28/01/2021 – Impugnabilità in secondo grado del decreto monocratico cautelare adottato dal Presidente del Tar

L’appello avverso il decreto monocratico cautelare adottato dal Presidente del Tribunale amministrativo regionale deve ritenersi, di norma, inammissibile sia per ragioni testuali legate alla lettera della legge che per ragioni sistematiche, in quanto né previsto, né configurabile, in via distinta ed autonoma, ai sensi dell’art. 56 c.p.a., e altresì prevedendo il Codice di rito l’appellabilità delle sentenze e delle ordinanze (art. 62 e 100, c.p.a.) e non anche dei decreti; conseguentemente, la questione di revisione e/o riforma del decreto va trattata – salvo casi del tutto eccezionali di provvedimento che abbia solo veste formale di decreto ma contenuto sostanziale decisorio – nel medesimo grado della misura stessa, o con lo stesso mezzo o in occasione della conseguente camera di consiglio, la cui ordinanza cautelare potrà semmai a letterale tenore dell’art. 62 c.p.a. formare oggetto di appello cautelare (1). 

(1) Ha chiarito il C.g.a. che le ipotesi di provvedimenti monocratici impugnabili aventi solo veste formale di decreto o “decreti meramente apparenti” si configurano esclusivamente nel caso in cui la decisione monocratica in primo grado non abbia affatto carattere provvisorio ed interinale ma definisca o rischi di definire in via irreversibile la materia del contendere, come negli eccezionali casi di un decreto cui non segua affatto una camera di consiglio o in cui la fissazione della camera di consiglio avvenga con una tempistica talmente irragionevole da togliere ogni utilità alla pronuncia collegiale con incidenza sul merito del giudizio con un pregiudizio irreversibile (di talché residuino al limite questioni risarcitorie) dovendo in tali casi intervenire il giudice di appello per restaurare la corretta dialettica fra funzione monocratica e funzione collegiale in primo grado. 

Ha aggiunto il C.g.a. che siffatta definizione irreversibile della res controversa con decreto monocratico deve comportare un danno irreparabile a diritti fondamentali della persona umana, danno che non discende ex se dalla sola circostanza che il provvedimento impugnato esaurisca i propri effetti prima della camera di consiglio collegiale in primo grado, e che pertanto in sede collegiale non sia più conseguibile una tutela in forma specifica mediante la rimozione del provvedimento contestato   che ha respinto la domanda di sospensione. ​​​​​​​

C.g.a., dec., 25 gennaio 2021, n. 61 – Pres. De Nictolis

 

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