07/04/2020 – Sanatoria edilizia: singolo comproprietario può chiederne il rilascio?

Sanatoria edilizia: singolo comproprietario può chiederne il rilascio?
Il coniuge in comunione legale può presentare l’istanza anche uti singulus in quanto proprietario non pro quota ma indistintamente dell’intero bene (CdS, sentenza n. 1766/2020)
di Riccardo Bianchini – Avvocato
 
Pubblicato il 06/04/2020
La pronuncia che si annota (Cons. St., sez. II, sentenza 12 marzo 2020, n. 1766 – testo in calce) risulta di particolare interesse laddove affronta in modo diretto il tema della legittimazione a richiedere l’emanazione di un titolo edilizio, modificando – o forse meglio integrando rispetto ad una situazione particolare – l’orientamento giurisprudenziale più consolidato.
Sommario
Il fatto
Era avvenuto che una sanatatoria edilizia fosse stata concessa sulla base dell’istanza presentata da uno solo dei comproprietari. E avverso tale provvedimento un soggetto terzo aveva agito giudizialmente chiedendone l’annullamento.
Il giudice di prime cure aveva tuttavia evidenziato come la domanda di condono fosse stata presentata dal coniuge comproprietario, responsabile dell’abuso, e pertanto – a suo modo di vedere – da soggetto pienamente legittimato a proporre la domanda. Su tale presupposto, oltre che sulla circostanza che non vi era alcun onere in capo all’amministrazione di garantire la partecipazione del terzo controinteressato (poiché il titolo risulta pacificamente rilasciato sempre nella salvezza dei diritti dei terzi, tutelabili, per quanto riguarda il rispetto delle distanze, in sede civile), il ricorso di primo grado veniva rigettato.
La decisione
L’intervenuto appello ha consentito al Consiglio di pronunciarsi sul tema.
Come evidenziato, è il tema della legittimazione alla presentazione dell’istanza da parte di uno soltanto dei comproprietari a rivestire particolare interesse nel caso di specie.
Nel definire la vicenda il Collegio ha innanzitutto evidenziato come in tema di soggetto legittimato all’istanza di rilascio di titolo edilizio e proprietario pro quota, lo stesso Consiglio di Stato abbia affermato inequivocabilmente che il soggetto legittimato alla richiesta del titolo abilitativo deve essere colui che abbia la totale disponibilità del bene. Non potendosi invece riconoscersi legittimazione al semplice proprietario pro quota ovvero al comproprietario di un immobile.
La ratio di tale orientamento starebbe nel fatto che, diversamente, il contegno tenuto dal comproprietario potrebbe pregiudicare i diritti e gli interessi qualificati dei soggetti con cui condivida la propria posizione giuridica sul bene oggetto di provvedimento.
Ricorda quindi il Collegio come “In caso di pluralità di proprietari del medesimo immobile, di conseguenza, la domanda di rilascio di titolo edilizio – sia esso o meno titolo in sanatoria di interventi già realizzati – dovrà necessariamente provenire congiuntamente da tutti i soggetti vantanti un diritto di proprietà sull’immobile, potendosi ritenere d’altra parte legittimato alla presentazione della domanda il singolo comproprietario solo ed esclusivamente nel caso in cui la situazione di fatto esistente sul bene consenta di supporre l’esistenza di una sorta di cd. pactum fiduciae intercorrente tra i vari comproprietari (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 settembre 2016, n. 3823).”
Nel caso di specie, tuttavia, emergeva una peculiarità: quella della circostanza che il bene oggetto di istanza di condono fosse posto in regime di comunione legale tra i coniugi, ed a presentare la domanda era stato uno dei due coniugi.
Ciò impone al Collegio di determinare se il regime di comproprietà “ordinario” sia o meno equiparabile, ai fini della definizione del giudizio in questione, al regime di comunione legale dei coniugi.
Per affrontare questa tematica il Collegio ha osservato come sia in campo penale che in campo civile venga pacificamente posta una distinzione giuridico-concettuale fra le due ipotesi. In particolare, l’istituto della comunione legale dei coniugi conduce ad una situazione in cui ciascuno di essi sia proprietario per l’intero sul bene oggetto della comunione e non pro quota.
Questa ricostruzione giuridica riverbera i suoi effetti anche in relazione alla legittimità del procedimento amministrativo seguito dalla pubblica amministrazione.
Il Consiglio di Stato giunge infatti a statuire che poiché in tema di comunione legale dei beni il singolo coniuge è proprietario non pro quota ma indistintamente dell’intero bene, deve ritenersi legittimato a presentare anche uti singuli l’istanza di sanatoria, avendo la stessa, peraltro, effetti favorevoli anche nei confronti del coniuge rimasto inerte, come legittimamente è avvenuto nel caso in esame.

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