20/05/2021 – Il criterio dei concorrenti territoriali: il Tar Calabria è favorevole.

Sommario: 1. Il Tar Calabria. – 2. Il principio di territorialità. – 3. Le priorità.  – 4. Per una normativa specifica. – 5. La regolamentazione locale.

Il Tar Calabria

Il Tar Calabria – Catanzaro, Sez. I, con la recente sentenza 5 marzo 2021 n. 472, afferma che in linea generale, sono da censurare le clausole di gara che risultino limitative della concorrenza, senza alcuna novità, atteso che esse introducono discriminazioni verso determinati operatori economici o comunque, all’opposto, condizioni di favore verso altri, a seconda se tali operatori economici abbiano o non abbiano già eseguito in passato appalti analoghi a quelli messi in gara in un dato territorio di riferimento.

Diversamente, il Tar aggiunge che analoghi principi sono applicabili con riguardo ai criteri di valutazione delle offerte, i quali abbiano accordato mera preferenza all’elemento del “radicamento territoriale”, prevedendo un punteggio premiale in relazione ad esso.

Risulta importante, per il giudice amministrativo, che la possibilità di applicare in maniera “attenuata” il divieto generale, di derivazione comunitaria, di commistione tra le caratteristiche oggettive dell’offerta e i requisiti soggettivi della impresa concorrente, è da ritenere ammessa soltanto in due determinate condizioni.

La prima è che gli specifici requisiti dell’attività dell’impresa possano effettivamente “illuminare” la qualità della offerta[1], e la seconda è che lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell’aggiudicazione, per attività analoghe a quella oggetto dell’appalto, non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo[2].

Pertanto, ad avviso del Tar Calabria, è legittima la clausola di un disciplinare di gara[3] la quale prevede, nell’ambito dei “Criteri di valutazione dell’offerta tecnica”, un punteggio, pari a un massimo di 10 punti, in considerazione del complessivo di 100 punti attribuibili all’offerta tecnica, agli operatori economici aventi un radicamento territoriale nella Provincia per aver svolto già in passato il servizio oggetto di appalto all’interno del territorio provinciale.

Infatti, non è irragionevole attribuire un determinato punteggio, in sede di gara d’appalto, peraltro non determinante, ad operatori che hanno già svolto attività sociali nella Regione o nella Provincia, con ciò maturando una significativa esperienza delle necessità locali, ovvero che hanno una loro sede nell’ambito della Regione, il che esprime un apprezzabile radicamento nel territorio e semplifica i rapporti con la ditta che si aggiudica la commessa.

In tal senso, già da tempo, è stato rilevato dal T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 8 aprile 2011, n. 190, che un’applicazione meno rigida dell’incondizionata affermazione di tale divieto deve però essere mantenuta entro rigorosi limiti applicativi.

Nello specifico, il Tar Venezia afferma che, pur potendosi ritenere superata l’iniziale differenziazione tra appalti di servizi e appalti di lavori[4], va in linea di principio data continuità e riconfermato il fondamento del divieto di commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione e requisiti oggettivi di valutazione dell’offerta, con la specificazione che ne è tuttavia consentita un’applicazione attenuata, secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed adeguatezza, quando sia dimostrato, caso per caso, che per le qualificazioni possedute il concorrente offra garanzie di qualità nell’esecuzione del contratto apprezzabili in sede di valutazione tecnica delle offerte[5].

Ciò in quanto, l’ammissibilità di aspetti attinenti al profilo soggettivo è condizionata al fatto che detti elementi non vengano apprezzati, in astratto, come requisito meramente soggettivo dell’impresa partecipante, ma costituiscano un elemento di valutazione strettamente correlato all’oggetto dell’appalto e afferente all’offerta tecnica presentata, condizionando l’esecuzione del contratto, nei termini e secondo modalità specificamente apprezzate dalla stazione appaltante; e sempre che lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell’aggiudicazione, al requisito in parola non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo[6].

Il principio di territorialità

Dal principio della coesione discende il principio criterio della territorialità, nel senso che l’intento non è solo preservare l’esistente, ma è favorire uno sviluppo di tutti i territori in armonia con il resto del Paese. La coesione comporta criteri, norme, politiche che possano rimuovere le disuguaglianze di sviluppo, incrementare le opportunità di crescita e di inclusione sociale dei cittadini e promuovere la coesione economica fra i territori.

In fondo, c’è armonia in un Paese quando non c’è diseguaglianza, ma quando c’è coesione, nel senso di uguaglianza territoriale, uguaglianza delle opportunità, senza disparità fra i territori.

Il principio criterio della territorialità trova fondamento nella coesione, che trae fondamento e legittimazione dalla Costituzione (art. 119, co. 5 e art. 3, co. 2) e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (art. 174), che richiedono “interventi speciali” per promuovere uno “sviluppo armonico” (Trattato) e per “rimuovere gli squilibri economici e sociali” (Costituzione).

È sicuro che il Trattato europeo, sui cui si fonda la concorrenza, esplicita anche la necessità di uguaglianza in quella nozione importante che è la “coesione territoriale”, assieme alla tradizionale nozione “coesione economica e sociale”, all’art. 174 TFUE.

È fuori dubbio che, dal punto di vista dei principi costituzionali e fondativi dell’U.E., tra il livello normativo nazionale ed europeo, c’è armonia nell’intento di implementare un sistema che possa ridurre le distanze tra le diverse aree.

Pertanto, non è illegittima la previsione della clausola a favore della territorialità.

A questo punto, il criterio della territorialità è ragionevole e non viola, in modo non proporzionato, i principi di libera concorrenza e di massima partecipazione, di matrice anche eurounitaria, perché trova legittimazione anche il criterio ratione loci.

È evidente che le clausole, prevedibile nei bandi di gara, attuative del criterio di localizzazione territoriale, contenute nelle diverse disposizioni di legge e, di seguito, regolamentari che danno attuazione al principio, non possano incidere negativamente sulla par condicio della procedura, consentendo la partecipazione a qualsiasi concorrente che abbia i requisiti di ammissione ex lege.

 

In una procedura ad evidenza pubblica, secondo la prevalente giurisprudenza, il criterio della territorialità è illegittimo quando viene posto come requisito di partecipazione, violando così il principio di tassatività e tipicità delle cause di esclusione, il principio del favor partecipationis ed il principio della par condicio tra i concorrenti, e non quando venga posta come requisito di esecuzione del contratto.

Essendo inerente ai requisiti richiesti all’operatore, vige, trattandosi di un requisito speciale attinente alla capacità tecnico-professionale, il principio di tassatività e tipicità delle cause di esclusione[7].

Di conseguenza, la stazione appaltante, ex art. 83, d.lgs n. 50 del 2016, può prevedere altri ed ulteriori requisiti di natura speciale rispetto a quelli stabiliti dalla legge, non sussistendo un’effettiva lesione dei principi di par condicio e di massima partecipazione alle gare.

Il Consiglio di Stato, Sez. V, con la recente sentenza n. 605 del 2019, specifica l’illegittimità di una clausola di territorialità se essa impone ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara o della procedura concorsuale, e che comportino sostanzialmente l’impossibilità di accedere alla gara[8].

Pertanto, la clausola della territorialità non si deve trasformare in un criterio immediatamente escludente.

Il ragionamento è che le linee guida dell’Anac consentono la valutazione di profili di carattere soggettivo, qualora permettano di apprezzare meglio il contenuto e l’affidabilità dell’offerta e di valorizzare caratteristiche ritenute particolarmente meritevoli, richiamando le disposizioni di cui all’art. 95, co. 6, lett. e) e g), d.lgs. n. 50 del 2016 ed indicando altresì che il peso del punteggio maggiore in ragione della specificità, in sede di valutazione, deve essere proporzionale all’oggetto.

L’art. 95, co. 6, d.lgs. n. 50 del 2016, prescrive che i criteri di valutazione del miglior rapporto qualità/prezzo devono essere oggettivi e connessi all’oggetto dell’appalto, al fine di assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione e parità di trattamento.

In base al principio di separazione tra requisiti di partecipazione e criteri di aggiudicazione, declinazione del principio più ampio dell’apertura alla massima concorrenza, i criteri soggettivi possono costituire elementi di qualificazione dei concorrenti, ma non possono invece essere utilizzati per selezionare l’offerta, essendo allo scopo espressamente finalizzati i criteri di valutazione dell’offerta che devono essere oggettivi.

In linea generale, infatti, i requisiti soggettivi prescritti da una stazione appaltante per individuare i concorrenti ammessi alle gare mirano a stabilire una soglia minima di affidabilità del potenziale aggiudicatario. Una volta riconosciuta l’astratta idoneità dei concorrenti, questi sono posti in una situazione di assoluta parità ed il contratto deve essere affidato al soggetto che presenta l’offerta oggettivamente migliore, da valutare alla stregua di parametri oggettivi, attinenti al valore intrinseco dell’offerta presentata.

L’art. 95, co. 6, d.lgs. n. 50 del 2016, dispone in merito ai criteri di valutazione del miglior rapporto qualità/prezzo per cui devono essere oggettivi e connessi all’oggetto dell’appalto, mentre i criteri soggettivi possono costituire elementi di qualificazione dei concorrenti, ma non possono, invece, essere utilizzati per selezionare l’offerta perché non sono idonei ad evidenziarne le caratteristiche migliorative della qualità.

Il criterio della territorialità, pertanto, deve essere commisurato all’oggetto dell’appalto, anche se la lex specialis l’ha qualificato espressamente come un requisito di partecipazione, e non come d’esecuzione[9].

Pur rientrando tra i requisiti di partecipazione, risulta ictu oculi la violazione dei principi di favor partecipationis e par condicio qualora di fatto comporterebbe l’esclusione dell’impresa vittoriosa.

 

Diversamente, qualora il requisito fosse richiesto come requisito per la stipulazione del contratto ci troveremmo innanzi ad una richiesta legittimamente esigibile nei confronti dell’aggiudicatario definitivo, considerando che è in quel momento che si sarebbe realmente attualizzato l’interesse dell’amministrazione a che il contraente abbia a disposizione una struttura per assicurare la continuità del servizio[10].

L’Anac, fin dalla deliberazione n. 95, Adunanza del 7 novembre 2012, n. 2419/2012, precisa che la richiesta relativa alla territorialità va posta in essere solo quando esprima veramente ed in modo significativo elementi di eccellenza e, comunque, non può tradursi nell’ingiustificato privilegio accordato ad organizzazioni locali a discapito di altre che, pur non avendo sede legale nel territorio o non avendovi svolto servizi identici a quello oggetto di affidamento, possano aver effettuato servizi analoghi in realtà sociali vicine e simili, ovvero dichiarino l’impiego, nell’organizzazione e nell’espletamento del servizio, di operatori e dirigenti che possono vantare esperienze sul territorio.

Ancora, più di recente, il Tar Torino con la sentenza 16 luglio 2019 n. 811, afferma che la questione della legittimità della clausola della territorialità deve essere risolta, caso per caso, alla luce delle concrete caratteristiche della prestazione oggetto di gara.

In particolare, i requisiti di esecuzione della prestazione sono espressione dell’ampia discrezionalità di cui gode la stazione appaltante, rinveniente il proprio limite solamente nelle previsioni illogiche o sproporzionate in base all’art. 83, d.lgs. n. 50 del 2016.

La clausola di territorialità va considerata ragionevole, avuto riguardo alle specifiche caratteristiche del servizio da svolgere, pertanto non si tratta di una clausola inserita in violazione dei principi di libera concorrenza e di massima partecipazione, in quanto, comunque, deve consentire ai partecipanti di organizzarsi all’esito della vittoriosa partecipazione, senza obbligarli a sostenere anzitempo oneri[11].

In tal senso, interviene una norma rilevante, in materia di criteri di premialità per il rispetto di sostenibilità ambientale. Infatti, da ora in poi è possibile attribuire un maggiore punteggio alle offerte a minore impatto sull’ambiente e per beni e prodotti a chilometro zero o di filiera corta; più peso attribuito al rispetto dei profili ambientali. È quanto prevede la legge di conversione in legge del decreto-legge fiscale 2019, che ha introdotto, fra l’altro, la norma che stabilisce anche la possibilità di inserire nei bandi di gara “il maggior punteggio relativo all’offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente, ivi inclusi i beni o i prodotti da filiera corta o a chilometro zero”.

La disposizione enfatizza il rapporto territoriale tra appalti e imprese, valorizzando l’elemento territoriale delle aziende, di fatto privilegiando gli appalti a chilometro zero.

La modifica all’art. 95, d.lgs. n. 50 del 2016, pone l’accento sugli stessi elementi citati per l’art. 83 anche nella fase di valutazione delle offerte presentate dai concorrenti stabilendo la possibilità di prevedere nel bando di gara criteri premiali, oltre che “in relazione al maggior rating di legalità e di impresa” anche con riferimento gli elementi già oggetto della modifica all’articolo 83, “anche qualora l’offerente sia un soggetto diverso dalle società benefit”.

Tale principio si traduce nella possibilità, da parte delle stazioni appaltanti, di premiare, in sede di valutazione delle offerte presentate per una gara d’appalto, le imprese che abbiano sede nelle vicinanze del cantiere. Vengono, in estrema sintesi, privilegiate tutte quelle aziende di prossimità rispetto al luogo di esecuzione dell’appalto.

La misura, nello specifico, è disposta dall’art. 95, co. 13, d.lgs. n. 50 del 2016, così come modificato dal d.l. n. 124 del 2019, convertito nella legge n. 157 del 2019, il quale prevede che le amministrazioni aggiudicatrici possano indicare nel bando di gara alcuni “criteri premiali” che intendono applicare alla valutazione dell’offerta, in relazione, ad esempio, a beni, lavori, servizi che presentano un minore impatto sulla sicurezza e salute dei lavoratori e sull’ambiente, ivi inclusi “beni o prodotti da filiera corta o a chilometro zero”.

L’effetto è quello di un’evidente apertura del d.lgs. n. 50 del 2016 all’utilizzo del criterio del “Km 0”, potendo sostenere che il parametro della prossimità territoriale, criterio di declinazione della sostenibilità ambientale stimoli un reale e sereno confronto concorrenziale tra operatori economici.

Il principio criterio della territorialità diviene componente essenziale del sistema del public procurement, senza compromettere i principi di tutela della par condicio e della concorrenza.

Le priorità

In materia di tutela della concorrenza, è necessario contrastare l’instaurarsi di un mercato oligopolistico e di ridotta competitività, con pregiudizi non solo nei confronti delle micro, piccole e medie imprese, ma della stessa pubblica amministrazione, che non potrebbe più beneficiare dell’abbassamento dei costi dei servizi che un mercato concorrenziale e sano può determinare.

Nello specifico, gli istituti finalizzati alla massima partecipazione alle gare per l’affidamento di contratti pubblici, quali il raggruppamento temporaneo di imprese o l’avvalimento, possono rivelarsi utili, ma non sempre sono sufficienti allo scopo[12].

La Regione Friuli Venezia Giulia, da anni, premia gli operatori che dimostrano la migliore operatività sulla base dei luoghi ove intervenire, quindi nessuna chiusura assoluta ma solo premialità a chi dimostra di essere meglio organizzato degli altri[13].

La Regione Marche, con un atto estremamente coraggioso e innovativo, ha introdotto un concetto molto importante per il rilancio dell’economia locale, quello dell’idoneità operativa dell’impresa per l’accesso agli appalti pubblici[14].

In tale situazione di estrema urgenza e di straordinarietà, per esigenza di tenuta del prodotto interno lordo, e allo scopo di sostenere le numerosissime micro, piccole e medie imprese, che rappresentano l’ossatura del tessuto economico del nostro Paese, si rende necessario un intervento normativo in questa fase di emergenza per il COVID-19, e fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, e comunque fino alla fine del 2020.

Oltre alle esigenze di tenuta del PIL, va considerata la necessità nonché l’obbligatorietà prevista dai provvedimenti del Governo, di limitare il più possibili gli spostamenti, vietando quelli da Regione a Regione, con l’intento finale di circoscriverli il più possibile all’interno delle singole Province, per un maggior contenimento della diffusione e una maggior controllo dello stesso.

La suddetta disposizione deve consentire alle Pubbliche amministrazioni periferiche e a tutte gli Enti territoriali di procedere, in base alla legge, a bandire appalti pubblici per servizi, forniture e lavori dando priorità, fra i requisiti del bando, al principio nonché “Criterio della territorialità”, di cui all’art. 95, co. 13, d.lgs. n. 50/2016, nel rispetto dei principi che informano l’azione amministrativa, tra cui la trasparenza, l’efficacia e l’economicità, e garantendo il massimo livello di sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro.

In considerazione della necessità di limitare il più possibile gli spostamenti, e in virtù dei diversi divieti previsti dal Governo e dalle diverse Regioni, nonché dei limiti in fase di adozione da parte del Consiglio dei Ministri, si rende necessario declinare il principio “Criterio della territorialità”, nel senso di agevolare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese dell’ambito territoriale della stazione appaltante.

In tal senso, in Francia, il Governo ha identificato il Covid-19 come una causa di forza maggiore, proponendo alcune misure di sostegno immediato per le imprese[15].

 

Per una normativa specifica

In tema di clausole di territorialità, vanno considerate quelle ragionevoli e proporzionali che possano dare attuazione al principio della libera concorrenza e, al contempo, al principio della coesione territoriale, in senso economico e sociale.

Devono, comunque, essere garantiti i principi di par condicio e di massima partecipazione alle gare, rilevando altresì che la clausola deve contenere un requisito attinente alla capacità tecnico professionale.

In merito alla necessità di riservare gli appalti agli operatori economici per un chiaro e ovvio motivo preservare l’azione pubblica e rilanciare l’economia di territorio. In questo senso caso il principio di libera concorrenza del mercato trova bilanciamento nel principio della coesione, rectius l’eguaglianza territoriale, per poter allontanare la dilagante diseguaglianza, disparità sociale, economica e culturale.

L’intento principale della modifica del Codice degli appalti pubblici è quella di dare effettività al principio “Criterio della territorialità” e, in tal senso, di valorizzazione le micro, piccole e medie imprese.

L’esigenza sottesa a tali proposte normative è quella di confermare l’esistenza di trovare il giusto equilibrio tra la tutela della libertà di concorrenza, che comunque non va inteso come strumento di esclusione delle micro,, piccole e medie imprese, e del principio “Criterio della territorialità”, espressione del principio costituzionale e comunitario della coesione, che non certo intende pregiudicare qualcuno a favore di altri.

Certo è che il “Criterio della territorialità” negli appalti non va inteso come vincolo assoluto di chiusura del mercato a pochi soggetti, che sarebbe contro ogni logica di libero mercato e, se così posto, è sicuramente di impossibile attuazione. Come il principio di libera concorrenza, e come tutti gli altri principi, non è assoluto, e perciò va rapportato agli altri principi della stessa intensità e aventi stessa valenza, per effettuare l’applicazione congiunta e bilanciata degli stessi.

Tali considerazioni, tuttavia, valgono con riferimento non solo alla singola gara, vale a dire in un’ottica di brevissimo periodo. Infatti, in un’ottica temporale più ampia, occorre rilevare che solo dalla possibilità che le gare siano aggiudicate ad imprese diverse dai player di mercato può conseguire un ulteriore impulso all’apertura della concorrenza, atteso che solo in tal modo diviene possibile per le imprese di non grandi dimensioni acquisire le qualificazioni ed i requisiti necessari alla partecipazione ad un numero sempre più ampio di competizioni.

In altri termini, se l’aggiudicazione delle gare andasse costantemente alle stesse imprese di rilevanti dimensioni, il mercato non riuscirebbe mai ad aprirsi ad altri competitori in grado di contrastare gli attuali player e ciò potrebbe ridondare in un funzionamento del mercato tale da vulnerare anche l’interesse delle amministrazioni aggiudicatrici ad ottenere la migliore offerta tra quelle possibili.

Diversamente, una maggiore partecipazione delle micro,, piccole e medie imprese alle gare ed una maggiore possibilità di successo per le stesse consentirebbe alle amministrazioni aggiudicatrici di allargare il numero dei potenziali contraenti e di ridurre l’incidenza degli operatori maggiori, con conseguenze vantaggiose in tema di concorrenzialità se non nel breve, certamente nel medio e lungo periodo.

In tal senso, in tema di tutela delle micro, piccole e medie imprese, risulta importante, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, che le stazioni appaltanti sappiano suddividere gli appalti in lotti funzionali, ovvero in lotti prestazionali, per cui il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro, piccole e medie imprese, ex art. 51 del Codice degli Appalti.

Lo strumento individuato dal legislatore per realizzare l’obiettivo di facilitare la partecipazione agli appalti pubblici delle micro, piccole e medie imprese, quindi, in coerenza con quanto previsto dall’ordinamento sovranazionale, è la suddivisione degli appalti in lotti.

Nell’ambito della generale esigenza del rispetto dei principi della concorrenza, la necessità di tutelare le micro, piccole e medie imprese, per facilitarne la partecipazione alle gare, nonché per aumentarne le probabilità di aggiudicazione, quindi, non può ledere l’interesse a ricercare la migliore offerta sotto un profilo qualitativo e quantitativo, al fine di spendere nel modo migliore le risorse pubbliche, e non può altresì, nei vincoli di partecipazione, ledere il principio del favor partecipationis.

Sarà, dunque, necessario attendere gli sviluppi applicativi della norma più recente, e di quella in divenire, per poter determinare una vera e significativa declinazione del principio “Criterio della territorialità”.

Il postulato è che la struttura competitiva del mercato, attraverso la tutela delle micro, piccole e medie imprese, in un’ottica di medio e lungo periodo, tende a rafforzarsi, impedendo che il mercato rilevante sia dominato da poche grandi imprese.

 

La regolamentazione locale

L’art. 117, co. 6, Cost. attribuisce alla potestà regolamentare locale la disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite[16], configurando un ambito normativo locale, definito a livello costituzionale e dotato, pertanto, di specifica garanzia costituzionale, come espressione del principio di autonomia ex art. 114, co. 2, Cost.[17]

Allo statuto sono riservati i principi dell’organizzazione amministrativa, con i limiti della Costituzione e della competenza esclusiva statale. Al regolamento è riservata, nel rispetto dello statuto, la parte della disciplina che va oltre i principi. Pertanto, esiste una riserva di regolamento locale in materia di organizzazione degli enti locali, in forza del principio di competenza.

Riguardo alla collocazione dei regolamenti locali nel sistema delle fonti, questa deve necessariamente tener conto dell’attuale configurazione policentrica del sistema statale. Sistema nel quale si è scelto, in aderenza al principio di sussidiarietà, di privilegiare i livelli istituzionali più vicini ai cittadini. Ciò potrebbe condurre ad una cedevolezza della legge statale e regionale rispetto ai regolamenti locali, nelle materie di loro competenza, limitando l’intervento della legge ad una regolazione per principi e per linee generali.

Diversamente, per la disciplina dello svolgimento delle funzioni locali, sembra profilarsi un più esteso ambito di intervento della legge, statale e regionale, titolare della regolazione dell’esercizio delle funzioni amministrative, ex art. 118, co. 2, Cost.

Lo statuto ed i regolamenti non possono, comunque, derogare norme aventi forza di legge, poiché la riserva di competenza non vale ad attribuirli una forza pari a quella della legge.

Secondo la piega autonomistica, come ha spiegato la Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 274 del 2003, ritenere che la disciplina della potestà normativa degli Enti territoriali risieda solo nell’art. 117 Cost., significa considerare in modo parziale i precetti che la Costituzione stessa pone al legislatore ordinario, nella fissazione delle regole[18].

Gli Enti locali, nello specifico, hanno potere regolamentare per la disciplina delle funzioni loro attribuite, anche se si deve tenere conto del fatto che, nelle materie a competenza legislativa concorrente, esso è contestualmente, in linea di principio, incardinato in capo alle Regioni.

Diversamente, se si tratta di materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato, il potere regolamentare spetta allo Stato, salva un’eventuale delega a favore delle Regioni.

Pertanto, gli Enti territoriali hanno potere regolamentare proprio nelle materie di loro pertinenza.In particolare, in materia di affidamenti sotto soglia, ambito tanto importante per le micro, piccole e medie imprese, e di competenza anche dei piccoli e medi Comuni, intervengono le modifiche del d.l. c.d. “sblocca cantieri”, delle linee guida n. 4, aggiornate al d.lgs. n. 56 del 2017[19], e anche della modifica dell’art. 95, co. 13, d.lgs. n. 50 del 2016, che ampia la discrezionalità delle stazioni appaltanti a favore delle imprese di territorio.

Oltre alla necessaria semplificazione del Codice, là dove è palesemente incongruente e non funzionante, intervenendo su meccanismi amministrativi, fra le previsioni normative, che lo Stato adotta, rientra la normativa a sostegno giuridico della regolamentazione locale a favore della territorialità.

La regolamentazione locale a favore degli appalti “Km 0”, nel quadro di un sistema normativo ben definito, declina il principio criterio della territorialità, in considerazione anche dei principi costituzionali della sussidiarietà istituzionale e sociale, dell’adeguatezza e della differenziazione dei territori, a favore delle micro, piccole e medie imprese[20].

[1] Già in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 2770/08 e sez. V n. 837/09.

[2] In tale direzione, già Cons. Stato, sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5197.

[3] Nel caso di specie si tratta della gara per la gestione dei servizi di accoglienza integrata di stranieri.

[4] Tuttavia ancora confermata, incidentalmente, da Cons. Stato, V, 17 gennaio 2018, n. 279.

[5] Cons. Stato, III, 27 settembre 2016, n. 3970.

[6] Cons. Stato, Sez. V, 17 marzo 2020, n. 1916.

[7] Perché riferibile solo ai requisiti generali ex art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016.

[8] Come confermato dall’Adunanza Plenaria con la pronuncia n. 4/2018, su cui si rinvia a F. Gatta, Adunanza Plenaria: bando di gara e clausole non escludenti, in https://www.iusinitinere.it, 2018.

 [9] Ove la clausola fosse ascrivibile a quest’ultima categoria, la stessa non può determinare che nessun concorrente possa soddisfare quel requisito, in Tar Veneto, Venezia, Sez. I, n. 673/2018.

[10] Consiglio di Stato, Sez. V, n. 605/2019.

[11] Consiglio di Stato, V, 18 dicembre 2017, n. 5929, nel senso che siamo di fronte ad una possibile violazione dell’art. 95, co. 6, d.lgs. n. 50 del 2016, qualora gli elementi si configurano quali requisiti soggettivi di partecipazione degli offerenti, operando così un’illegittima commistione tra requisiti di partecipazione relativi alla capacità tecnico-professionale e criteri di valutazione dell’offerta.

[12] Su questo punto, si può notare il crescente scetticismo dei giudici e degli operatori del settore riguardo i requisiti soggettivi speciali previsti dai bandi e dai capitolati che impongono dei limiti di fatturato per l’accesso alle gare.

[13] Il Trentino Alto Adige, negli ultimi anni, volendo valorizzare la filiera corta degli appalti, ha reso praticamente impossibile partecipare alle procedure pubbliche per chi viene dall’esterno. Hanno creato una chiusura assoluta giustificata dalla ricaduta positiva sull’economica locale. L’Antitrust è intervenuta più volte per un atteggiamento anticoncorrenziale, anche se nulla è cambiato.

 

[14] La grande novità marchigiana è contenuta nel provvedimento con il quale viene costituito l’elenco fornitori regionale che contiene i criteri di gestione dello stesso, la d.g.r. n. 1511 del 2017.

 

[15] Il Governo francese sta implementando misure immediate per sostenere le imprese: termini di pagamento per pagamenti sociali e o fiscali; riduzioni fiscali dirette che possono essere decise nell’ambito di un esame individualizzato delle richieste; differimento di canoni di locazione, bollette di acqua, gas ed elettricità per le piccole imprese in difficoltà; aiuto di 1.500 euro per le piccole imprese, i lavoratori autonomi e le microimprese nei settori più colpiti; mobilitazione dello Stato per un importo di 300 miliardi di euro per garantire alle linee bancarie di cui le società potrebbero aver bisogno a causa dell’epidemia; sostegno da parte dello Stato e della Banque de France (mediazione creditizia) per negoziare con la sua banca una riprogrammazione dei crediti bancari; mantenimento dell’occupazione nelle imprese attraverso il sistema di disoccupazione parziale semplificato e rafforzato; supporto per il trattamento di un conflitto con clienti o fornitori da parte del Mediatore, e per gli appalti pubblici non saranno applicate penali tardive.

[16] Cfr., A. Corpaci, La potestà normativa degli enti locali (Commento all’articolo 4), in G. Falcon (a cura di), Stato, regioni ed enti locali nella legge 5 giugno 2003, n. 131, Bologna, 2003, 97 ss.; P. Caretti, Potestà regolamentare e riforma del titolo V della Costituzione, in C. Bottari (a cura di), La riforma del Titolo V, parte II della Costituzione, Ravenna, 2003, 171 ss.; A. Saitta, Regolamenti degli enti locali, in S. Cassese (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, VI, Milano, 2006, 5013 ss.

[17] Tali indicazioni erano già esistenti a livello di legislazione ordinaria: l. n. 142/1990, poi l. n. 59/1997, e, infine, d.lgs. n. 267/2000. A conferma della riserva di competenza normativa delle Autonomie locali, per quanto concerne la propria organizzazione amministrativa, si vedano: Corte cost., sentt. n. 4, 380 e 390 del 2004.

[18] Al punto che ci si chiede se si possa ritenere che gli Enti locali risultino oggi libere dai molteplici vincoli derivanti dal T.U., e, pertanto, in grado di dettare, nell’esercizio, soprattutto, della potestà statutaria, un proprio modello organizzativo ispirato a linee e regole autonomamente determinate: ad es., sopprimendo l’Ufficio di segretario, o prevedendo modalità di copertura di tale Ufficio diverse dalle attuali.

[19] Con delibera del Consiglio n. 206 del 1 marzo 2018, aggiornate con delibera del Consiglio n. 636 del 10 luglio 2019 al decreto legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito con legge 14 giugno n. 55, limitatamente ai punti 1.5, 2.2, 2.3 e 5.2.6.

[20] Non è da escludere la previsione, con un fondamento regolamentare, la previsione di alcune clausole da inserire in bando, in termini generali, come: il sopralluogo obbligatorio, operativo e senza delega a terzi, in relazione al suo contenuto; la dimostrazione di una adeguata ed effettiva conoscenza del contesto nel quale si deve operare, sia sotto il profilo operativo, come per esempio fornitori, subappaltatori, noleggiatori a caldo, sia ambientale che sociale; e l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, da sottoporre poi semmai a verifica di congruità.

SENTENZA 5 marzo 2021, n. 472

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