29/11/2019 – L’ANAC invia al Governo e al Parlamento un atto di segnalazione in materia di subappalto

L’ANAC invia al Governo e al Parlamento un atto di segnalazione in materia di subappalto
di Paolo Carbone – Avvocato
La sentenza Corte di Giustizia Europea 26 settembre 2019 causa C 63/18 con la quale è stata sancita la non conformità al diritto UE della norma nazionale che prevede un limite quantitativo al subappalto, ha determinato prevedibili conseguenze nell’ambito del diritto interno, portando ad una prima presa di posizione assunta dall’ANAC con atto di segnalazione n. 8 del 13 novembre 2019.
Come noto, l’ANAC, ai sensi dell’art. 213, comma 3, lett. d), D.Lgs. n. 50/2016 (codice appalti), può formulare al Governo proposte in ordine a modifiche occorrenti in relazione alla normativa vigente di settore
L’Autorità offre dapprima una disamina delle previsioni del diritto interno in materia di subappalto e in particolare dell’art. 105 codice appalti, ai sensi del quale “l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture“. Va precisato che il limite del 30% è stato innalzato al 40% dal D.L. 18 aprile 2019, n. 32 (cd. sblocca-cantieri), convertito con L. 14 giugno 2019, n. 55.
La finalità della norma nazionale, messa in evidenza anche dalla difesa dello Stato italiano in sede difensiva di fronte alla Corte di Giustizia, è motivata alla luce delle particolari condizioni esistenti in Italia, dove tale istituto ha sempre costituito uno strumento di infiltrazione mafiosa nelle commesse pubbliche, ragion per cui si è ritenuto di dover limitare il ricorso a tale strumento sotto il profilo generale.
Va considerato che l’ANAC era già intervenuta con un documento pubblicato il 17/5/2019 (vale a dire prima della pronuncia del giudice eurounitario), reso all’indomani dell’approvazione del D.L. n. 32/2019 e censurando la previsione di quest’ultimo in quanto le modifiche ivi introdotte tendevano a ridurre i limiti per il subappalto senza adottare accorgimenti per la verifica in sede di gara dei subappaltatori.
Peraltro, in tale documento, l’ANAC aveva evidenziato che, con riferimento al settore delle opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, alla previsione generale della possibilità di subappaltare il 40% dei lavori, si doveva aggiungere quello specifico del settore, pari al 30%, con il conseguente effetto di rendere subappaltabile la quasi totalità degli interventi.
In questo contesto si è dunque inserita la pronuncia della Corte di Giustizia, per la quale sussiste un contrasto tra l’art. 71 Direttiva n. 2014/24/UE e l’art. 105 codice appalti, nella parte in cui ha previsto che il subappalto non può superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto.
Secondo la Corte, in presenza di obblighi informativi e di adempimenti procedurali per i quali l’impresa subappaltatrice può essere assoggettata a controlli analoghi a quelli che ricadono sull’impresa aggiudicataria, il limite al subappalto non costituisce lo strumento più efficace e utile per assicurare l’integrità del mercato dei contratti pubblici.
Infatti, se l’amministrazione è in grado di conoscere in anticipo le parti dell’appalto che si intendono subappaltare nonché l’identità dei subappaltatori proposti, e di verificare in capo a questi il possesso dei requisiti di qualificazione e l’assenza dei motivi di esclusione, non vi è ragione per introdurre un limite generalizzato e astratto per il ricorso al subappalto.
E’ proprio questo limite generale, incondizionato ed astratto del 30%, a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità dei subappaltatori, a porsi in contrasto con gli obiettivi di apertura alla concorrenza e tutela delle piccole e medie imprese sanciti dal diritto comunitario.
A fronte delle risultanze contenute nella sentenza della Corte di Giustizia, occorrono, dunque, prosegue l’ANAC, “urgenti modifiche della disciplina di riferimento, affinché la normativa nazionale sia riportata in sintonia con i principi stabiliti dal legislatore e dal Giudice europeo“.
La prima proposta riguarda naturalmente, gli appalti sopra soglia comunitaria e la questione del limite quantitativo del subappalto.
Secondo l’Autorità, “la Corte di Giustizia, pur stabilendo la non conformità al diritto UE del limite quantitativo al subappalto, non sembra aver sancito la possibilità per gli offerenti di ricorrere illimitatamente al subappalto“.
L’ANAC, in particolare, evidenzia come la censura del giudice eurounitario sia particolarmente rivolta all’assenza, nel diritto italiano, di uno spazio volto a valutare caso per caso da parte della stazione appaltante, l’effettiva necessità di una restrizione al subappalto stesso, avendo il legislatore interno dato spazio al solo criterio quantitativo (percentuale di subappalto).
Questo, tuttavia, non significa che il sistema debba consentire un subappalto generalizzato, atteso che in questo senso va richiamato l’art. 105 comma 1 del codice secondo cui “i soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice di norma eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto. Il contratto non può essere ceduto a pena di nullità, fatto salvo quanto previsto dall’art. 106, comma 1, lettera d).”
Con tale norma, chiaramente finalizzata a consentire una ordinata esecuzione delle commesse, il legislatore ha inteso stabilire la regola generale secondo cui l’operatore economico deve eseguire in proprio l’appalto, anche al fine di evitare che una impresa partecipi alla gara al solo fine di aggiudicarsi il contratto per delegarne poi la sostanziale esecuzione a soggetti terzi non verificati in gara.
Che la totale deregolamentazione del subappalto si ponga in contrasto con il diritto eurounitario, oltre che con il diritto interno, è evidente anche alla luce dell’art. 71 della Direttiva, laddove si parla di “parti” dell’appalto da subappaltare a terzi, “lasciando quindi intravedere che la regola generale cui attenersi è quella di una porzione del subappalto e non dell’intera commessa“.
Quindi, afferma l’ANAC, come un “primo aspetto che si segnala al legislatore è quello di valutare il mantenimento del divieto (formale o sostanziale) di subappalto dell’intera commessa o di una sua parte rilevante“.
Tenuto conto, tuttavia, che la censura della Corte di Giustizia ha ad oggetto la previsione generale ed astratta di un limite al subappalto, l’ANAC suggerisce la possibilità di introdurre una disposizione legislativa che demandi alle stazioni appaltanti la possibilità di ricorrere ad un limite al subappalto, mediante proprio atto adeguatamente motivato, in relazione al settore economico e/o merceologico di riferimento, alla natura della prestazione o alle finalità specifiche del contesto (settore particolarmente sensibile ad infiltrazioni malavitose o corruttive ovvero necessità di assicurare una più efficiente e veloce esecuzione dell’opera).
Altra proposta formulata dall’Autorità riguarda poi la possibilità di stabilire l’obbligo di indicare i subappaltatori in fase di gara al fine di consentire alla stazione appaltante di conoscere preventivamente i soggetti incaricati e di effettuare le opportune verifiche che si aggiungerebbero a quelle previste in fase esecutiva di autorizzazione al subappalto, ai sensi dell’art. 105, comma 4, del Codice.
L’ANAC ipotizza dunque una sorta di sistema a doppio binario: in caso di subappalto entro determinate soglie, verrebbe mantenuto l’attuale sistema (indicazione generica al subappalto in fase di gara e verifica dei subappaltatori nella fase esecutiva) mentre laddove tali soglie fossero superate, si potrebbe prevedere la verifica dei subappaltatori anche in fase di gara. In tale secondo caso, prosegue l’Autorità, potrebbe altresì considerarsi la possibilità di concedere al concorrente la facoltà (non l’obbligo) di indicare un elenco di subappaltatori potenziali entro un determinato (e limitato) numero; tale limitazione, oltre a ridurre i rischi poc’anzi evidenziati, consentirebbe di contenere adempimenti e oneri dichiarativi per imprese e stazioni appaltanti.
Successivamente, l’ANAC passa ad esaminare, sinteticamente, le ripercussioni della sentenza della Corte di Giustizia sugli appalti sotto soglia comunitaria e sulle opere ad alto contenuto tecnologico.
Per quanto riguarda gli appalti sottosoglia, infatti, benché la pronuncia della Corte si riferisca ad un appalto comunitario, cionondimeno l’ANAC ritiene che l’art. 105 codice non opera una distinzione tra le due tipologie di appalto, atteso che “il legislatore nazionale ha voluto prevedere una disciplina uniforme del subappalto a prescindere dall’importo del contratto, applicando all’ambito del sotto soglia lo stesso regime applicato al sopra soglia“.
Pur non essendovi ragioni per ritenere che si debba distinguere tra appalti sopra e sotto soglia in riferimento alla problematica del subappalto, secondo l’ANAC occorre comunque che sia il legislatore, tenuto conto dei principi generali di proporzionalità e concorrenza, nonché della prevenzione della corruzione e sicurezza dei luoghi di lavoro, a valutare l’eventuale previsione di un limite al subappalto anche per i contratti sotto soglia.
In merito alle opere ad alto contenuto tecnologico, l’ANAC si limita ad esprimersi in termini dubitativi, non essendo chiaro se la pronuncia coinvolga anche il comma 5 dell’art. 105 che prevede anch’esso il limite del 30%.
In conclusione, l’ANAC segnala a Governo e Parlamento la necessità di un intervento normativo urgente al fine di allineare la disciplina interna in materia di subappalto di cui all’art. 105 con le indicazioni provenienti dalla sentenza della Corte di Giustizia, avanzando specifiche proposte e auspicando, altresì, un intervento normativo a carattere organico, che affronti cioè anche le altre problematiche sollevate sul subappalto in sede di procedura di infrazione, pervenendo così a una disciplina coerente in materia.

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