23/04/2020 – Dpcm assunzioni negli enti locali: momento peggiore per adottarlo non poteva esservi

Dpcm assunzioni negli enti locali: momento peggiore per adottarlo non poteva esservi
 
Oggi, 22 aprile 2020, dovrebbe essere pubblicato il Dpcm attuativo dell’articolo 33, comma 2, del d.l. 34/2020.

La norma giunge con quasi un anno di ritardo, nel momento peggiore che si potesse immaginare.

E’ incredibile l’intempestività e l’inopportunità con le quali da Roma si riesca a regolamentare l’ordinamento.

Per tutto il 2019, l’attuazione dell’articolo 33, comma 2, citato è stato un balletto continuo, che ha generato incertezze continue sulle capacità assunzionali.

A dicembre 2019 il testo era pronto, ma gli enti locali, per voce dell’Anci, hanno continuato a recalcitrare, per una serie di motivi, alcuni commendevoli, altri meno.

In particolare, inaccettabile era la ragione rappresentata da molti enti: i criteri previsti dalla norma, invece di incrementare per alcuni le assunzioni, le riduce.

Non si è capito che l’incremento complessivo previsto, di circa 40.000 nuovi ingressi, non è spalmabile in modo eguale per tutti gli enti, ma solo per quelli virtuosi. Non a caso vi sono ben tre fasce di virtuosità e solo gli enti con rapporto spesa di personale/media triennale delle entrate di parte corrente al netto fondo crediti di dubbia esigibilità potranno avere maggiori spazi assunzionali, per la semplice ed ineccepibile ragione che le loro entrate rendono sostenibile nel lungo periodo una maggiore spesa di personale.

Già, le entrate. Lo schema funzionale del Dpcm sarebbe ineccepibile sul piano economico e contabile, se non fosse che, passato così lungo tempo per adottarlo, è scoppiata la pandemia Covid.

Chiunque si è accorto che nel 2020, ma probabilmente questo accadrà anche nel 2021, le entrate delle amministrazioni pubbliche, per prime quelle degli enti locali, andranno a picco.

Il blocco economico derivante dal lockdown determinerà cali vistosissimi di addizionale Irpef, Imu, Tari, Tasi, tariffe per servizi, entrate patrimoniali e, in ogni caso, ritardi molto forti negli incassi.

Sarebbe dovuto risultare evidente che il meccanismo del rapporto spesa di personale/entrate, funzionante in tempi normali, per effetto della pandemia invece salta totalmente in aria.

I comuni, infatti, saranno totalmente privati della possibilità di fare leva, per migliorare il rapporto, sulla parte delle entrate. Anzi, sicuramente per tutti i comuni il rapporto di virtuosità non potrà che peggiorare, visto che le entrate 2020 e 2021 saranno in inevitabile calo.

Ma come è possibile, allora, che un Dpcm caratterizzato da un incredibile ritardo, venga, allora, riesumato proprio adesso, che risulta superato dai fatti e che necessita un’immediata rivisitazione? I dati della media delle entrate dei trienni che comprenderanno gli anni 2020-2021 saranno compromessi irrimediabilmente. Tutte le fasce e i livelli di virtuosità immaginati nel 2019 non serviranno a nulla, se non a bloccare le assunzioni, invece di consentirle.

Una saggia gestione dei problemi finanziari connessi alla pandemia avrebbe dovuto consigliare di sospendere il Dpcm già adottato per le regioni e di non  partorire quello, in gravissimo ritardo, per gli enti locali.

Invece, a dimostrazione che i pezzi del Governo non si parlano tra loro e non si è capaci di una gestione amministrativa coordinata ed omogenea, si approva il Dpcm nel modo più sbagliato e nel momento più sbagliato possibili. Incredibile.

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