29/05/2020 – Tassare le prime case per curare la finanza locale dal Covid

Tassare le prime case per curare la finanza locale dal Covid
di Matteo Barbero
La crisi delle finanze locali innescata dal Covid 19 impone di rivedere il sistema di finanziamento dei comuni, non escludendo il ritorno della tassazione sulle prime case. È una delle indicazioni contenute nel «Rapporto 2020 di coordinamento sulla finanza pubblica» approvato dalle Sezioni in sede di controllo della Corte dei conti che contiene la valutazione dell’Istituto sulle prospettive di economia e conti pubblici del Paese alla prova di una crisi inaspettata e di dimensioni globali.
Nel corposo documento si analizza la forte riduzione del gettito locale a fronte dell’emergenza sanitaria e le modalità che dovrà assumere l’intervento centrale a sostegno delle realtà territoriali ripropongono con forza il tema del sistema di finanziamento. La Corte propone un’analisi delle criticità e delle prospettive del sistema di tassazione decentrata in Italia. Esso deve tenere conto di numerosi fattori. In primo luogo, non si dovrebbe prescindere da ciò che le risorse debbono finanziare. In questa prospettiva, l’imposizione immobiliare presenta il vantaggio di conformarsi al principio del beneficio come criterio di ripartizione dei tributi, dato che è ragionevole presumere che il valore dei servizi comunali – o la loro assenza – abbia un riflesso importante sui valori immobiliari. In questo modo beneficiari e finanziatori dei servizi tendono a coincidere. Con l’esenzione dell’abitazione principale questa relazione viene meno e la principale imposta comunale finisce per colpire numerosi soggetti per i quali il virtuoso circuito tra tassazione e rappresentanza politica si interrompe.
Appaiono, infine, piuttosto incerti i meccanismi perequativi finora predisposti, per ciò che riguarda sia le modalità di distribuzione, che l’estensione della perequazione dei livelli essenziali e delle capacità fiscali. In una certa misura, la maggiore debolezza consiste nella difficoltà di tracciare una netta linea di demarcazione tra funzioni che rispondono a logiche diverse e pongono problematiche differenziate. Le funzioni fondamentali implicano, generalmente, la definizione, a livello centrale, di livelli essenziali di servizio, con l’obiettivo di garantire una sostanziale uniformità tra enti locali a prescindere dagli specifici orientamenti territoriali. Per le funzioni non fondamentali, invece, il tipo e il livello di erogazione del servizio dovrebbero essere rimessi alla libera determinazione degli enti territoriali sulla base del sistema di preferenze e dei bisogni locali. Su queste funzioni, il governo centrale si può limitare a garantire una adeguata dotazione di risorse in tutti i territori. A questo riguardo, nell’esperienza italiana, non sembra essersi delineata una tendenza netta – e forse opportuna – verso la separazione del finanziamento e della perequazione delle funzioni fondamentali, dal finanziamento e dalla perequazione di quelle non fondamentali. L’assenza di questa scelta riflette anche la difficile interazione tra le forme di prelievo destinate al finanziamento degli enti territoriali e la necessità, da più parti manifestata, di procedere a una revisione complessiva del sistema tributario nazionale, almeno nelle sue componenti quantitativamente più rilevanti. Una revisione che dovrebbe logicamente precedere la definizione della struttura di finanziamento degli enti territoriali, per garantire il necessario equilibrio sia in termini di separazione delle fonti tributarie, sia in termini di coordinamento tra prelievi centrali, regionali e comunali.

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