16/08/2017 – La sindaca di Codigoro e quella discrezionalità che ci rende sudditi

La sindaca di Codigoro e quella discrezionalità che ci rende sudditi

Pubblicato il 15 agosto 2017  in Contributi esterni/Italia

di Vitalba Azzollini

Egregio Titolare,

nel c.d. Belpaese ove viviamo in quanto nati dalla parte giusta del globo, la politica non si esime dal fare la propria (pessima) parte anche in occasione di eventi umanamente molto coinvolgenti. Mi riferisco al tema dei migranti che, nelle sue diverse implicazioni, è da settimane alla ribalta sui giornali e nei dibattiti televisivi. Non intendo affrontarlo nel merito, bensì svolgere qualche considerazione a margine di una vicenda ad esso connessa, che ha visto l’ennesimo esempio di utilizzo di pubblici poteri distorti alla bisogna da parte del politico di turno. I migranti non c’entrano, lo premetto a chi suole indignarsi facilmente, poiché poco incline a comprendere il senso di ciò che legge. C’entrano, invece, le modalità con l’autorità spesso viene usata per rendere sudditi coloro verso i quali è rivolta. È un classico italiano, tra le maggiori cause del declino del Paese.

Nei giorni scorsi, la sindaca Alice Zanardi, Comune di Codigoro, ha pubblicato sulla pagina Facebook del Comune stesso un post contenente un comunicato in cui preannunciava alcune misure – tasse più alte, controlli fiscali della Guardia di Finanza e verifiche sulle condizioni degli alloggi – nei riguardi di chi ospitasse migranti. Nel commentare la questione, Matteo Renzi ha dichiarato che la sindaca “ha sbagliato”, senza proferire altro verbo ma rimandando a quanto detto dal segretario Pd per l’Emilia Romagna, il quale a propria volta non si era espresso molto più esaustivamente. Sarebbe stato utile un chiarimento da parte dell’ex primo ministro, volto a spiegare con motivazioni trasparenti in che cosa lo sbaglio concretamente consistesse. Invece, il segretario del partito di cui la stessa sindaca fa parte si è limitato al laconico commento sopra riportato.

Chissà se Renzi reputava che Zanardi avesse sbagliato sotto il profilo sostanziale, e quindi che l’accoglienza andasse comunque data; ovvero sotto quello meramente formale, fermi restando i dubbi sull’ospitalità ai profughi nuovi arrivati (“aiutiamoli a casa loro” è il nuovo slogan renziano, lo si rammenta). Soprattutto, chissà se l’ex premier ha considerato il profilo più importante della vicenda, vale a dire il “metodo” con cui la prima cittadina del paese stava esercitando i poteri di cui è titolare in forza della carica rivestita: in tal caso, avrebbe fatto bene a stigmatizzarlo. Al di là di forma e sostanza, questa terza dimensione dell’agire politico – il “metodo” – è essenziale al fine di valutare l’accountability dei soggetti cui sono affidate le sorti del paese (inteso come Stato o Comune, è uguale) e la bontà (non il buonismo: dato il tema, meglio chiarirlo) del loro agire: perché il potere, pur esercitato formalmente e sostanzialmente in conformità a quanto previsto dalla legge, può essere comunque mal utilizzato. Anche lasciando da parte l’annuncio di maggiori tasse a chi accolga gli immigrati – che la sindaca stessa ha derubricato a “provocazione”, essendo evidente l’assenza di una qualunque ragione giuridicamente atta a “diversificare la tassazione”– l’episodio di Codigoro è comunque emblema del “metodo” mediante cui il potere pubblico tende sempre più spesso a essere snaturato. Provo a spiegarne i motivi in relazione alla vicenda in discorso.

Una premessa: i poteri assegnati a un’autorità in ragione della funzione che svolge sono finalizzati a perseguire scopi precisi legati alla funzione stessa, nel rispetto dei confini tracciati dal legislatore. Tali confini costituiscono il perimetro entro cui può dispiegarsi la discrezionalità spettante a ogni amministratore pubblico. Il sindaco è anche autorità sanitaria e di pubblica sicurezza, dunque ha pieno titolo a effettuare controlli sul rispetto di regole urbanistiche e sanitarie, intervenendo in caso di violazione delle stesse: pertanto, nulla quaestio circa il fatto che la prima cittadina di Codigoro potesse legittimamente usare i poteri annunciati nel comunicato.

Per capire da dove inizi la distorsione di quei poteri occorre partire dal post su Facebook che ella ha pubblicato: perché tanta platealità per annunciarne l’utilizzo? Un sindaco non suole avvalersi certi mezzi per pubblicizzare atti che rientrano nella normale gestione cittadina, esercitando normalmente poteri che le sono propri. Ma alla prima cittadina serviva evidentemente dare visibilità al proprio gesto in materia di migranti, al fine di accaparrarsi consensi, sempre utili a scopi elettorali, cogliendo il vento che spira nel paese (anche stavolta, inteso come Stato o Comune, è uguale). Non a caso, la sindaca ha dichiarato di essere giunta alla determinazione delle misure indicate nel comunicato diffuso via social network a fronte del malumore della comunità locale per i nuovi arrivi.

Facciamo un passo ulteriore, valutando quest’ultima affermazione di Zanardi. Non vi è nulla di male – anzi è cosa buona e giusta – che un amministratore locale soppesi comparativamente gli interessi dei migranti e quelli della collettività amministrata e poi arrivi, in base a solide motivazioni, a reputare più rilevanti gli interessi degli uni rispetto a quelli degli altri o a cercare un contemperamento o altro. Ma, una volta operata la scelta, il mezzo per conseguirla non può essere la “minaccia” di usare i propri poteri a scopo disincentivante e/o punitivo (in sintesi, intimidatorio: si può dire?). Questo “metodo” rischia di trasformare la citata discrezionalità amministrativa, di cui la sindaca gode, in discriminazione: non razziale, ma fiscale e amministrativa. Un’autorità strumentalizzata mediante il “metodo” suddetto fa apparire coloro i quali la esercitano non come “soggetti che prestano un servizio ai singoli utenti”, ma come “titolari di un potere (…) quasi assoluto”. In altri termini, il “metodo” adottato per scoraggiare l’ospitalità ai profughi – comunque la si pensi nel merito, cioè circa l’opportunità o meno che venga fornita – rende tutti i cittadini (non solo quelli di Codigoro, cioè nessuno escluso) un po’ più “sudditi” di quanto già non siano. Questa è l’essenza della vicenda.

Nell’esercizio della propria funzione, la sindaca di Codigoro potrà, come altri, dettare regole burocratiche – sport nazionale di chiunque abbia poteri impositivi nel paese (stavolta ometto di precisare che il riferimento è a entrambe le accezioni sopra indicate) – tese a disincentivare la pratica dell’accoglienza. O ricorrere a disposizioni come quella che vietava la somministrazione di cibo ai migranti o a sanzioni esemplari come quelle annunciate dai sindaci leghisti nei riguardi di chi non comunichi di affittare i propri immobili a soggetti intenzionati a ospitare profughi (misura giuridicamente alquanto dubbia). O forse agire sulla falsariga di una delle molte altre ordinanze che negli anni, sui temi più diversi, sono state partorite dalla fervida fantasia di primi cittadini: come suggerito nell’e-book (Istituto Bruno Leoni) che ne raccoglie molte, “il sospetto è che la motivazione di un generico ‘ordine pubblico’ da garantire sia in realtà solo un pretesto per assecondare e compiacere umori e desideri dell’elettorato”. E qui si chiude il cerchio, tornando al punto di partenza: la ricerca del consenso, che forse fa guadagnare voti, ma che può al contempo svilire ogni canone di buona amministrazione.

Qualunque opinione si abbia circa la questione migranti – ribadisco – essa non può rappresentare un alibi per avallare un uso distorto dell’autorità. Il fatto che tale distorsione non sembri essere stata colta da molti di coloro che hanno commentato la vicenda di Codigoro – presi dall’emozionalità e dall’enfasi del favore o disfavore verso i migranti – lascia molto perplessi: significa che allo snaturamento dei pubblici poteri ci si è quasi assuefatti. Pessimo segnale circa la direzione in cui sta andando il…paese. E i migranti non c’entrano niente.

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