24/08/2021 – Decreto reclutamento: lo strano istituto delle selezioni uniche degli idonei

La conversione in legge del Dl 80/2021 ci ha un po’ risvegliato dal torpore di quest’Agosto torrido, riservandoci un finale a sorpresa. La torsione del legislatore verso un regime di semplificazione, almeno a livello di dichiarazioni di intenti, delle procedure di reclutamento, ha avuto qui uno sbocco del tutto inaspettato e che sta producendo notevole disorientamento tanto negli operatori quanto nei commentatori ed esperti della disciplina. Stiamo facendo riferimento all’effettiva portata dell’articolo 3 bis della legge 113/2021, che ha convertito in legge il DL 80/2021, che testualmente reca in rubrica “Selezioni  uniche  per  la formazione  di  elenchi  di   idonei all’assunzione nei ruoli dell’amministrazione degli enti locali”.Vediamo qual è lo schema di funzionamento dell’istituto, provando a sintetizzare il contenuto della disposizione.

Nella disposizione si stabilisce che gli enti, in forma aggregata, possono organizzare selezioni volte al reclutamento di “idonei”. Qui la prima novità assoluta: le selezioni (non si parla volutamente di concorso, perché il concorso serve ad assumere i vincitori) per la formazione di elenchi di soli idonei (è questo il motivo per cui si prescinde dal fabbisogno). Tra questi idonei, poi, si dovrà andare ad individuare, al bisogno, previo interpello, l’elenco dei soggetti interessati alla posizione e poi, ancora, tra quelli che hanno manifestato interesse alla sollecitazione pubblica si dovranno fare delle prove ultra semplificate (basterà anche una prova) per selezionare il soggetto che entra nei ruoli della pubblica amministrazione o che viene assunto a tempo determinato. È evidente l’assonanza di un istituto, quello di questa sorta di elenchi di prequalficazione, con istituti analoghi che ricorrono in altri settori, per esempio, quello della contrattualistica pubblica, in cui le stazioni appaltanti scelgono un operatore economico dopo aver formato un elenco, un albo di soggetti, i cui profili saranno valutati in fase di selezione dell’operatore con cui si va a stipulare il contratto. La disciplina dell’istituto, come fatto presente da un autorevolissimo commentatore, è assimilabile molto anche alla disciplina degli accordi quadro in cui gli enti, rectius stazioni appaltanti, stabiliscono a monte le regole del gioco cui si vincolano e che vanno ad applicare quando vanno a fare l’ordine, ossia quando maturerà l’esigenza da soddisfare. Del resto, per qualcuno persone e merci sono un po’ la stessa cosa, sono intercambiabili. Qui funziona più o meno così: si stabiliscono a monte i rapporti di priorità tra gli enti in ordine all’utilizzo delle graduatorie tra gli enti stessi che, al bisogno, vanno a bussare alla porta degli idonei, cui si rivolgono per sapere se sono interessati o meno a contrattare con la pubblica amministrazione.

Tutto molto bello, molto snello, molto smart.Vediamo se oltre ad essere smart, è anche costituzionale.Ovviamente, prima di entrare nel merito dell’aggancio costituzionale, non si può sottacere che la norma tocca un tema caldo e sensibile: i tempi e le complessità delle procedure di assunzione. È semplicemente miope, mentre si chiede alle pubbliche amministrazioni la realizzazione di “performance sfidanti”, di “standard aziendali” sempre più elevati, il benchmark, l’incremento degli output e tanti altri concetti cari ai Bocconiani, non rilevare che nessuna azienda privata, alla quale si pretende di assimilarci, si trova, per fare un’assunzione, a dover sostenere il percorso a ostacoli che deve affrontare una pubblica amministrazione. Ricordiamo solo, senza spirito polemico, ma ogni tanto un po’ di ironia ci aiuta a sopravvivere, che, mentre si chiede agli enti pubblici di fare le prove concorsuale con soli strumenti informatici (come simbolo del passaggio all’amministrazione digitale), agli enti è richiesto, per pubblicare un bando, di inviarlo per estratto cartaceo alla Gazzetta Ufficiale con raccomandata a/r, dopo avere stampato la mail recante l’estratto, che va allegata al plico dopo l’invio. Ricordiamo, inoltre, questo senza ironia, che gli enti locali per assumere fino a poco tempo fa, prima che entrasse in vigore il dm 17/03/2020 con le sue formule esoteriche, per assumere dovevano aspettare l’anno successivo alla cessazione del dipendente che si andava a sostituire (turn over, filiazione della sciagurata riforma scritta attorno al 2010, sotto dettatura del duo Draghi-Trichet). Dunque, mi chiedo quale azienda privata si permetterebbe di aspettare per assumere un dipendente l’anno solare successivo a quello di cessazione del dipendente da sostituire, senza nemmeno poter realizzare un minimo di passaggio di consegne! I consulenti e le società private ancora gongolano!

Quindi, il tema di poter velocizzare le procedure assunzionali, magari disponendo di un elenco di soggetti di comprovata preparazione,tra i quali selezionare quello idoneo, indubbiamente è vivo e lotta assieme a noi. Qualche anno fa, per esempio, si parlava di un portale gestito dalla Funzione Pubblica per inserire i soggetti idonei di altri concorsi al quale le amministrazioni potevano attingere. Sarebbe semplice ed utile, ma non è questo quello di cui parla la norma.Ma andiamo alla domanda iniziale: lo schema stabilito dalla norma ha una tenuta costituzionale? Per rispondere a questa domanda ci dobbiamo chiedere: ma come si fa ad entrare in questa enclave? Chi sono i soggetti unti dal Signore, benedetti con la spada, pronti a condurre l’amministrazione verso la transizione al mondo nuovo? Qui le risposte degli esperti disorientano. Abbiamo sentito dire che la norma, quando fa riferimento alle manifestazioni di interesse tra gli idonei, “istituzionalizza” quell’artifizio giuridico delle manifestazioni di interesse già sperimentate in questi anni dagli enti, allorquando questi sollecitavano gli idonei delle graduatorie a rendere nota la propria esistenza, alfine di poterli valutare e poi stringere l’accordo con il comune titolare della graduatoria.

Altri ancora sostengono che le manifestazioni di interesse saranno aperte ai soli primi idonei delle graduatorie di concorsi già indetti e conclusi. Altri ancora che gli interpelli saranno aperti ai soli pari merito della stessa graduatoria unica e che quindi la forma sarà quella più classica del concorso. Quest’ultimo è forse più un auspicio che una lettura della portata precettiva della norma. Insomma, se a tre giorni dalla pubblicazione del testo convertito in legge, e con le case editrici in ferie, questo è l’inizio, che dire? Si prepara un classicissimo autunno caldo, anzi rovente!Ora, va detto che quelle procedure passate con le quali gli enti facevano manifestazioni di interesse volte a fare graduatorie tra soggetti idonei che venivano ricollocati in graduatoria erano semplicemente illegittime. Infatti, come sostiene autorevole dottrina, invero l’unica cosa che può scegliere un ente è il fatto stesso di utilizzare una graduatoria, anziché fare il concorso e la graduatoria dalla quale attingere (non può certo pensare di riscrivere le graduatorie ibridandole fra loro). Tanto premesso, a me pare che la soluzione prospettata sia comunque conservativa e forse non coglie nel segno, perché parte da una premessa errata. Infatti, a me pare che così si continui a ragionare a partire da schemi vecchi che non colgono quello che di nuovo prova a dire la disposizione. Si continua a parlare di idonei assimilandoli ai non vincitori di concorso, mentre qui invece gli idonei di cui parla la norma sono proprio “nativi idonei”, ossia soggetti che partecipano ad una selezione, non ad un concorso, solo per “abilitarsi”, non per “vincere”. Qui cambia proprio la prospettiva. Le selezioni di cui qui si parla sono delle porte girevoli, sliding doors, che danno un accesso potenziale alla pubblica amministrazione.Ma siamo sicuri che è così? Qualcuno dice, in queste ore, non può essere così, perché se così fosse, tramite non meglio precisate selezioni si aprirebbe indirettamente la porta principale dell’accesso alla pubblica amministrazione e questo sarebbe incompatibile con il principio costituzionale, articolo 97, secondo cui “Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”, quindi concludono che gli idonei di cui si parla sono gli idonei di altri concorsi il cui scopo era quello di reclutare i vincitori, quindi soggetti che dalle forche caudine di un concorso vero sono già passati.Uno sguardo al dossier della Camera sul testo di legge andato in conversione invece, anche se in maniera non cristallina, ci dice tra le righe che è proprio così e che qui si introduce un principio totalmente nuovo.Infatti, qui si possono chiaramente leggere alcune critiche, anche non particolarmente morbide, al testo di legge che tradiscono comunque il vero intento del legislatore. Infatti, si dice che l’impianto creato dall’istituto è in parte sovrapponibile, come ratio, a quello del portale recante l’elenco degli esperti che sarà gestito dalla Funzione Pubblica, con l’unica non lieve differenza che qui si parla dell’ingresso nei ruoli della pubblica amministrazione.Ma il punto che più desta preoccupazione è, a pagina 93 del medesimo dossier, nella parte in cui si dice che: “Il combinato disposto dei commi 2, 6 e 9 conferisce ampia discrezionalità agli enti locali interessati in ordine alla modalità di svolgimento delle selezioni, inclusa la verifica delle competenze che devono essere possedute dai candidati. Parrebbe pertanto che dette selezioni non possano essere assimilate a procedure concorsualiTale circostanza andrebbe valutata alla luce dell’articolo 97, quarto comma della Costituzione, ai sensi del quale “[a]gli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. 

Dunque, si torna alla domanda di partenza: come saranno individuati i soggetti idonei? Qui la discrezionalità è massima, perché si tratta di procedure non regolamentate e di fronte alle quali le pubbliche amministrazioni possono determinarsi come meglio credono. Dobbiamo aspettarci selezioni per soli titoli? Per solo colloquio e titoli? A quali forme di pubblicità sono soggette le selezioni? Cosa succederà se gli enti, qualora come previsto e possibile, gli enti scelgano di delegare l’organizzazione e la tenuta degli albi a soggetti privati?

Si tenga conto, per capire quanto la porta di accesso mediante una mera selezione non regolata possa essere rischiosa, che c’è un rischio di uno scenario possibile e non disciplinato, ossia che ad un interpello, per esempio, si presenti un solo soggetto e che pertanto questo essendo già, per definizione, idoneo debba essere assunto senza neppure lo svolgimento della prova, perché la prova ha l’unico scopo di mettere in competizione soggetti la cui idoneità è stata valutata mediante una semplice selezione. Un po’ come avviene già per le mobilità volontarie, in cui l’esito della valutazione non potrebbe portare ad un giudizio di non idoneità del candidato.Immaginiamoci a questo punto gli scenari possibili. Gli enti dovranno aggregarsi per stabilire regole di redazione di questi elenchi. Ci saranno casi in cui l’aggregazione avviene con un livello di frammentazione territoriale che rende complesso seguire le vicende successive alla formazione di tutti questi elenchi, oltretutto questo con enorme svantaggio per i concorrenti che non hanno un radicamento territoriale nel luogo in cui si svolge il concorso. Il rischio di vedere selezioni sartoriali, senza le garanzie date da alcuni formalismi tipici dei concorsi pubblici, sarà elevatissimo. Con un rischio di contenzioso elevatissimo ed il rischio altrettanto elevato che da uno di questi giudizi si muova un incidente di costituzionalità che potrebbe rimettere tutto in discussione. Chi vivrà vedrà, intanto pensiamo alle vacanze.

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