citazioni tratte dai resoconti stenografici dell’Assemblea costituente, seduta del 28 maggio 1947.

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