Tratto da: leautonomie.it

Mentre la giurisprudenza del Consiglio di Stato stabilisce che gli avvocati dipendenti delle pubbliche amministrazioni devono timbrare in entrata ed in uscita e che possono autogiustificare solamente la presenza in tribunale e detta le regole per la determinazione dei compensi professionali che vanno loro erogati in caso di successo nei contenziosi in cui rappresentano gli enti, il nuovo CCNL dei dirigenti consente alla contrattazione decentrata ed ai regolamenti di escludere la fruizione della retribuzione di risultato o di diminuirla per coloro che  ricevono le cd propine, cioè compensi professionali

LA RILEVAZIONE DELLE PRESENZE 

Gli avvocati che dipendenti da una Pubblica Amministrazione sono tenuti a timbrare l’entrata e l’uscita dagli uffici dell’ente, al pari di quanto previsto per tutti i dipendenti pubblici mentre con auto certificazione possono attestare la presenza nelle aule di tribunale.

E’ quanto ha stabilito la sentenza della settima sezione del Consiglio di Stato n. 5878/2024. L’ampiezza dell’autonomia che deve essere loro riconosciuta non arriva ad inglobare anche l’accertamento del rispetto dei vincoli orari.

La prima previsione che viene evidenziata è la seguente: “l’avvocatura degli enti pubblici costituisce un’entità organica autonoma nell’ambito della struttura disegnata dalla sua pianta organica a salvaguardia delle prerogative di libertà nel patrocinio dell’amministrazione che si caratterizza per l’assenza di ingerenza nelle modalità di esercizio della professione, ma resta pur sempre un dato normativo ineludibile cioè l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato”. Quindi, occorre dare corso al rispetto di tali vincoli.

Nella sentenza, ribadendo un orientamento che viene definito come consolidato (ma si deve evidenziare che in particolare a livello di TAR siamo spesso in presenza di indicazioni diverse), ci viene detto che “fermo restando che tutte le attività esterne presso uffici giudiziari saranno riscontrate dall’Amministrazione attraverso le autodichiarazioni che gli avvocati presenteranno a tempo debito, in occasione della loro presenza presso gli uffici non vi è alcuna ragione per cui non timbrino all’ingresso ed all’uscita. Tale modalità di controllo non lede in alcun modo la libertà di patrocinio ma è la conseguenza che, seppur con la particolarità prima ricordata, sono comunque dipendenti pubblici, e come tali soggetti a controllo”.

LA DISCIPLINA DELLE PROPINE

La quantificazione ed il regime dei compensi per l’avvocatura degli enti sono disciplinati dalla sentenza della quinta sezione del Consiglio di Stato n. 5380/2024.

E’ in primo luogo legittima la scelta del regolamento di considerare questi compensi come equiparati alle salario accessorio ai fini della determinazione del TFR e del trattamento di quiescenza. 

Il Sindaco ed il Segretario hanno diritto di accesso a questi atti, in quanto sono rispettivamente rappresentante legale dell’ente e vertice della struttura burocratica.

Ed ancora, non deve essere considerata illegittima “la previsione regolamentare che richiede la previa sottoscrizione di un contratto decentrato ai fini della corresponsione dei compensi: il che non si pone di suo in contrasto con le previsioni primarie, che alla regolamentazione e contrattazione (quest’ultima a sua volta richiamante la contrattazione integrativa decentrata) rimandano”.

La norma regolamentare prevede correttamente che essi devono essere erogati al lordo degli oneri riflessi. La sentenza cita le indicazioni della Corte Costituzionale per cui “l’accollo contributivo posto ad integrale carico del lavoratore riguarda soltanto la parte relativa ai  compensi professionali e non l’intera retribuzione complessiva.. non ricorre alcuna violazione neppure dell’art. 3 Cost. sotto entrambi i profili enunciati. Con riferimento alla parità di trattamento, il personale dell’avvocatura interna delle pubbliche amministrazioni è il solo che percepisce i suddetti compensi, sicché manca un tertium comparationis su cui operare il raffronto con il trattamento economico riservato agli altri dipendenti dell’amministrazione. Né sussiste la manifesta irragionevolezza che si assume desunta dalla sottoposizione alla medesima imposizione di compensi di diversa natura e funzione, perché – nell’ottica della traslazione degli oneri previdenziali – è del tutto irrilevante la derivazione di quei compensi  dalla condanna di controparte alle spese del giudizio, piuttosto che dalla loro compensazione tra le parti”.

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