29/11/2019 – Urbanistica. Esecuzione demolizione ed alienazione del bene

Urbanistica. Esecuzione demolizione ed alienazione del bene
Pubblicato: 28 Novembre 2019

L’esecuzione dell’ordine di demolizione, impartito dal giudice a seguito dell’accertata edificazione in violazione di norme urbanistiche, non è escluso dall’alienazione del manufatto abusivo a terzi, anche se intervenuta anteriormente all’ordine medesimo, ciò in quanto tale ordine, avendo carattere reale, ricade direttamente sul soggetto che è in rapporto con il bene a prescindere dagli atti traslativi intercorsi, con la sola conseguenza che l’acquirente, se estraneo all’abuso, potrà rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell’avvenuta demolizione

 
RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Termini Imerese, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza in data 8 aprile 2019 ha rigettato le istanze riunite, presentate nell’interesse di Vincenza MANISCALCO e Carla CANNOVA, con le quali veniva richiesta la revoca o la sospensione dell’ingiunzione a demolire emessa nei loro confronti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Termini Imerese con riferimento ad un immobile sito in Altavilla Milicia, Contrada Santoro s.n.c., contraddistinta in catasto al foglio 3, particella 780, sub 2.

Avverso tale pronuncia Carla CANNOVA propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, lamentando una superficiale disamina degli elementi prospettati dalla difesa da parte del giudice dell’esecuzione.

Rileva, altresì, che il Tribunale non avrebbe tenuto conto dell’avvenuta compravendita dell’immobile, in occasione della quale il notaio rogante aveva attestato l’avvenuta presentazione di una richiesta di titolo abilitativo in sanatoria per condono edilizio, con pagamento delle intere somme dovute a titolo di oblazione a mezzo di bollettini postali indicati in dettaglio in ricorso, così come quelli comprovanti il versamento degli oneri concessori.

Aggiunge che la presenza del vincolo paesaggistico non sarebbe ostativa al rilascio del condono in conseguenza dell’avvenuta presentazione di istanza per rilascio del nulla osta paesaggistico alla Soprintendenza competente.

Aggiunge inoltre che, non essendo più proprietaria dell’immobile, l’ordine di demolizione andrebbe rivolto all’acquirente che ora ne dispone.

Osserva, poi, che il giudice dell’esecuzione avrebbe errato nel ritenere non sussistenti i presupposti per il rilascio del condono in quanto riguardante un immobile contraddistinto da un diverso riferimento catastale, poiché risulterebbe in atti che le originali particelle n. 579 e 580 hanno dato origine, rispettivamente, alle particelle 780 sub 1 e 2.

Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso

3. Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta, ha richiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

La difesa ha presentato memoria di replica alle conclusioni del Procuratore Generale con allegati documenti in copia.

CONSIDERATO IN DIRITTO

 1. Il ricorso è inammissibile.

2. Occorre preliminarmente rilevare la estrema genericità delle preliminari censure formulate in ricorso con riferimento alla motivazione del provvedimento impugnato, potendosi riscontrare (pag. 3 del ricorso) argomentazioni non riferibili al procedimento di esecuzione, le quali infatti richiamano, ad esempio, una “sentenza”, lamentando la “immotivata adesione alla sentenza del Primo Giudice” da parte della “Corte territoriale”, la quale avrebbe motivato in maniera meramente apparente mediante una “superficiale disamina dei soli argomenti posti dalla Pubblica Accusa a sostegno dell’affermazione della penale responsabilità della Cannova…”.

Anche i successivi rilievi formulati in ricorso, riferiti in maniera più specifica al provvedimento impugnato, non si confrontano compiutamente con la motivazione dell’ordinanza, limitandosi a ribadire deduzioni che il giudice dell’esecuzione ha efficacemente confutato.

3. Va in primo luogo ricordato, a tale proposito, come la giurisprudenza di questa Corte sia unanime nel riconoscere al giudice dell’esecuzione, in presenza di una domanda di sanatoria, un ampio potere-dovere di controllo sulla legittimità dell’atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260972; Sez. 3, n. 42164 del 9/7/2013 , Brasiello, Rv. 256679; Sez. 3, n. 40475 del 28/9/2010, Ventrici, Rv. 249306; Sez. 3, n. 17066 del 4/4/2006, Spillantini, Rv. 234321; Sez. 3, n. 46831 del 16/11/2005, Vuocolo, Rv. 232642).

Si è anche attribuita al giudice dell’esecuzione, con rifermento alla mera pendenza di una richiesta di sanatoria, la verifica dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura (in tema di condono edilizio v., ad es., Sez. 3, n. 35201 del 3/5/2016, Citarella e altro, Rv. 268032; Sez. 3, n. 47263 del 25/9/2014, Russo, Rv. 261212; Sez. 3, n. 16686 del 5/3/2009, Marano, Rv. 243463; Sez. 3, n. 42978 del 17/10/2007, Parisi, Rv. 238145; Sez. 3, n. 38997 del 26/9/2007, Di Somma, Rv. 237816; Sez. 3, n. 23702 del 27/4/2007, Agostini e altro, Rv. 237062;  Sez. 3, n. 3992 del 12/12/2003 (dep.2004), Russetti, Rv. 227558).

Tali principi sono stati ribaditi anche recentemente, affermando che il giudice dell’esecuzione, in presenza di una domanda di sanatoria, non deve limitarsi a prenderne atto ai fini della sospensione o revoca dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna, ma deve esercitare il potere-dovere di verifica della validità ed efficacia del titolo abilitativo, valutando la sussistenza dei presupposti per l’emanazione dello stesso e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio oltre, ovviamente, alla rispondenza di quanto autorizzato con le opere destinate alla demolizione (Sez. 3, n. 55028 del 9/11/2018, Bertolami, Rv. 274135)

4. Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione, correttamente uniformandosi ai richiamati principi, ha posto in evidenza la insussistenza di elementi di fatto che consentissero di ritenere sanato o sanabile l’intervento edilizio abusivo.

In particolare, il Tribunale, ha precisato di avere accertato in fatto l’assenza di una effettiva corrispondenza tra l’immobile da demolire e quello oggetto della richiesta di condono edilizio.

Osserva infatti il giudice dell’esecuzione che tanto una certificazione dell’amministrazione comunale (prot. 9203 del 20 maggio 2016), quanto il parere rilasciato dalla Soprintendenza (prot. 1251/515.4 del 27 settembre 2016), entrambi acquisiti agli atti, si riferiscono ad un immobile contraddistinto in catasto al foglio 3, particella 780, sub 1 e che tale evenienza è stata verificata anche attraverso l’esame delle planimetrie allegate.

Lo stesso giudice precisa, inoltre, che la prova dell’avvenuta presentazione di una istanza di condono, riferita all’immobile da demolire, non sarebbe riscontrabile neppure dalle copie dei bollettini di pagamento prodotte, recando le stesse un generico riferimento ad un immobile contraddistinto in catasto al foglio 3, particelle 579 – 580 dalle quali è poi generata la particella 780, senza alcun nesso concreto al subalterno numero 2.

A fronte di ciò, la ricorrente si è limitata a menzionare la pendenza dell’istanza di condono, richiamando la documentazione già esaminata dal giudice dell’esecuzione e l’intervenuta fusione delle originarie particelle catastali della quale viene pure dato atto nel provvedimento impugnato, il quale, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, risulta conforme a legge ed adeguatamente motivato.

Resta da aggiungere, per completezza, che è preclusa in questa sede la possibilità di una autonoma valutazione della documentazione da parte del Collegio, così come non è ammessa la produzione di documenti, ancorché allegati ad una memoria ed il loro esame nel giudizio di legittimità.  

5. A conclusioni non dissimili deve pervenirsi anche per ciò che concerne l’ulteriore censura riferita alla intervenuta compravendita dell’immobile.

In disparte la circostanza che l’ordinanza di cui qui si discute è stata emessa, come ricordato in premessa, tanto nei confronti dell’odierna ricorrente quanto della acquirente dell’immobile da demolire, facendo la stessa riferimento a distinte istanze, poi riunite, di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione presentate da entrambe, occorre rilevare come, anche in questo caso, il provvedimento impugnato risulti perfettamente conforme ai principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, che vengono opportunamente richiamati.

Si è infatti stabilito che l’esecuzione dell’ordine di demolizione, impartito dal giudice a seguito dell’accertata edificazione in violazione di norme urbanistiche, non è escluso dall’alienazione del manufatto abusivo a terzi, anche se intervenuta anteriormente all’ordine medesimo, ciò in quanto tale ordine, avendo carattere reale, ricade direttamente sul soggetto che è in rapporto con il bene a prescindere dagli atti traslativi intercorsi, con la sola conseguenza che l’acquirente, se estraneo all’abuso, potrà rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell’avvenuta demolizione (così Sez. 3, n. 16035 del 26/2/2014, Attardi, Rv. 259802. Conf. Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, Curcio, Rv. 26519301Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, Arrigoni, Rv. 245403; Sez. 3, n. 39322 del 13/7/2009, Berardi e altri, Rv. 244612; Sez. 3, n. 22853 del 29/03/2007, Coluzzi, Rv. 236880; Sez. 3, n. 37120 del 11/5/2005, Morelli, Rv. 232175).

Si tratta, dunque, di un orientamento ormai consolidato, pienamente condiviso dal Collegio e che va qui ribadito.

6. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità  consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 (duemila) in favore della Cassa delle ammende

Così deciso in data 1/10/2019

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