02/04/2020 – Il diritto del lavoro al tempo del COVID-19

DI ARTURO MARESCA
Il diritto del lavoro al tempo del COVID-19
 
La pandemia che sta sconvolgendo le nostre vite tanto da renderle drammaticamente irreali, si è abbattuta anche sul lavoro degli uomini stravolgendolo con effetti profondi ben visibili sotto i nostri occhi ed altri che, ancor più profondamente, determineranno in futuro un ripensamento dell’organizzazione del lavoro (e delle sue regole) e, forse, dello stesso modo di produrre, comunque un ripensamento (auspicabilmente durevole nel tempo) dei valori fondanti della comunità nella quale viviamo. I problemi indotti dal COVID-19 sul lavoro si collocano su due fronti contrapposti: da una parte la necessità di intensificare il lavoro e di garantire lo svolgimento delle attività essenziali per la convivenza e, dall’altra, la rarefazione o l’assenza di lavoro causata dalla sospensione (totale o parziale) delle attività produttive, imposta ex lege (da ultimo con il DPCM 22 marzo 2020). Abbiamo dovuto prendere atto che i servizi essenziali ritenuti tali in situazione di normalità (cioè quelli per i quali la legge, 12 giugno 1990, n. 146 impone di contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con i diritti costituzionali degli utenti), non sempre coincidono con quelli che si palesano oggi assolutamente necessari per garantire la nostra convivenza (ad esempio il trasporto urbano e vieppiù i musei, sono attualmente assai meno essenziali della filiera agro-alimentare, della distribuzione commerciale e della logistica dei prodotti alimentari e dei beni di prima necessità che consentono a questi beni di essere disponibili, tutte attività queste ultime che non sono annoverate nella l. n. 146/1990). Più semplicemente ancora, l’incalzare degli eventi tragici e straordinari che stiamo vivendo – una volta svanita la convinzione di esserne immuni – ha generato (al di là delle emozioni) un bisogno di sicurezza attestato su livelli ancor più elevati di quelli a cui eravamo abituati ritenendo che fossero un saldo presidio della nostra società e degli standard che la connotano e che vogliamo continuino a caratterizzarla. Di qui la necessità in futuro di investimenti a ciò finalizzati (indirizzando altrove la riduzione della spesa pubblica, almeno fin tanto che non sarà affievolita/rimossa la memoria di questi giorni), specialmente per quanto riguarda il sistema sanitario nazionale di cui abbiamo constatato il valore (prima non sempre percepito come tale), ma insieme i punti di fragilità di fronte a calamità sanitarie fin qui inimmaginabili che evidenziano la necessità di ripensarne l’organizzazione, ad esempio rinforzando l’assistenza sanitaria (medica e paramedica) territoriale sia per alleggerire la pressione sugli ospedali (ed i pronto soccorso) quando sono impegnati a fronteggiare eventi straordinari sia per favorire l’accesso a tali servizi a coloro (le persone in condizioni di particolare fragilità per patologie o, semplicemente, per età) che ne hanno maggior bisogno e che si gioverebbero (anche psicologicamente) della prossimità di tale assistenza… (segue)
 
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