02/01/2019 – AranSegnalazioni – Newsletter del 24/12/2019

AranSegnalazioni – Newsletter del 24/12/2019

Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Locali

Un dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato di un ente, vincitore di concorso per consigliere di prefettura, che, già nominato, deve iniziare il corso di formazione di cui all’art.5 del D.Lgs.n.139/2000, con la previsione di un periodo di prova di un anno, può avvalersi della particolare disciplina dell’art.20, comma 10, del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018?

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Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Locali

Quali sono le condizioni legittimanti il riconoscimento al messo notificatore dell’indennità di cui all’art.70, quinquies, lett.d), del CCNL del 21.5.2018? 

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Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Locali

L’aspettativa prevista dall’art.18 della legge n.183/2010 è da considerarsi aggiuntiva a quelle previste dal CCNL delle funzioni Locali del 21/5/2018, in particolare a quella prevista dall’art.39 del suddetto CCNL?

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Orientamenti applicativi

Comparto Funzioni Locali

Nel caso di un dipendente utilizzato a tempo parziale, ai sensi dell’art.14 del CCNL del 22.1.2004, coinvolto in un procedimento penale per fatti connessi al servizio presso l’ente utilizzatore, definito con sentenza di piena assoluzione, il rimborso delle spese di patrocinio contemplate nell’art.28 del CCNL del 14.9.2000 competono all’ente utilizzatore o all’ente di appartenenza del dipendente?

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Sentenza n. 31149 del 28/11/2019 e Sentenza n. 31150 28/11/2109

Pubblico impiego – scuola – anzianità di servizio in periodo pre-ruolo e differenze retributive. Applicazione clausola 4 Accordo Quadro CES-UNICE-CEEP su lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE – disapplicazione norme diritto interno in contrasto con art. 4 – principi di diritto

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Si tratta di due sentenza aventi il medesimo oggetto, in entrambe la Corte dovrà decidere dopo aver valutato la conformità degli articoli 485 (per i docenti) e 569 (per il personale ausiliario e ATA) del D. lgs. N. 297/1994 (“Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado.” c.d. Testo Unico della scuola) all’art. 4 dell’Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla direttiva 1999/70/CE. Al termine di una approfondita disamina di entrambe le domande così dispone la Corte:

A) per quanto riguarda la domanda sulla anzianità di servizio dei docenti gli Ermellini stabiliscono i seguenti principi di diritto: “a) l’art. 485 del d.lgs. n. 297/1994, che anche in forza del rinvio operato dalle parti collettive disciplina il riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell’amministrazione scolastica, viola la clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, e deve essere disapplicato, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489 dello stesso decreto, come integrato dall’art. 11, comma 14, della legge n. 124/1999, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato; b) il giudice del merito per accertare la sussistenza della denunciata discriminazione dovrà comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato e ciò implica che non potranno essere valorizzate le interruzioni fra un rapporto e l’altro, né potrà essere applicata la regola dell’equivalenza fissata dal richiamato art. 489; c) l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, in caso di disapplicazione dell’art. 485 del d.lgs. n.297/1994 deve essere computata sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato.” (sentenza n. 31149/2019).

B) per quanto riguarda la domanda relativa al personale ATA ed ausiliario della scuola la Corte conclude stabilendo il seguente principio: “L’art. 569 del d.lgs. n. 297/1994 relativo al riconoscimento dei servizi pre-ruolo del personale amministrativo tecnico ed ausiliario della scuola si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP allegato alla direttiva 1999/70/CE nella parte in cui prevede che il servizio effettivo prestato, calcolato ai sensi dell’art. 570 dello stesso decreto, sia utile integralmente a fini giuridici ed economici solo limitatamente al primo triennio e per la quota residua rilevi a fini economici nei limiti dei due terzi. Il giudice, una volta accertata la violazione della richiamata clausola 4, è tenuto a disapplicare la norma di diritto interno in contrasto con la direttiva ed a riconoscere ad ogni effetto al lavoratore a termine, poi immesso nei ruoli dell’amministrazione, l’intero servizio effettivo prestato» (sentenza n. 31150/2019).  

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Corte di Appello di Roma

Sentenza n. 4311 del 17/12/2018

Pubblico impiego – OO.SS c/ Presidenza del Consiglio e ARAN – ricorso al Tribunale per dichiarazione di avvio del procedimento di contrattazione collettiva – primo grado: accoglimento della domanda – appello: riforma della sentenza e rigetto dell’originario ricorso

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Corte d’Appello di Roma ribalta la decisione del Tribunale del lavoro che, a seguito del ricorso presentato dalla Federazione lavoratori della conoscenza FLC – CGIL, aveva condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri e l’ARAN a dare avvio: “senza ritardo e per quanto di loro competenza, al procedimento di contrattazione collettiva per i comparti della scuola, università e ricerca e dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e delle relative aree dirigenziali”. La sentenza del tribunale, oltre a fare riferimento ad una non più tollerabile compressione dell’art. 39 cost., si basava sul disposto della sentenza della Corte Costituzionale n. 178/2015 che ha rimosso la causa che aveva fino ad allora determinato il blocco della contrattazione collettiva della P.A.. La Corte d’Appello ribalta la decisione con le seguenti motivazioni: innanzi tutto ricorda che in base alla sentenza della Consulta l’illegittimità costituzionale del regime di sospensione della contrattazione collettiva sarebbe diventata effettiva a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza in G.U. e cioè dal 30 luglio 2015, mentre il ricorso introduttivo davanti al Tribunale era del 26 marzo 2105, antecedente pertanto alla suddetta pronuncia, la quale riguarda, quindi, solamente il periodo successivo al 30 luglio 2015, in quanto trattasi si illegittimità “sopravvenuta”, senza alcun effetto retroattivo. Alla data della instaurazione della causa davanti al Tribunale ARAN e Presidenza del Consiglio non potevano quindi essere in alcun modo inadempienti. Pertanto, prosegue la Corte, la sentenza del Tribunale, emessa un mese e mezzo dopo la decisione della Consulta, “finisce di fatto per tradursi in una sorta di condanna preventiva delle amministrazioni, nel timore che le stesse potessero sottrarsi a quanto affermato nella dichiarata decisione…contribuendo così ad alterare ulteriormente la dinamica negoziale in un settore che al contratto collettivo assegna un ruolo centrale.” Si aggiunga a ciò, dicono gli Ermellini, il fatto che sarebbe stata necessaria la preventiva definizione dei nuovi comparti e la dovuta preventiva programmazione economica per lo stanziamento dei necessari fondi. “Così facendo il Tribunale non solo ha finito per sanzionare un ipotetico inadempimento futuro, ma non ha neppure tenuto conto del complesso quadro normativo che regola la materia e che non consente di trattare le pubbliche amministrazioni alla stregua dei datori di lavoro privati, che possono accedere liberamente ed incondizionatamente alla contrattazione con le OO.SS.”

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Tribunale Lavoro 

Tribunale di Roma – IV Sezione Lavoro – Sentenza n. 7032 del 28/10/2018

Pubblico impiego – Rapporto fra legge e contratto – Clausola contrattuale – Norma di legge modificativa a carattere speciale – Successiva clausola contrattuale di rinvio a contrattazione antecedente – Disapplicazione di norma di legge – Possibile solo con clausola disapplicativa esplicita 

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La questione affrontata dal Tribunale di Roma, è relativa alla durata del servizio all’estero di dipendenti scolastici ma riveste una più generale rilevanza nel rapporto fra legge e contratto collettivo nel settore pubblico. La legge n. 64/2017 ha modificato le regole relative alla durata di tali mandati all’estero, abrogando precedenti previsioni contrattuali. Successivamente il CCNL 2016 2018 del Comparto Istruzione e Ricerca ha affermato, all’art. 1 comma 10: “Per quanto non espressamente previsto dal presente CCNL, continuano a trovare applicazione le disposizioni contrattuali dei CCNL dei precedenti comparti di contrattazione e le specifiche norme di settore, in quanto compatibili con le suddette disposizioni e con le norme legislative, nei limiti del d. lgs. n. 165/2001”. Nello stesso tempo l’art. 5 del d.lgs. 165/2001, ha previsto la possibilità di disapplicazione di norme di legge (specifiche per il pubblico impiego) da parte di successivi contratti o accordi collettivi. Il giudice ha chiesto all’ARAN e ai sindacati firmatari l’interpretazione autentica della suddetta clausola contrattuale. L’accordo sull’interpretazione autentica non si è raggiunto ma l’ARAN ha ritenuto di fornire al giudice una propria interpretazione della clausola controversa. Il giudice ha accolto l’interpretazione dell’Agenzia, ritenendo che la disapplicazione di una legge può essere effettuata da un contratto collettivo successivo ma sulla base non di clausole generiche o di stile ma di una previsione espressa che individui chiaramente la norma legislativa da disapplicare.

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Corte dei Conti

Sezione regionale controllo Liguria n. 86/2019

Enti locali – trasformazione rapporto lavoro – limiti assunzionali

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La sezione interviene sulla trasformazione di un rapporto di lavoro di un dipendente, assunto con contratto a tempo determinato, in rapporto di lavoro a tempo pieno, in relazione all’applicazione delle disposizioni che pongono limiti in materia di assunzioni di personale in enti di piccole dimensioni. I magistrati contabili evidenziano che: “Gli enti di piccole dimensioni, dunque, nel determinare il limite delle capacità assunzionali rispetto alle cessazioni intervenute nell’anno precedente possono conteggiare tutte le cessazioni avvenute dall’anno antecedente l’entrata in vigore del citato art. 1, comma 562, della legge n. 296 del 2006 (1 gennaio 2007) e non ancora surrogate con nuove assunzioni. Ciò significa che per tali enti tutte le cessazioni intervenute dal 2006 in poi possono essere ricoperte anche in anni successivi a quello immediatamente seguente fino a quando la norma rimane in vigore. Tale capacità assunzionale, inoltre, può essere utilizzata anche in modo frazionato e in diverse annualità fino al totale assorbimento” (rif. delibera n. 52/2010 Sezioni Riunite).

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