30/08/2021 – Il TAR Lazio sull’oscuramento dei dati personali negli atti giudiziari

Con la sentenza numero 8873/2021 il Tar Lazio, all’interno di una vicenda che riguarda il riconoscimento di un titolo professionale, esamina la richiesta di oscuramento dei propri dati avanzata dal ricorrente, con riferimento all’articolo 52 del dlgs 196/2003, Codice in materia di protezione dei dati personali.

I giudici rigettano l’istanza affermando preliminarmente che il processo è, per sua natura, un fatto pubblico. Con il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 si è, agli artt. 9 e 10, circoscritto e temperato il divieto del trattamento dei dati personali a puntuali e ben circoscritte evenienze : origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché il divieto di trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, ovvero dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona, nonché le condanne penali o ai reati o a connesse misure di sicurezza che non possono essere riportate se non conferenti con il giudizio.

Ciò comporta la possibilità per l’opinione pubblica di verificare l’operato del giudice e la natura del gravame oggetto di valutazione, cui non può essere espunto il nome del ricorrente e dei controinteressati, se non per le eccezionali ragioni sopra riportate.

La richiesta trae origine dall’articolo 52, prima richiamato, che in particolare prevede che ” l’interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell’ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull’originale della sentenza o del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento”.

I giudici, facendo riferimento  alle precedenti sentenze della Corte di Cassazione precisano che ai fini dell’accoglimento della richiesta, l’autorità giudiziaria dovrà operare un equilibrato bilanciamento tra le esigenze di riservatezza del singolo e il principio della generale conoscibilità dei provvedimenti giurisdizionali e del contenuto integrale delle sentenze, quale strumento di democrazia e di informazione giuridica”.

E in riferimento ai “motivi legittimi”, che possono giustificare l’oscuramento dei dati, viene richiamata la sentenza n. 16807/2020 della Corte di Cassazione laddove si precisa che “la domanda di oscuramento dei dati personali presentata dall’interessato deve essere sostenuta dalla indicazione dei “motivi legittimi” che segnano all’evidenza il discrimine fra l’accoglimento ed il rigetto della relativa domanda.

Al riguardo, escludendo che possa essere intesa nell’accezione di “motivi normativi”, per dare un significato compiuto all’espressione – che, ovviamente, non può neppure discendere da un’interpretazione a contrario, non potendosi ammettere l’esito positivo di una richiesta di oscuramento dati per motivi illegittimi – non resta che apprezzarla come sinonimo di “motivi opportuni”: donde la particolare ampiezza, opportunamente non predeterminata dal legislatore all’interno di schemi rigidi, delle ragioni che possono essere addotte a sostegno della richiesta.

I giudici della Corte Suprema, a tal fine, richiamano espressamente le linee guida adottate dal Garante della privacy il 2 dicembre 2010, “in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica”, laddove si afferma che i “motivi legittimi” che giustificano l’anonimizzazione sono la delicatezza della vicenda oggetto del giudizio o la particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (ad esempio, dati sensibili).

Peraltro, viene precisato che lo stesso articolo 52 del Codice della privacy, prima richiamato, prevede, al comma 7, che “fuori dei casi indicati nel presente articolo è ammessa la diffusione in ogni forma del contenuto anche integrale di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali.”

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