21/11/2018 – Revoca della gara e responsabilità precontrattuale: quando scatta?

Revoca della gara e responsabilità precontrattuale: quando scatta?

Tar Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 19 novembre 2018, n. 304

Scritto da Elvis Cavalleri 20 novembre 2018

Revoca della gara e responsabilità precontrattuale: quando scatta?
Nel caso di specie, essendo il procedimento cristallizzatosi nella fase di proposta di aggiudicazione, e quindi prima dell’aggiudicazione, non spetta al ricorrente l’indennizzo ex art. 21 quinquies della L. n. 2412/1990 poiché, come già evidenziato in giurisprudenza, “nelle gare pubbliche, nel caso di mancata conferma dell’aggiudicazione provvisoria, non spetta all’interessato l’indennizzo, di cui all’art. 21-quinquies L. n. 241/1990, che riguarda solo ai danni provocati dalla revoca di provvedimenti ad efficacia durevole, tra i quali non rientra l’aggiudicazione provvisoria (Consiglio di Stato, sez. III, 4 settembre 2013, n. 4433, cfr. anche Tar Napoli, sez. VIII, 11 aprile 2013, n. 1916)” (TAR Campania, Napoli, Sez. III, 2 marzo 2018, n. 1350).
Tuttavia il Collegio ha scrutinato, ritenendola fondata, la domanda di parte ricorrente proposta in via subordinata tesa all’accertamento della responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione valutabile in relazione alla concreta condotta assunta nella vicenda oggetto del presente giudizio che la ricorrente deduce essere contraria ai doveri di correttezza e buona fede che dovrebbero presiedere all’esercizio della funziona amministrativa.
Ferma restando l’insindacabilità delle valutazioni espresse da ultimo dall’Amministrazione conformandosi agli input della Soprintendenza, non può non rilevarsi la negligente condotta dell’Università in ragione dell’inescusabile ritardo con il quale acquisiva la posizione della Sovrintendenza, a gara ormai ultimata da mesi.
Il Bando di gara, al punto 20 (pag. 3) specificava che la competizione avveniva sulla base di un progetto “validato dal Dirigente del Servizio per lo Sviluppo del Patrimonio immobiliare comunale”: documento in relazione al quale si sviluppavano le offerte dei concorrenti.
La gara, inoltre, veniva bandita successivamente all’acquisizione del nulla osta all’esecuzione dei lavori della Soprintendenza intervenuto, come anticipato, in data 5 febbraio 2016.
Sulla base della descritta situazione di fatto le concorrenti addivenivano alla determinazione di partecipare alla gara approntando le rispettive offerte ed accettando l’ineludibile alea che connota ogni competizione concorsuale in ordine al conseguimento dell’aggiudicazione definitiva dei lavori.
Ne caso di specie, tuttavia, il mancato conseguimento da parte di alcuno dei partecipanti alla gara del bene della vita in vista del quale la ricorrente, per quanto qui interessa, si determinava a partecipare alla gara, si determinava a causa della mancata tempestiva sottoposizione all’esame della Soprintendenza del progetto esecutivo che, come evidenziato, veniva trasmesso solo con nota del 7 marzo 2018 a procedura valutativa ormai conclusa da circa 3 mesi (12 dicembre 2017).
Ricostruita nei suesposti termini la condotta dell’Amministrazione, deve rilevarsi che la giurisprudenza ha di recente affermato il principio della riconoscibilità del risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. a seguito di esercizio del potere di autotutela legittima da parte della Stazione appaltante anche se intervenuto precedentemente all’individuazione del contraente mediante adozione del provvedimento di definitiva aggiudicazione prescindendo dal momento in cui si manifesta la condotta in contrasto con il principio di correttezza atteso che “l’attuale portata del dovere di correttezza è oggi tale da prescindere dall’esistenza di una formale “trattativa” e, a maggior ragione, dall’ulteriore requisito che tale trattativa abbia raggiunto un livello così avanzato da generare una fondata aspettativa in ordine alla conclusione del contratto” (Cons. St., Ad. Plen., 4 maggio 2018, n. 5).
Nell’occasione veniva, altresì rilevato che “la giurisprudenza, sia civile che amministrativa, ha, infatti, in più occasioni affermato che anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare non soltanto le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), ma anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza (cfr., fra le altre, Cons. Stato, sez. VI, 6 febbraio 2013, n. 633; Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 2015, n. 1142; Cons. Stato, ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6; Cass. civ., sez. un. 12 maggio 2008, n. 11656; Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2015, n. 9636; Cass. civ., sez. I, 3 luglio 2014, n. 15250)”.
Circa i presupposti della fattispecie risarcitoria a titolo di responsabilità contrattuale, l’Adunanza Plenaria li individuava in un affidamento incolpevole leso “da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà”; nell’imputabilità di detta violazione all’Amministrazione e, infine, nella prova del danno.
A tal proposito si rileva che ai sensi dell’art. 23, comma 1, del Codice “la progettazione in materia di lavori pubblici si articola, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo ed è intesa ad assicurare: … g) la compatibilità con le preesistenze archeologiche”.
Il successivo comma 8 prevede che “il progetto esecutivo, redatto in conformità al progetto definitivo, determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare, il relativo costo previsto, il cronoprogramma coerente con quello del progetto definitivo, e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale che ogni elemento sia identificato in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo”.
Ai sensi del successivo art. 26 “la stazione appaltante, nei contratti relativi ai lavori, verifica la rispondenza degli elaborati progettuali ai documenti di cui all’articolo 23, nonché la loro conformità alla normativa vigente” (comma 1) prevedendo che detta verifica abbia “luogo prima dell’inizio delle procedure di affidamento” (comma 2).
La medesima norma dispone, altresì, che “al fine di accertare l’unità progettuale, i soggetti di cui al comma 6, prima dell’approvazione e in contraddittorio con il progettista, verificano la conformità del progetto esecutivo o definitivo rispettivamente, al progetto definitivo o al progetto di fattibilità” (comma 3) accertando in particolare “a) la completezza della progettazione” e “c) l’appaltabilita’ della soluzione progettuale prescelta” (comma 4).
Il richiamato contesto normativo evidenzia come in materia di gare pubbliche gravi sulle Stazioni appaltanti un onere di diligenza circa lo scrupoloso ed esaustivo assolvimento di tutti gli adempimenti propedeutici all’indizione delle stesse, strumentale all’attuazione dei principi di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa.
Nel caso di specie è incontestabile che l’Amministrazione abbia bandito la gara in assenza di una compiuta e preventiva istruttoria circa la fattibilità del progetto ponendo a base di gara un progetto non ancora esecutivo e non vagliato dalla Soprintendenza che su detto documento veniva chiamata a pronunciarsi dopo circa tre mesi dalla conclusione della gara.
Sussiste, quindi, tanto il presupposto della colpa dell’Amministrazione concretizzatasi in un negligente esperimento degli adempimenti istruttori propedeutici all’indizione della gara, quanto, di conseguenza, l’imputabilità di detta condotta alla stessa.
In punto di quantificazione del danno, che l’Adunanza Plenaria ha affermato dover coprire “il danno subito, normalmente correlato al c.d. interesse negativo”, deve ora affrontarsi il profilo della prova dello stesso, integrante un onere posto a carico del danneggiato, tanto con riferimento al “danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale)” quanto del “danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità rispetto alla condotta scorretta che si imputa all’amministrazione”)” (Ad. Plen., cit.).
La ricorrente, in sede di ricorso, allegava a titolo di danno emergente le spese sostenute per partecipare alla gara liquidate, come già rilevato, in € 20.084,70 (documentate sub doc. 12 di parte ricorrente).
A titolo di lucro cessante, dovuto alla perdita di ulteriori occasioni contrattuali asseritamene vanificate “a causa dell’impegno derivante dall’aggiudicazione non sfociata nella stipulazione”, indicate nelle “ulteriori commesse pubbliche e private sacrificate per aver allertato le proprie risorse organizzative in vista della prossima attivazione del rapporto contrattuale” (pag. 18 del ricorso), elenca una pluralità di gare bandite nel periodo di interesse (intercorrente fra la conclusione delle operazioni della gara oggetto del presente giudizio e la successiva revoca).
Con specifico riferimento a tale ultima posta di danno, deve richiamarsi quanto già esposto circa l’inesistenza di una posizione tutelata in capo alla ricorrente sino alla approvazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva che, come illustrato, inibisce il sorgere di una legittima aspettativa alla conclusione del contratto.
Ne deriva che la scelta di non partecipare alle suindicate gare è imputabile alla volontà della stessa ricorrente che, sulla base di proprie valutazioni di opportunità, decideva di non partecipare in vista di una sottoscrizione contrattuale a quel momento del tutto eventuale.
Quanto al danno emergente, la prova dello stesso può considerarsi raggiunta sulla base della sola partecipazione alla gara successivamente revocata in spregio ai principi di buona fede e correttezza.
Circa la relativa quantificazione, in assenza di un’analitica contestazione delle singole voci di spesa da parte dell’Amministrazione, si ritiene che il danno possa essere liquidato nell’importo dalla stessa ricorrente allegato e documentato, pari a € 20.084,70.
Per quanto precede il ricorso deve essere respinto quanto alla domanda di annullamento del provvedimento di revoca impugnato e accolto in parte in relazione alla domanda risarcitoria ma limitatamente al solo danno emergente rappresentato dalle illustrate spese di partecipazione”.

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